Novità assoluta nel panorama accademico italiano, l’infrastruttura è nata su iniziativa delle Università di Pisa e di Genova

È nato il “Centro interuniversitario per la promozione dei principi delle 3R nella didattica e nella ricerca (Centro 3R)”, novità assoluta nel panorama accademico italiano, nato su impulso delle Università di Pisa e di Genova. Il Centro 3R (www.centro3r.it) è una infrastruttura che si prefigge di avviare un processo di sensibilizzazione di studenti, ricercatori e docenti alla sperimentazione responsabile e ai metodi alternativi all’uso degli animali, in ottemperanza alla direttiva UE 2010/63 sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici, recepita in Italia con il D.Lgs. 26 del 4 marzo 2014. L’inaugurazione è stata ospitata al Centro congressi delle Benedettine, dove hanno portato i loro saluti il prorettore vicario dell’Università di Pisa, Nicoletta De Francesco, e il rettore dell’Università di Genova, Paolo Comanducci.
3R è l’acronimo di Replacement (sostituzione delle sperimentazioni sugli animali con metodi alternativi ogni qual volta questo sia possibile), Reduction (riduzione al minimo indispensabile del numero di animali utilizzati) e Refinement (continuo perfezionamento dei metodi impiegati allo scopo di ridurre la sofferenza degli animali). Il concetto delle 3R è stato per la prima volta introdotto da W. Russel e R. Burch nel 1959 in “The Principles of Humane Experimental Techniques”. 

Il silenzio è d’oro? Non per chi deve svolgere calcoli. Per migliorare l’abilità aritmetica sono più preziosi il rumore della pioggia o l’ascolto di un sottofondo ritmico e stimolante, come un tempo allegro di una sinfonia di Beethoven.  Lo afferma lo studio When listening to rain sounds boosts arithmetic ability (DOI 10.1371/journal.pone.0192296) del dipartimento di Psicologia dell’Università di Milano-Bicocca, pubblicato sulla rivista scientifica PLOS ONE. Il gruppo di ricerca coordinato dalla neuroscienziata Alice Mado Proverbio ha analizzato l'influenza di diversi tipi di ascolto musicale (brano agitante, gioioso o rilassante), rispetto ai suoni della natura - come lo scrosciare della pioggia o le onde dell’oceano -  e rispetto al silenzio, sulla capacità di studenti universitari di eseguire a mente delle operazioni aritmetiche. Allo studio hanno partecipato cinquanta studenti, provenienti da corsi di studio umanistici e scientifici (25 donne e 25 uomini, dei quali 25 introversi e 25 estroversi). I due gruppi differivano per la maggiore o minore socievolezza, riflessività e capacità di concentrazione. Ai partecipanti, seduti di fronte a uno schermo con indosso una cuffia, sono state presentate 180 operazioni aritmetiche (una ogni 3 secondi: 1.5 secondi per leggere l’operazione e 1.5 per decidere se il risultato proposto fosse giusto o sbagliato). Le operazioni potevano essere divisioni, moltiplicazioni, sottrazioni o addizioni, facili (ad esempio: 98-98) oppure difficili (ad esempio: 910/130; 1862/318).

 

Prof. Giovanni Gambaro 



Pubblicato sul Journal of Nephrology, lo studio reso noto in occasione della “Giornata Mondiale per la salute del Rene”, quest’anno dedicata alla donna. Potrebbe portare a miglioramenti della qualità di vita e a nuove terapie per queste pazienti.
Dolore renale cronico associato a una malattia che colpisce soprattutto le donne, il “rene con midollare a spugna”: grazie a una ricerca condotta presso la Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli di Roma e l’Università Cattolica in collaborazione con la New York University si è scoperto che il dolore è spesso indipendente dalla espulsione dei calcoli. Ciò ha consentito di ipotizzare le sue cause nonché nuove forme di trattamento.

È il risultato reso noto in occasione della Giornata Mondiale del Rene (campagna di sensibilizzazione con l’obiettivo di sensibilizzare la popolazione sull’importanza della salute renale per il mantenimento della salute globale dell’organismo) che si celebra oggi, giovedì 8 marzo, e che è dedicata quest’anno alle malattie renali nelle donne. Pubblicata sul “Journal of Nephrology”, la ricerca è stata condotta presso il Centro per le Malattie Rare del Rene della Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli, diretto dal professor Giovanni Gambaro, e che fa parte della rete ERKnet, che riunisce i centri di eccellenza europei per le malattia rare del rene. Il centro del Policlinico Gemelli si occupa di Rene con Midollare a Spugna da molti anni, avendo come mission sia la cura dei pazienti che la ricerca su questa malattia.

