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Cuore: svelato il mistero dei micro muscoli al suo interno
07 Set 2020 Scritto da Politecnico di Milano
Su Nature uno studio sulla funzione delle “trabecole”.
Uno studio appena pubblicato su Nature getta nuova luce sulla funzione delle trabecole del cuore, finora rimasta poco chiara. Una loro anomala costituzione appare infatti collegata al rischio di sviluppo di malattie cardiovascolari.
Ma cosa sono e a cosa servono questi elementi anatomici?
Le trabecole rivestono l’interno delle camere ventricolari del cuore umano adulto con una complessa rete di sottili strutture muscolari cilindriche. Gli anatomisti (tra i quali Leonardo) descrissero le trabecole cardiache sin dal XV secolo e ne ipotizzarono diverse funzioni, ma senza mai dimostrare la ragione della loro presenza o la loro funzione esatta. È noto che la formazione delle trabecole risale alle fasi dello sviluppo embriologico del cuore e si ritiene sia essenziale per la crescita del cuore fetale. Via via che il cuore matura la presenza delle trabecole diminuisce, senza scomparire del tutto. Esse infatti costituiscono una percentuale non trascurabile (12-17%) della massa cardiaca del cuore umano adulto. Perché?
Diabete dell’adulto: linee guida per riconoscerlo e affrontarlo
07 Set 2020 Scritto da Università di Roma La Sapienza
Un panel internazionale di esperti di diabete e metabolismo da tutto il mondo, fra cui Raffaella Buzzetti del Dipartimento di Medicina sperimentale della Sapienza Università di Roma, ha provveduto alla stesura di un “consensus” sulla terapia del LADA pubblicato sulla rivista Diabetes dell’American Diabetes Association.
Il 10-15% circa di soggetti con diagnosi di diabete mellito tipo 2 è affetto in realtà da una forma di diabete a lenta evoluzione, definito LADA, acronimo dall’inglese di Latent Autoimmune Diabetes in Adults.
Tale tipo di diabete insorge dopo i 30 anni ma riconosce una patogenesi simile al diabete tipo 1 (a insorgenza giovanile), ovvero determinata dalla distruzione delle cellule pancreatiche che producono insulina da parte del proprio sistema immunitario, e per diagnosticarlo è necessario riscontrare la presenza degli autoanticorpi “colpevoli”.
Il LADA però ha una evoluzione più lenta rispetto al diabete tipo 1, tanto che i pazienti vengono indirizzati verso una terapia a base di insulina anche dopo anni dalla diagnosi.
Dall’Intelligenza Artificiale un aiuto alla comprensione dello sviluppo dell’Alzheimer
07 Set 2020 Scritto da Istituto di scienze e tecnologie della cognizione (Cnr-Istc), Università Campus Bio-Medico di Roma, Irccs Istituto Neurologico Mediterraneo Neuromed di Pozzilli (Is)
Una ricerca condotta dall’Istituto di scienze e tecnologie della cognizione (Cnr-Istc), dall’Università Campus Bio-Medico di Roma e dall’Irccs Istituto Neurologico Mediterraneo Neuromed, utilizzando un modello d’Intelligenza Artificiale capace di simulare alcune funzioni del cervello umano, ha chiarito i meccanismi alla base dello sviluppo iniziale di questa forma di demenza. Lo studio è pubblicato su Journal of Alzheimer’s Disease
Un gruppo di ricercatori dell’Istituto di scienze e tecnologie della cognizione del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Istc), dell’Università Campus Bio-Medico di Roma e dell’Irccs Istituto Neurologico Mediterraneo Neuromed è riuscito a chiarire, grazie all’impiego di un modello d’Intelligenza Artificiale in grado di simulare alcune funzioni del cervello umano, i meccanismi alla base dello sviluppo iniziale della malattia di Alzheimer, la più comune causa di demenza. Alcuni studi, condotti presso l’Università Campus Bio-Medico di Roma, l’Irccs Fondazione S. Lucia di Roma e l’Università di Sheffield (UK), avevano recentemente mostrato come il malfunzionamento di una piccola area situata in profondità nel cervello, l’area tegmentale ventrale (VTA), potesse essere uno dei primissimi eventi associati alla malattia di Alzheimer.
Un cervellone per svelare i segreti del COVID-19
04 Set 2020 Scritto da Ospedale Niguarda ComunicatoIl Coronavirus passato ai raggi X grazie ad un progetto che permetterà di analizzare, con un database ad hoc, tutti i casi trattati presso l’ospedale (oltre 1.000 dal 20 febbraio al 2 giugno): se ne occuperà il “COVID 19 Niguarda Working Group”, gruppo di lavoro costituito per la gestione e il coordinamento di specifiche progettualità legate alla pandemia.
