Le ondate di calore rappresentano una delle minacce più gravi per la biodiversità nell'ambito dei cambiamenti climatici. Oltre a provocare eventi di mortalità di massa (che includono anche gli esseri umani), questi fenomeni compromettono la capacità riproduttiva degli animali, rischiando di innescare effetti a cascata che si propagano tra le generazioni. Le ondate di calore – eventi estremi, brevi ma intensi, con temperature superiori alla media – stanno aumentando in frequenza, durata e intensità a livello globale.

Danni Nascosti al Ciclo Vitale
In passato, si sono verificati casi record in cui le ondate di calore hanno ucciso migliaia di animali in pochi giorni. Tuttavia, la sopravvivenza non significa assenza di conseguenze: il calore estremo influisce su numerosi aspetti del comportamento animale e, in particolare, sulla riproduzione, con gravi ripercussioni sulle popolazioni.


Studio congiunto UNIPD e VIMM pubblicato su «Nature Communications»

Nonostante l'aumento dell'aspettativa di vita, la sfida contemporanea è prolungare la vita in salute. Uno dei problemi più diffusi nell'invecchiamento è la sarcopenia, la progressiva perdita di massa e forza muscolare che riduce l'autonomia e aumenta il rischio di disabilità. Comprendere i meccanismi molecolari di questo declino è cruciale per la ricerca biomedica.

La Scoperta del Ruolo dei Perossisomi
Ricercatori del Dipartimento di Scienze Biomediche dell’Università di Padova e dell’Istituto Veneto di Medicina Molecolare (VIMM)—Marco Scalabrin ed Eloisa Turco, sotto la guida della Professoressa Vanina Romanello—hanno indagato questo tema. Lo studio, intitolato “Alterations in peroxisome-mitochondria interplay in skeletal muscle accelerate muscle dysfunction” e pubblicato su Nature Communications, ha svelato un meccanismo precedentemente sconosciuto: con l'avanzare dell'età, si registra una diminuzione del numero di perossisomi all'interno delle cellule muscolari.

 

Un recente studio condotto dall'Università svedese di Linköping ha ridefinito il ruolo dello spermatozoo nel concepimento, dimostrando che non si limita a fornire il materiale genetico. Molecole specifiche, denominate micro-RNA, veicolate dallo sperma, svolgono una funzione cruciale nello sviluppo embrionale nei primi giorni successivi alla fecondazione. Questi risultati, pubblicati su Nature Communications, aprono nuove prospettive per la diagnostica e l'approccio terapeutico nell'infertilità.

La Rilevanza del Contributo Maschile

Contrariamente a quanto ritenuto in passato, lo sperma contribuisce all'avvio dello sviluppo embrionale anche tramite altre molecole oltre al DNA. Questo suggerisce che il contributo maschile al concepimento è più significativo di quanto si comprendesse in precedenza," afferma Anita Öst, professoressa di biologia cellulare e molecolare a Linköping e leader della ricerca. L'infertilità colpisce circa il 15-17% della popolazione.

 

Uno studio condotto dall'Università Statale di Milano ha identificato un meccanismo sorprendente di immunosoppressione messo in atto dal parassita Leishmania infantum, l'agente eziologico della leishmaniosi viscerale. Questo meccanismo è in grado di inibire un fattore chiave della neuroinfiammazione associata alla malattia di Alzheimer (AD), proponendo il parassita come un modello biologico naturale per nuove strategie terapeutiche. I risultati sono stati pubblicati sul Journal of Neuroinflammation.

L'Inibizione dell'Inflammasoma NLRP3 nella MicrogliaLa ricerca dimostra che Leishmania infantum è capace di inibire uno dei principali motori infiammatori dell'Alzheimer. Questo avviene nelle cellule della microglia—i macrofagi residenti del cervello coinvolti nella risposta immunitaria.

Un'innovativa collaborazione di ricerca tra l'Università di Roma Tor Vergata e la Sapienza ha prodotto una promettente svolta nel campo dei biomateriali. Gli scienziati hanno messo a punto una nuova tecnologia che fonde la flessibilità della nanotecnologia del DNA con l'elevatissima selettività degli anticorpi, le molecole biologiche naturali responsabili del riconoscimento mirato. La scoperta è stata pubblicata sul Journal of the American Chemical Society (JACS).

Il team di ricercatori ha ideato un sistema molecolare inedito, capace di auto-assemblarsi in micro-compartimenti programmabili. Questo processo imita, in laboratorio, l'organizzazione interna delle cellule biologiche, le quali creano ambienti interni altamente regolati per gestire specifiche funzioni.

 

Un’indagine scientifica internazionale, guidata dall'Università di Padova e pubblicata sulla rivista «Advances in Nutrition», fa luce sul ruolo dei nutrienti epigenetici per un invecchiamento sano.