 



Il Cnr nel team di ricercatori che, attraverso simulazioni al computer, ha compreso i meccanismi molecolari responsabili della la resistenza ai farmaci di uso clinico. Alla base di questo fenomeno ci sono le mutazioni somatiche del recettore estrogenico α che si verificano anche a seguito di lunghi trattamenti terapici. Lo studio è pubblicato su Scientific Reports

I meccanismi molecolari che determinano la resistenza del cancro al seno ai farmaci in uso clinico, come il tamoxifene, sono stati oggetto di uno studio pubblicato su Scientific Reports coordinato da Alessandra Magistrato dell’Istituto officina dei materiali del Consiglio nazionale delle ricerche (Iom-Cnr) di Trieste. L’utilizzo delle simulazioni al computer ha consentito al team di ricercatori di comprendere come le mutazioni degli estrogeni di tipo α (ERα) siano responsabili dell’inefficacia dei trattamenti. Gli estrogeni, ormoni sessuali femminili, sono responsabili della crescita cellulare. Quando un estrogeno si lega al recettore ERα lo attiva, facendolo legare a tratti specifici del DNA, e innesca, di conseguenza, la produzione di RNA messaggero (trascrizione cellulare)”, spiega Alessandra Magistrato. “In questo modo, gli estrogeni danno l'ordine alle cellule di crescere, svolgendo funzioni di fondamentale importanza tra cui lo sviluppo dei caratteri sessuali femminili, il ciclo mestruale, il rimodellamento delle ossa. Tuttavia, se prodotti in concentrazione troppo elevata, tali ormoni possono determinare una crescita cellulare innaturale e quindi indurre o peggiorare il cancro”.

 

Il Politecnico di Torino si aggiudica un nuovo progetto ERC: 2 milioni di euro per BIORECAR, con l’obiettivo di riprogrammare le cellule del miocardio infartuato ripristinando la loro normale funzione Torino, 8 marzo 2018 – Quando si verifica un infarto del miocardio circa un miliardo di cardiomiociti, le cellule preposte alla generazione e alla trasmissione dello stimolo contrattile che regola la frequenza cardiaca, muore nell’arco di poche ore. Il tessuto muscolare striato di cui è naturalmente composto il cuore, infatti, a seguito dell’infarto si trasforma in un tessuto fibroso, più rigido di quello cardiaco e privo di cardiomiociti capaci di contrarsi. Per trovare una soluzione a questa problematica, che è una delle conseguenze più serie per chi sopravvive all’infarto e in molti casi può essere risolta solo con un trapianto di cuore, una prospettiva innovativa arriva dal progetto europeo BIORECAR-Direct cell reprogramming therapy in myocardial regeneration through an engineered multifunctional platform integrating biochemical instructive cues, che propone una strategia di medicina rigenerativa per ripristinare nei tessuti cardiaci fibrotici la normale funzione contrattile attraverso quella che viene definita come riprogrammazione cellulare diretta, stimolata dall’iniezione di biomateriali in grado di rilasciare specifici fattori. BIORECAR, coordinato dalla professoressa Valeria Chiono del Politecnico di Torino, è infatti l’ultimo progetto finanziato all’Ateneo con 2 milioni di euro in cinque anni dallo European Research Council: un progetto che esemplifica bene come le discipline tecnologiche possano trovare applicazioni sempre più diffuse nella medicina e nelle scienze della salute.

Due studi del Politecnico di Milano finanziati dall’Unione Europea con 11,3 Milioni di Euro Milano, 7 marzo 2018 - Testare l’efficacia di dispositivi medici, farmaci e interventi chirurgici per ictus e malattie coronariche attraverso simulazioni numeriche al calcolatore, diminuendo i margini di insuccesso e riducendo drasticamente le sperimentazioni sugli animali. E’ l’obiettivo di due progetti di cui il Politecnico di Milano è partner, finanziati complessivamente con 11.3 milioni di euro dal Programma Horizon 2020 "INSIST: IN-Silico trials for treatment of acute Ischemic STroke" e "InSilc: In-silico trials for drug-eluting BVS design, development and evaluation”. I progetti dureranno rispettivamente tre e quattro anni e vedono la collaborazione di prestigiosi partner accademici, industriali e clinici europei. Con l'espressione “In Silico Clinical Trials” si intende l'utilizzo della simulazione numerica al calcolatore per sviluppare o per valutare le prestazioni di un dispositivo medico (per esempio una valvola cardiaca), di un farmaco o di una procedura di intervento chirurgico. L'ictus e le malattie coronariche sono fra le principali cause di morte nei Paesi industrializzati. Per quanto il loro trattamento sia ampiamente migliorato negli ultimi decenni, alcune situazioni restano tuttora prive di soluzioni convincenti e affidabili. L'utilizzo della realtà virtuale può senz'altro superare queste difficoltà e rendere più sicuri i trattamenti. Il metodo seguito nei due progetti, che saranno entrambi condotti nel Laboratorio di Meccanica delle Strutture biologiche (LaBS) del Dipartimento di Chimica, Materiali e Ingegneria chimica "Giulio Natta" del Politecnico di Milano, si pone come uno tra i più innovativi e promettenti.

