Si è tenuto oggi un evento dal titolo “Medici del futuro 2.0 farmaci equivalenti-biosimilari qualità, efficacia e sostenibilità” presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, con l’obiettivo di assicurare e promuovere l’utilizzo di questi farmaci, in quanto rappresentano delle opportunità per il nostro SSN a un costo più contenuto. Questo consente, di conseguenza, un allargamento della base di pazienti che può accederne, nonché più idonee opportunità terapeutiche per i cittadini. L’evento vuole essere un’occasione per rafforzare la fiducia verso la sicurezza e l’efficacia dei biosimilari con politiche di prezzo sostenibili. Ha dato il benvenuto il Preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” – il Prof. Orazio Schillaci, sottolineando che l’iniziativa, fortemente voluta dagli studenti, è molto utile per dibattere su una tematica così interessante come quella dei farmaci equivalenti-biosimilari soprattutto in un momento economico così delicato: “Aprire una finestra di confronto proprio nella Facoltà di Medicina e Chirurgia di Roma "Tor Vergata", non può che essere la sede più adatta per discutere di queste problematiche” – ha concluso il Preside. Prof. Giuseppe Novelli, Rettore Università degli Studi di Roma "Tor Vergata" - ha spiegato che un’alta formazione di qualità si traduce anche in giornate di approfondimento come questa, centrata su tematiche particolarmente importanti: "Ai nostri giovani, i nostri futuri medici, l’Ateneo intende offrire strumenti di conoscenza e valutazione avanzati che potranno aiutarli nella professione, e contribuire a fare vera informazione scientifica".

L’Istituto di neuroscienze del Cnr e l’Istituto di biorobotica della Scuola Superiore Sant’Anna hanno individuato una strategia terapeutica che prevede l’impiego di strumenti robotici e il ripristino della normale comunicazione dei due emisferi cerebrali. Lo studio pubblicato su eLife

Un nuovo approccio integrato per il recupero delle funzioni motorie lesionate da ictus attraverso la riabilitazione robotica e il ripristino di una normale comunicazione tra i due emisferi cerebrali: questi i risultati dello studio realizzato congiuntamente dall’Istituto di neuroscienze del Consiglio nazionale delle ricerche (In-Cnr) di Pisa e dall’Istituto di biorobotica della Scuola Superiore Sant’Anna, pubblicati sulla rivista eLife, che aprono a nuove possibilità terapeutiche per trattare l’emiparesi dovuta a ischemia cerebrale.  La ricerca, coordinata da Matteo Caleo dell’In-Cnr e da Silvestro Micera della Scuola Superiore Sant’Anna, ha individuato una nuova strategia terapeutica capace di migliorare significativamente la funzione motoria dell’arto superiore colpito da paresi: il trattamento prevede un’inattivazione transitoria di una piccola porzione dell’emisfero sano, combinata con la riabilitazione fisica guidata da strumenti robotici, i quali a loro volta permettono un preciso controllo dell’esercizio svolto e la raccolta di dati su forze, velocità e traiettorie esercitate dal soggetto.

 
 
Da semplice sperimentazione a farmaco. Dopo aver ottenuto l'autorizzazione in Europa, ed essere gia' sul mercato tedesco, da fine gennaio e' disponibile anche in Italia (e' stato di recente pubblicato in Gazzetta Ufficiale) un collirio in grado di trattare la cheratopatia neurotrofica, una grave patologia della cornea che puo' portare alla cecita'. Il farmaco e' frutto della ricerca su una proteina chiamata NGF (Nerve Growth Factor), scoperta dal Premio Nobel Rita Levi Montalcini negli Anni 50. 'Cenegermin' (questo il nome del principio attivo del farmaco) e' a base della versione ricombinante dell'NGF rhNGF, cioe' una proteina del tutto simile a quella prodotta naturalmente dal corpo umano, realizzata pero' in laboratorio. Dopo la scoperta della Montalcini la molecola e' stata adottata negli anni successivi e sviluppata da diversi ricercatori stranieri e italiani, tra cui la dottoressa Rita Mencucci, della Clinica Oculistica dell'azienda ospedaliero-universitaria Careggi di Firenze, intervistata sul tema dall'agenzia Dire.
 