L'obiettivo
Il progetto, nato con l’approvazione del Comitato Etico Milano Area 3, servirà a garantire le migliori cure adesso e nel caso di una recrudescenza del virus, ma anche ad approfondire i numerosi interrogativi posti dalla nuova pandemia.
Nell’ambito di questo studio originale, promosso dal Dipartimento di Medicina Polispecialistica di Niguarda, si sta facendo un lavoro di strutturazione e analisi di dati complessi di carattere clinico, di laboratorio, di diagnostica per immagini e relativi alle terapie come osservato e raccolto durante la cura questi pazienti.
Lo scopo è fare ricerca e chiarezza su numerosi punti aperti relativi alla malattia da COVID, quali in primis lo studio delle possibili associazioni tra le caratteristiche del paziente come ad esempio l’età, il genere e le comorbidità con la letalità della malattia.
Sarà, quindi, possibile esplorare il ruolo potenziale di altri fattori prognostici non ancora conosciuti e che potrebbero essere utili nella gestione futura della malattia, quale l’ipotesi in corso di studio di un effetto a lungo termine sul sistema cardiovascolare con sequele sulla funzione di regolazione autonomica operata dal sistema nervoso.
Non ultima, la fotografia della situazione durante la fase di ospedalizzazione sarà utilissima durante la prosecuzione del follow-up dei pazienti dimessi come messo in atto nel programma di visita ambulatoriali dedicato a chi è stato dimesso con una diagnosi di COVID.
Un nuovo studio, coordinato dal Dipartimento di Psicologia della Sapienza Università di Roma, ha indagato i processi psicologici e i condizionamenti sociali che hanno portato le persone a rispettare le regole di quarantena e di distanziamento sociale imposte dal Governo in risposta all’emergenza da Coronavirus. La ricerca, condotta su un campione di 1.520 soggetti provenienti da tutta Italia, è stata pubblicata sulla rivista Frontiers in Psychology.
Fin dai primi giorni in cui in Italia sono state introdotte le misure di lockdown, è stato chiaro come, nonostante la preoccupazione generata dall’espandersi della pandemia e gli imperativi morali diffusi dai diversi esperti, le persone abbiano avuto difficoltà a rispettare la quarantena, a mantenere il distanziamento sociale e in generale ad adottare le precauzioni imposte dal Governo.
Eppure, il fatto che in molti abbiano trasgredito le regole, le abbiano adottate parzialmente o aggirate in nome di motivazioni di volta in volta convenienti e contingenti, non è del tutto sorprendente. Decine di studi psicologici hanno infatti da tempo dimostrato quanto sia difficile per le persone conformarsi alle regole, soprattutto quando queste vengono imposte dall'esterno e si basano su principi morali non sempre facili da comprendere.
La cataratta secondaria o fibrosi capsulare é il processo di fibrosi della capsula posteriore che si opacizza causando un annebbiamento della visione.
La cataratta secondaria si manifesta nella quasi totalità delle persone che si sono sottoposte precedentemente all'intervento di cataratta. In questi pazienti, la capsula posteriore (l'unica parte del vecchio cristallino che viene mantenuta in situ su cui appoggiare il nuovo cristallino artificiale) va incontro ad un processo di progressiva fibrosi, a seguito del quale si opacizza, interferendo nuovamente con la visione del paziente. Questo fenomeno prende il nome di fibrosi capsulare o indicata più comunemente come cataratta secondaria.
La cataratta secondaria può svilupparsi in un intervallo molto variabile compreso tra 3/6 mesi fino ad alcuni anni dopo l'intervento di cataratta. Contrariamente a quanto spesso ritenuto dai pazienti, lo scadimento visivo che si avverte non dipende dall'opacizzazione del cristallino artificiale (Intra Ocular Lens IOL) impiantato che rimane perfettamente trasparente per tutta la vita del paziente ma esclusivamente dalla fibrosi della capsula posteriore sulla quale è posizionata la lente. E' pertanto improprio indicare al paziente la necessità di "pulire" il cristallino artificiale con un trattamento laser YAG.
La molecola di origine naturale che inibisce SARS-CoV-2
03 Set 2020 Scritto da Cnr-Nanotec, Università di Zaragoza
Il complesso molecolare formato dalla quercetina (in arancione) legata nella cavità che costituisce il sito attivo della proteasi 3CLpro (in blu), nella posizione più favorevole per inibire la proteina e bloccare la replicazione del coronavirus.
Uno studio internazionale cui partecipa l’Istituto di nanotecnologia del Cnr ha scoperto che la quercetina funge da inibitore specifico per il virus responsabile del Covid-19, mostrando un effetto destabilizzante sulla 3CLpro, una delle proteine fondamentali per la replicazione del virus. Lo studio è pubblicato sull'International journal of biological macromolecules.