Mangiare in modo corretto è, in sostanza, un modo per "dialogare" con il nostro codice genetico. Alcuni alimenti contengono, infatti, molecole bioattive in grado di modulare i meccanismi epigenetici – quei processi che regolano l'attivazione o il silenziamento dei geni – influenzando così il ritmo dell'invecchiamento e offrendo protezione contro le patologie croniche.

Questo è il concetto chiave emerso dall'articolo intitolato A Systematic Review of Food-Derived DNA Methyltransferase Modulators: Mechanistic Insights and Perspectives for Healthy Aging, condotto da Sofia Pavanello, docente del Dipartimento di Scienze Cardio-Toraco-Vascolari e Sanità Pubblica dell’Università di Padova. La ricerca è stata ospitata su «Advances in Nutrition», una delle testate più autorevoli nel campo della nutrizione.

 

Giovedì 23 ottobre 2025, sono state presentate a Milano, presso Palazzo Isimbardi, le nuove stime sulle Mutilazioni Genitali Femminili (MGF) in Italia, frutto di uno studio congiunto delle Università di Milano-Bicocca e Bologna. La ricerca, promossa dai due atenei in collaborazione con Amref Health Africa, indica che nel Paese risiedono circa 88.500 donne che hanno subito le MGF. Questo dato rappresenta un aumento dell'1% rispetto alle stime del 2019, elaborate anch'esse dall'Università Bicocca.

 

Migliaia di mini-cervelli umani coltivati in laboratorio usando un ingrediente che probabilmente avete in casa: gomma di xantano, lo stesso addensante presente in salse, gelati e prodotti da forno. Sembra l'inizio di un film di fantascienza, ma è la realtà scientifica appena pubblicata su Nature Biomedical Engineering dal team di Stanford Medicine. I ricercatori hanno risolto uno dei problemi più frustranti nella ricerca sul cervello - impedire che gli organoidi cerebrali si fondano tra loro - usando questo comune additivo alimentare, aprendo la strada alla produzione di massa di mini-cervelli identici per studiare autismo, schizofrenia, epilessia e testare nuovi farmaci senza mai coinvolgere un paziente. La scoperta potrebbe rivoluzionare la neuroscienziatranslazionale e accelerare drammaticamente lo sviluppo di terapie per milioni di persone affette da disturbi neuropsichiatrici.

 

Mangiare patatine fritte, merendine confezionate o bevande zuccherate potrebbe non essere solo una questione di voglia passeggera o mancanza di forza di volontà. Uno studio monumentale condotto su quasi 30.000 persone ha rivelato qualcosa di inquietante: i cibi ultra-processati possono letteralmente ricablare il nostro cervello, modificando la struttura di regioni cerebrali cruciali e innescando un circolo vizioso di abbuffate e dipendenza alimentare. La scoperta, pubblicata sulla prestigiosa rivista Nature Communications Medicine, getta nuova luce sui meccanismi attraverso cui questi alimenti industriali manipolano il nostro comportamento alimentare, e le implicazioni per la salute pubblica sono enormi.

La scoperta che cambia tutto: quando il cibo diventa una droga

Avete mai notato come sia impossibile fermarsi dopo aver aperto un pacchetto di patatine? Oppure come una merendina porti inevitabilmente a volerne un'altra? Non è colpa vostra. Un team internazionale di neuroscienziati dell'Università di Helsinki e del Montreal Neurological Institute della McGill University ha analizzato scansioni cerebrali di circa 30.000 partecipanti provenienti dalla UK Biobank, scoprendo correlazioni sorprendenti tra il consumo frequente di cibi ultra-processati e cambiamenti misurabili nella struttura cerebrale.


Il CNR ha guidato uno studio internazionale che ha rivelato come gli stimoli meccanici ambientali influenzino direttamente l'attività secretoria delle cellule. Questo meccanismo, fondamentale per il rilascio di proteine e la funzionalità dei tessuti, offre nuove chiavi di lettura per il trattamento di tumori e fibrosi. La scoperta è stata pubblicata su Advanced Science.

Il Consiglio nazionale delle ricerche (CNR) ha coordinato una ricerca internazionale che ha svelato in che modo i processi di secrezione cellulare vengono modulati – aumentando o diminuendo – in risposta ai segnali meccanici provenienti dall'ambiente extracellulare circostante.

Tutte le cellule ospitano un sofisticato sistema di trasporto, noto come "apparato secretorio", incaricato di veicolare e distribuire lipidi e proteine sia all'interno che all'esterno della cellula. Lo studio, pubblicato sulla rivista Advanced Science, ha fornito una comprensione più approfondita di questo processo essenziale per la liberazione di proteine e per il mantenimento della corretta funzionalità dei tessuti.

 

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