La prima cosa che si perde e' la capacita' visiva: tutto diventa sfocato, ombrato e non distinguibile chiaramente per chi soffre di glaucoma. Ma questa malattia dell'occhio ruba a chi ne soffre anche altro, a partire dall'autonomia. Chi soffre di questa patologia, infatti, ha un rischio maggiore sia di cadere anche quando si muove dentro casa, sia di fare incidenti stradali mentre guida. Lo dimostrano due studi, entrambi condotti dalla Queensland University of Technology (Australia).

- COME VEDE CHI SOFFRE DI GLAUCOMA. In chi soffre di glaucoma, si ha una perdita graduale del campo visivo fino alla visione tubulare, cioe' e' come guardare attraverso un foglio di carta arrotolato: il paziente vede bene, puo' avere anche 10/10, ma vede solo una piccola porzione, per cui e' incapace di orientarsi, per esempio di attraversare la strada. 'Il glaucoma e' una malattia che interessa il 3% della popolazione con piu' di 40 anni di eta'- dice il professor Giorgio Marchini, direttore Clinica Oculistica dell'azienza ospedaliera universitaria Integrata di Verona- Viene chiamato 'il ladro silenzioso della vista' poiche' non da' sintomi e puo' portare alla cecita' se non scoperto e non curato. La causa e' principalmente legata all'aumento della pressione intraoculare, che danneggia progressivamente il nervo ottico e il campo visivo. Nella sua genesi tuttavia giocano un ruolo anche fattori neurodegenerativi e vascolari'.

 


Il 55% delle morti delle donne, in Europa, e' causato da cardiopatia ischemica e ictus. Dopo gli 80 anni, le donne colpite da ictus sono il 20% in piu' rispetto agli uomini. Ma alcune specifiche condizioni rendono il rischio molto piu' elevato anche nelle fasce di eta' piu' giovani. Dal punto di vista epidemiologico, ogni 100.000 donne in eta' fertile si registrano 4,4 ictus ischemici che rappresentano circa l'85% per centro di tutti gli stroke. In modo particolare, per le donne che soffrono di emicrania con 'aura', che utilizzano contraccettivi orali e hanno il vizio del fumo, si registra un rischio 30 volte maggiore di essere colpite da ictus. Nel corso degli ultimi anni si e' evidenziato come fattori esclusivamente femminili (ormoni, gravidanza, parto, menopausa) agiscano a breve, medio e lungo termine, aumentando il rischio di ictus lungo l'arco dell'intera vita della donna.


Le alterazioni genetiche ad oggi note sono oltre 3mila, ma e' un continuo scoprirne di nuove: dalle piu' comuni come la trisomia del cromosoma 21 (cioe' la sindrome di Down) alla talassemia (malattia ereditaria del sangue che comporta anemia e colpisce il 5-6% della popolazione italiana). L'incidenza di queste alterazioni genetiche e' varia, poiche' dipende dall'eta' della donna: in una ventenne si tratta del 2%, ma in una donna quarantenne raggiunge il 18-20%. Nel campo della Procreazione medicalmente assistita ci sono intanto delle novita': da circa 6 mesi, infatti, all'ospedale Santa Margherita di Cortona e' disponibile un nuovo servizio volto a prevenire la trasmissione di alterazioni genetiche. Si chiama diagnosi genetica preimpianto (Pdg secondo l'acronimo) e viene effettuata per la prima volta a livello di sistema sanitario pubblico; in pratica, il cittadino dovra' pagare solamente il ticket.

È quanto emerge da uno studio dell’Istituto per i sistemi agricoli e forestali del Mediterraneo e dell’Istituto di scienze neurologiche del Cnr sui rimedi vegetali usati nella medicina popolare tra il XIX e il XX secolo. Circa l’80%, alla luce delle attuali conoscenze farmacologiche, presenta componenti in grado di contrastare i meccanismi alla base del mal di testa. Il 40% di queste piante era in uso già da circa 2000 anni. La ricerca è stata pubblicata sul Journal of  Ethnopharmacology. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, la cefalea è tra i disturbi del sistema nervoso più diffusi, con conseguenti gravi problemi di salute e disabilità. I ricercatori del Consiglio nazionale delle ricerche - Istituto per i sistemi agricoli e forestali del Mediterraneo (Isafom-Cnr) e Istituto di scienze neurologiche (Isn-Cnr) - si sono interessati all’argomento con uno studio sui rimedi vegetali usati dalla medicina popolare italiana tra il XIX ed il XX secolo. La ricerca è stata pubblicata sul Journal of Ethnopharmacology.