L’attenzione di tutto il mondo è in questo momento proiettata verso la ricerca di un rimedio farmacologico per combattere il coronavirus SARS-CoV-2, responsabile del Covid-19. Lo sviluppo di un vaccino è certamente la soluzione più radicale per risolvere questo problema e i primi risultati in questo senso sono incoraggianti, ma ci sono anche altre armi a disposizione per combattere una pandemia virale. Il caso più famoso è dato dal virus HIV responsabile dell’AIDS, malattia per la quale la mortalità è attualmente azzerata per chi ha accesso alle cure mediche: un successo raggiunto nonostante non si sia mai ottenuto un vaccino, grazie allo sviluppo di potenti farmaci antivirali che bloccano la proteasi specifica dell'HIV, una proteina fondamentale per la replicazione virale. Alcuni di questi farmaci sono stati testati su SARS-CoV-2, ma non hanno sortito l’effetto sperato. Lo sviluppo di farmaci antivirali specifici per il coronavirus è dunque un altro grosso filone di ricerca per risolvere la pandemia di Covid-19.
Un derivato fisiologico del colesterolo blocca il virus della Covid-19
01 Set 2020 Scritto da Università degli Studi di Torino
Una collaborazione tutta italiana - con il coinvolgimento dello Startup Panoxyvir - dimostra implicazioni importanti nella terapia di COVID-1.
La molecola 27-idrossicolesterolo (27OHC) è presente nel nostro corpo come fisiologico prodotto del metabolismo ossidativo del colesterolo. In colture cellulari infettate con il SARS-CoV-2, il virus responsabile di COVID-19, il 27OHC è risultato essere un forte inibitore della replicazione virale. La rilevanza di tale evidenza scientifica è ulteriormente sottolineata dalla contemporanea osservazione di un vistoso calo di questa molecola con proprietà antivirali nel sangue dei pazienti COVID-19.
Covid-19: studio rivela che l’iperglicemia si associa ad una prognosi più sfavorevole
01 Set 2020 Scritto da Università di Pisa
La ricerca dell’Università di Pisa e dell’Azienda ospedaliera universitaria pisana pubblicata sulla rivista “Diabetes Care”.
L’iperglicemia, a prescindere da una condizione di diabete conclamato, si associa ad una prognosi più grave nei pazienti affetti da Covid-19. La scoperta arriva da uno studio condotto all’Università di Pisa e all’Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana (AOUP) pubblicato sulla rivista “Diabetes Care” dal Dr. Alberto Coppelli della UO di Malattie del Metabolismo e Diabetologia a nome del Pisa Covid-19 Study Group. La ricerca ha valutato 271 pazienti ricoverati nell’ospedale di Cisanello a Pisa nella fase più acuta dell’epidemia, dal 20 marzo-30 aprile.
“Abbiamo dimostrato come un valore della glicemia al momento del ricovero maggiore di 140 mg/dl, indipendentemente da una diagnosi nota di diabete, rappresenti un importante campanello d’allarme per identificare soggetti a rischio per i quali è necessario un approccio terapeutico ancora più mirato”, spiega Stefano Del Prato, Professore di Endocrinologia del Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale dell’Ateneo pisano e direttore dell’Unità Operativa di Malattie Metaboliche e Diabetologia dell’AOUP e coordinatore dello studio.
TUMORE DEL SENO: “IN TOSCANA 3.500 NUOVE DIAGNOSI OGNI ANNO PRESTO RIMBORSABILE IL TEST PER EVITARE CHEMIOTERAPIE INAPPROPRIATE”
06 Ago 2020 Scritto da Comunicato MedinewsLa richiesta, partita dalle associazioni dei pazienti, è stata approvata dal Consiglio Regionale. Pinuccia Musumeci, presidente Toscana Donna: “Entro poche settimane è prevista la delibera della Giunta”. Gianni Amunni, presidente ISPRO: “Quattro trattamenti risparmiati ogni cinque esami eseguiti”
Ogni anno, in Toscana, si stimano circa 3.500 nuovi casi di tumore della mammella. Oltre il 70% presenta una malattia in stadio iniziale, positiva ai recettori ormonali e negativa alla proteina HER2. Per la prevenzione delle recidive, almeno il 50% di queste pazienti viene trattato con la chemioterapia associata all’ormonoterapia, dopo l’intervento chirurgico. Ma solo una percentuale decisamente inferiore ne trae benefici reali. Oggi è disponibile un test genomico con valore predittivo, cioè in grado di indicare se la chemioterapia è necessaria o bastano le cure endocrine. Un grande vantaggio per le pazienti, perché la chemioterapia può ancora causare pesanti effetti collaterali, con conseguenze sulla vita familiare e professionale. In Toscana, alle donne colpite da neoplasia della mammella sarà presto garantito il diritto di accedere gratuitamente al test, seconda Regione in Italia ad assumere questa decisione dopo la Lombardia (e la Provincia Autonoma di Bolzano).