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NEO MAMME A RISCHIO PSICOSI: LA RISONANZA MAGNETICA INDIVIDUA DIFFERENZE NELLA CONNETTIVITÀ CEREBRALE
13 Mag 2021 Scritto da Università di Padova
Team di ricercatori internazionale scoprono una ridotta connettività tra specifici network cerebrali alla base delle psicosi post-partum.
La psicosi post-partum è una patologia rara ma estremamente grave che colpisce le donne nelle prime settimane dopo il parto. I sintomi sono variabili, e possono includere elazione del tono dell’umore (mania), depressione, confusione fino ad allucinazioni e deliri. Sebbene il disturbo colpisca solo una neo-mamma su 1000, la psicosi post-partum è più frequente nelle madri con una storia di disturbo bipolare o schizoaffettivo.
Il ruolo della connettività cerebrale non è stato ancora del tutto chiarito, ed al momento non ci sono marker biologici che possano aiutare a distinguere le donne che andranno incontro allo sviluppo della patologia da quello che non manifesteranno i sintomi. Lo studio Altered dynamics of the prefrontal networks are associated with the risk for postpartum psychosis: a functional Magnetic Resonance Imaging study condotto da ricercatori dall’Università di Padova in collaborazione con il King’s College di Londra, pubblicato nella rivista Translational Psychiatry, rivela come piccole differenze nella connettività cerebrale potrebbero offrire un segno precoce del rischio di psicosi post-partum nelle donne.
Tumore al colon-retto: individuata grazie ai tumoroidi hi-tech la chiave della loro eterogeneità
13 Mag 2021 Scritto da Università degli studi di Milano
In una ricerca condotta all’IFOM di Milano con la collaborazione dell’Università degli Studi di Milano e dell’Università degli Studi di Padova è stato identificato un meccanismo regolatore di caratteristiche epigenetiche trasversali a tutti i tipi di tumori al colon-retto esaminati. L’incidenza di questa patologia nel mondo occidentale è al secondo posto per diffusione e mortalità. Nello studio i ricercatori hanno utilizzato i cosiddetti “tumoroidi”, un modello sperimentale innovativo, ponendo con questo le basi per contrastare la farmacoresistenza sviluppando approcci terapeutici contro lo sviluppo di recidive. I risultati, recentemente pubblicati sull’autorevole rivista scientifica Nature Communications, sono stati ottenuti grazie anche al generoso sostegno di Fondazione AIRC.
La menopausa non è più considerata la “fine della giovinezza”, concetto che via via si è modificato data la longevità della donna e il ruolo che la vede protagonista non solo come madre. Oggi la donna in menopausa è una persona dinamica e pienamente inserita nella società, indispensabile sul piano sociale ed economico, nonostante la riduzione drastica degli estrogeni produca sintomi fastidiosi e aumenti alcuni rischi per la salute, compreso quello cardiovascolare. Durante questo periodo della vita, la donna deve fare più attenzione al proprio stile di vita e all’alimentazione. Per questo motivo gli esperti medici del portale Educazione Nutrizionale Grana Padano (ENGP) hanno realizzato due programmi dedicati a donne senza particolari patologie ma in menopausa: “Calorie & Menu per la menopausa” e “Dieta L.O.Ve. per la menopausa”, che prevedono rispettivamente una dieta alimentare per donne onnivore e una per latto ovo-vegetariane, unitamente a un programma di attività fisica adatto a migliorare la salute in questa fase della vita, subito disponibili su ogni dispositivo.
Il segreto della longevità sta nella capacità di riparazione del DNA?
12 Mag 2021 Scritto da Università di Bologna
Per la prima volta, un gruppo di studiosi ha sequenziato l’intero genoma di un campione di persone “over 105”, rilevando la presenza di alcune variazioni genetiche che potrebbero favorire una maggiore efficienza nei processi cellulari di risposta in caso di danno al DNA.
Le persone che arrivano a vivere più di 105 anni tendono ad avere un background genetico che renderebbe il loro organismo più efficiente nella riparazione del DNA: un processo fondamentale delle cellule che protegge il genoma da danni e mutazioni dannose. Lo riporta uno studio pubblicato sulla rivista eLife e realizzato da un gruppo di ricerca guidato da studiosi dell’Università di Bologna. Per arrivare a questi risultati, i ricercatori hanno per la prima volta sequenziato l’intero genoma di una coorte di persone caratterizzate da “estrema longevità”, con l’obiettivo di individuare gli elementi genetici che permettono di limitare i disturbi legati all’età e avere quindi una vita tanto lunga. "L'invecchiamento è un fattore di rischio comune per diverse malattie e condizioni croniche", spiega Paolo Garagnani, professore al Dipartimento di Medicina Specialistica Diagnostica e Sperimentale dell’Università di Bologna e primo autore dello studio. "Per questo, abbiamo scelto di studiare le caratteristiche genetiche di un gruppo di persone che sono arrivate a superare i 105 anni di età, mettendole a confronto con un gruppo di adulti provenienti dallo stesso territorio".