 

 


Ricercatori dell'Istituto di ricerca genetica e biomedica (Irgb) del Consiglio nazionale delle ricerche di Milano in collaborazione con i colleghi dell'Istituto di scienza e tecnologia dei materiali ceramici (Istec) del Cnr di Faenza hanno messo a punto un approccio terapeutico innovativo e non invasivo per il trattamento dei disturbi cardiovascolari, ad oggi la prima causa di morte nel mondo. Il metodo, descritto su Science Translational Medicine, e' basato sull'inalazione di nanoparticelle 'caricate' con farmaci capaci di arrivare rapidamente al cuore. La ricerca e' stata condotta nell'ambito di 'Cupido', progetto europeo di cui il Cnr e' coordinatore, che ha lo scopo di individuare nuove soluzioni terapeutiche basate sulle nanotecnologie in ambito cardiovascolare. "Il merito e' di un'innovativa molecola da noi brevettata- composta prevalentemente da fosfato di calcio, quindi altamente biocompatibile e biodegradabile- che riesce ad essere facilmente assimilata dalle cellule cardiache e, quindi, a trasportare il farmaco- spiega Daniele Catalucci (Irgb-Cnr), coordinatore del progetto- L'idea e' quella di riprodurre i meccanismi tramite i quali alcune particelle inquinanti, come le polveri sottili derivanti dall'inquinamento automobilistico o da processi di combustione, una volta respirate riescono a oltrepassare la barriera polmonare e ad arrivare al cuore attraverso il sistema circolatorio cardiopolmonare. Abbiamo, cioe', sviluppato una 'navetta terapeutica' biocompatibile capace di viaggiare all'interno del corpo umano esattamente come fanno queste particelle tossiche, e di arrivare al cuore semplicemente per inalazione: qui il farmaco viene rilasciato senza necessita' di iniezioni o altre metodologie invasive per il paziente".


Si chiama P.I.G.R.O. (Pneumatic Interactive Gait Rehabilitation Orthosis) ed è un esoscheletro leggero, senza stazione fissa, che consente a pazienti colpiti da ictus o lesioni cerebrali di camminare in modo autonomo.

Il progetto, sviluppato da Nimble Robotics, spin-off del Politecnico di Torino costituita nel 2017 per realizzare e commercializzare dispositivi medici innovativi, nasce 10 anni fa presso il Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Aerospaziale del Politecnico di Torino, in collaborazione con il Dipartimento di Psicologia dell’Università di Torino e con il centro di riabilitazione Puzzle di Torino. La sfida consisteva nello sviluppo di un dispositivo con caratteristiche tecnologiche uniche e all’avanguardia rispetto ai prodotti in commercio per il trattamento riabilitativo di patologie neurologiche derivate da lesione o degenerazione del sistema nervoso centrale. È infatti scientificamente riconosciuto che, grazie alla plasticità cerebrale, il cervello è in grado di modificare se stesso per recuperare/compensare le funzioni perdute: le esperienze sensomotorie, unite alla focalizzazione dell’attenzione e all’immaginazione motoria, possono riorganizzare la struttura e le funzioni delle parti danneggiate del cervello dopo una lesione.

Uno studio coordinato dall’Irgb-Cnr ha dimostrato l’efficacia sperimentale di un nuovo approccio terapeutico per il trattamento di disturbi cardiovascolari, che mima il comportamento delle particelle inquinanti quando attaccano il sistema cardiocircolatorio. La ricerca, condotta nell’ambito del progetto europeo ‘Cupido’, è pubblicata su Science Translational Medicine

Ricercatori dell’Istituto di ricerca genetica e biomedica (Irgb) del Consiglio nazionale delle ricerche di Milano in collaborazione con i colleghi dell’Istituto di scienza e tecnologia dei materiali ceramici (Istec) del Cnr di Faenza hanno messo a punto un approccio terapeutico innovativo e non invasivo per il trattamento dei disturbi cardiovascolari, ad oggi la prima causa di morte nel mondo. Il metodo, descritto su Science Translational Medicine, è basato sull’inalazione di nanoparticelle ‘caricate’ con farmaci capaci di arrivare rapidamente al cuore. La ricerca è stata condotta nell’ambito di ‘Cupido’, progetto europeo di cui il Cnr è coordinatore, che ha lo scopo di individuare nuove soluzioni terapeutiche basate sulle nanotecnologie in ambito cardiovascolare.

 

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