Svolta nella risposta immunitaria a batteri, parassiti e virus: identificata la molecola MIR-210
12 Mag 2021 Scritto da Università di Torino
La ricerca, condotta da un team di scienziati dell’Università di Torino (MBC) e del VIB-KU Leuven, può aprire nuove strade nella gestione delle infezioni
Venerdì 7 maggio 2021, sulla rivista Science Advances, è stata pubblicata la ricerca Macrophage miR-210 induction and metabolic reprogramming in response to pathogen interaction boost life-threatening inflammation, condotta dal team del Prof. Massimiliano Mazzone (VIB-KU Leuven e Università di Torino) in collaborazione con la Prof.ssa Daniela Taverna (Università di Torino) e il Dr. Federico Virga (Università di Torino e VIB-KU Leuven).
Lo studio ha analizzato i macrofagi, un tipo specifico di globuli bianchi che forma la prima linea di difesa contro gli agenti patogeni. In particolare, il team ha identificato la molecola miR-210 come un regolatore chiave della risposta infiammatoria dei macrofagi a batteri, parassiti e proteine virali. Più nel dettaglio i ricercatori hanno dimostrato che, durante la sepsi e nel corso di diverse infezioni, il miR-210 favorisce uno stato infiammatorio dannoso per l’organismo.
I macrofagi sono tra i principali attori nella lotta contro gli agenti patogeni come batteri, parassiti e virus. Da un lato, l'attivazione dei macrofagi è essenziale per avviare e coordinare la risposta immunitaria per proteggere l’individuo dall'attacco microbico. Dall'altro lato però, possono contribuire ad uno stato infiammatorio esacerbato portando al danneggiamento e alla disfunzione di diversi organi.
Riabilitazione motoria: realizzato il primo sistema per acquisire in 3D l’anatomia degli arti superiori
12 Mag 2021 Scritto da Università di Pisa
Il dispositivo messo a punto nell’ambito del progetto europeo PRIME-VR2 coordinato dall’Ateneo.
E’ a forma di anello il primo strumento mai realizzato per acquisire in 3D l’anatomia degli arti superiori, procedura indispensabile nelle terapie riabilitative dei pazienti reduci da infarto o che soffrono di lesioni sportive. Portatile, a basso costo, compatto e leggero, il dispositivo è stato creato dai ricercatori dell’Università di Pisa nell’ambito del progetto europeo PRIME-VR2.
“Attualmente l’acquisizione dell'anatomia degli arti, che include morfologia, capacità motoria e forza muscolo-scheletrica, viene fatta a mano utilizzando semplici strumenti: righe per la forma, goniometri per i movimenti e dinamometri per le forze”, spiega il professore Sandro Barone del Dipartimento di Ingegneria Civile e Industriale dell’Ateneo pisano.
E sempre manuale, mediante l’uso di stampi di gesso, è anche la realizzazione di dispositivi medici personalizzati da far indossare ai pazienti nel corso della riabilitazione. Ma come sottolineano dall’Università di Pisa, si tratta di procedure che richiedono tempo e la cui accuratezza dipende molto anche dalla capacità dei singoli operatori. La struttura ad anello dotata di sensori RGB-D realizzata dal team dell’Ateneo pisano è dunque una risposta a queste criticità.
Ecografia con mezzo di contrasto: una tecnologia nuova ed economica per il monitoraggio delle cisti renali
10 Mag 2021 Scritto da Università di Roma La Sapienza
La Consensus del gruppo di esperti recentemente pubblicata dalla Federazione europea delle società per gli ultrasuoni in medicina e biologia (EFSUMB) e coordinata dalla Sapienza, ha puntualizzato le raccomandazioni all’uso delle varie metodiche sulla classificazione delle cisti renali, individuando la Contrast Enhanced UltraSound - CEUS come la meno invasiva e più vantaggiosa.
La Federazione Europea delle Società per gli Ultrasuoni in Medicina e Biologia (EFSUMB) recentemente pubblicato sulla più prestigiosa rivista di ecografia European Journal Ultrasound la Consensus degli esperti sulla rivisitazione della classificazione delle cisti renali mediante ecografia con mezzo di contrasto, coordinata da Vito Cantisani, vicepreside della Facoltà di Medicina e odontoiatria della Sapienza.
La Consensus recentemente pubblicata ha puntualizzato le raccomandazioni all’uso delle varie metodiche sulla classificazione delle cisti renali, analizzandone i vantaggi e fornendo indicazioni all’utilizzo delle stesse.
“La diagnosi di cisti renale - spiega Cantisani - è una delle diagnosi più comuni nella popolazione generale, soprattutto in età geriatrica. Per il paziente, questa diagnosi crea apprensione e preoccupazione”.
COVID-19, L’IMPATTO DELL’ ATTIVAZIONE DELLA PROTEINA HERV-W ENV SULL’EVOLUZIONE DELLA MALATTIA
10 Mag 2021 Scritto da Università di Roma Tor Vergata
Si chiama “HERV-W ENV” la proteina codificata da un retrovirus endogeno che è stata trovata in quantità molto elevata nel sangue dei pazienti COVID-19 in associazione alla progressione grave della malattia da COVID-19. Lo studio, pubblicato dalla rivista “EBioMedicine”(Gruppo editoriale The Lancet), nasce da una collaborazione internazionale italo-francese tra l’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, l’Università di Lione e la Biotech GeNeuro – Innovation. La ricerca apre la strada ad ulteriori studi sul ruolo della proteina ENV come potenziale bersaglio terapeutico.
I ricercatori dell’Università di Roma “Tor Vergata” hanno dimostrato per la prima volta la presenza di un'elevata quantità della proteina HERV-W ENV nelle cellule del sangue dei pazienti COVID-19, in particolare nei linfociti T, cellule che giocano un ruolo centrale nella risposta immunitaria verso le infezioni causate da virus e batteri. Nei pazienti COVID-19, la proteina è stata correlata all’infiammazione e all’alterazione ed esaurimento del funzionamento delle cellule del sistema immunitario.
Nuove prospettive per combattere l'infezione grave da Sars-CoV-2
10 Mag 2021 Scritto da Istituto di chimica biomolecolare (Cnr-Icb), Dipartimento di biologia dell'Università Federico II di Napoli
Un team di ricerca dell’Istituto di chimica biomolecolare del Cnr e dell’Università Federico II di Napoli ha analizzato i dati di una popolazione di oltre mille pazienti italiani affetti da Covid-19, evidenziando l’effetto protettivo esercitato da una variante del gene TMPRSS2 negli uomini giovani e nelle donne anziane, e individuando un target terapeutico per lo sviluppo di nuovi farmaci. I risultati sono pubblicati sulla rivista Genes.
Un gruppo di ricercatori dell’Istituto di chimica biomolecolare del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Icb) e dell’Università Federico II di Napoli, ha utilizzato tecniche di data mining applicate alla bioinformatica per prevedere quali geni umani potessero influenzare l’insorgere o la gravità dei casi di Covid-19. I risultati hanno fornito uno strumento per individuare i soggetti a rischio di sviluppare una forma severa dell'infezione e hanno evidenziato un target terapeutico per lo sviluppo di nuovi farmaci.
Le alterazioni dell’attività elettroencefalografica (EEG) durante la veglia e il sonno nella malattia di Alzheimer
04 Mag 2021 Scritto da Università di Roma La Sapienza
Uno studio coordinato da ricercatori della Sapienza e dell’IRCCS San Raffaele Roma, in collaborazione con l'IRCCS Fondazione Policlinico Universitario Gemelli e dell’Università dell’Aquila ha evidenziato per la prima volta specifiche differenze nell’attività elettrica cerebrale durante il sonno che discriminano la malattia di Alzheimer dal decadimento cognitivo lieve (Mild Cognitive Impairment o MCI degli anglosassoni, uno stadio intermedio tra demenza ed invecchiamento normale) e dagli anziani sani. I risultati del lavoro sono stati pubblicati sulla rivista IScience
É oramai evidente che le relazioni tra malattia di Alzheimer e caratteristiche del sonno vanno ben al di là del riscontro assai comune di disturbi del sonno in questi pazienti sia perchè le alterazioni del sonno sembrano costituire un fattore di rischio per la malattia, sia perchè un buon sonno svolge un ruolo centrale nell'eliminazione dei metaboliti "cattivi" della proteina b-amiloide facilitandone l’aggregazione ed il deposito tipico dell’Alzheimer.