 

Lo studio, guidato dall’Università di Pisa e condotto insieme a Stella Maris Mediterraneo e Università di Firenze, è stato pubblicato sulla rivista eLife La ricerca dimostra come le fluttuazioni del diametro pupillare durante la visione di un semplice stimolo visivo siano altamente predittive dei tratti di personalità di tipo autistico

Il diametro della pupilla rivela i tratti della nostra personalità: è quello che ipotizza una ricerca guidata da Paola Binda, ricercatrice dell'Università di Pisa, condotta insieme a Marco Turi della Fondazione Stella Maris Mediterraneo e al professor David Burr, docente dell’Università di Firenze. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista internazionale eLife e dimostra come le fluttuazioni del diametro pupillare durante la visione di un semplice stimolo visivo siano altamente predittive dei tratti di personalità di tipo autistico. In questo primo stadio, la ricerca ha coinvolto un gruppo di giovani adulti i cui tratti autistici si posizionavano nella gamma “sub-clinica”, in assenza, cioè, di un disturbo diagnosticato.
Partendo dal presupposto che personalità diverse tendono a percepire la realtà in modo lievemente, ma sistematicamente diverso, lo studio ha dimostrato che il diametro delle nostre pupille tradisce il contenuto della nostra percezione, quello che vediamo e come lo vediamo. La conseguenza, potenzialmente rivoluzionaria, è che affiancando i test di personalità con un parametro obiettivo, che si misura in millimetri, il diametro pupillare potrebbe fornire indicazioni sulla nostra personalità.

 

 

Migliorare la diagnosi precoce del tumore al seno e avvicinare sempre più al 100 la quota di donne che superano la malattia. È questo l’obiettivo dello Studio P.i.n.k.– Prevention Imaging Network Knowledge, che la Fondazione Umberto Veronesi e l’Istituto di fisiologia clinica del Consiglio nazionale delle ricerche (Ifc-Cnr) presentano martedì 6 marzo 2018 a Milano.

Lo Studio P.i.n.k. è un progetto di ricerca nazionale dedicato alla diagnostica oncologica e alla medicina personalizzata. Il suo obiettivo è confrontare le attuali tecniche di diagnosi del tumore al seno e identificare, per ogni donna a seconda del suo profilo di rischio, l’approccio di prevenzione più efficace. Saranno coinvolte 50.000 donne in tutta Italia

 

Con la diagnosi precoce i tumori si curano meglio, le prospettive di guarigione aumentano e le terapie si fanno meno invasive e meno costose. Nel caso dei tumori al seno l’autopalpazione, le visite senologiche e le tecniche di diagnosi per immagini contribuiscono a identificare sempre più lesioni in fase precoce, con percentuali di sopravvivenza a cinque anni anche del 90%. I rapidi progressi nel campo della diagnosi, però, se da un lato permettono di scoprire sempre più tumori anche molto piccoli, dall’altro possono comportare il rischio di diagnosi e terapie non necessarie (sovra-diagnosi e sovra-trattamenti), con costi sociali e economici crescenti. Per questo motivo l’Istituto di fisiologia clinica del Consiglio nazionale delle ricerche (Ifc-Cnr) ha elaborato lo Studio P.i.n.k., con l’intento di valutare diverse tecniche di diagnosi del tumore al seno (mammografia, ecografia e tomosintesi) per arrivare a una personalizzazione dei percorsi di prevenzione secondaria. Il progetto è sostenuto dalla Fondazione Umberto Veronesi e vede la partecipazione di un network di radiologi italiani che operano in 24 fra ospedali, università e centri privati. Si propone di coinvolgere 50.000 donne di almeno 40 anni d’età che, dopo l’esame diagnostico, metteranno a disposizione dei ricercatori i loro dati clinici.

 

 

Il nostro cervello trasmette informazioni luminose come una moderna fibra ottica. Questa nuova ipotesi avanzata da un gruppo di ricercatori italiani, potrebbe contribuire a spiegare il grande salto evolutivo che ha permesso di realizzare le più complesse manifestazioni dell’intelligenza, come la coscienza, la volontà e la memoria. Lo studio è stato recentemente pubblicato su una rivista del gruppo Nature “Scientific Reports”, frutto del lavoro di un gruppo di ricerca multidisciplinare composto da Andrea Zangari, medico dell’Azienda Ospedaliera San Camillo Forlanini di Roma, Davide Micheli, Ingegnere di TIM S.P.A. di Roma, Roberta Galeazzi, ricercatore chimica organica presso dell’Università Politecnica delle Marche ad Ancona e Antonio Tozzi, fisico dell’Azienda USL Toscana Sud Est, Grosseto. Gli studiosi hanno descritto la struttura che genera l’impulso nervoso come un sistema di nanoantenne che, attraverso un processo molto complesso di cooperazione tra loro, sono in grado di emettere onde elettromagnetiche nelle lunghezze d’onda tra la luce visibile e l’infrarosso.

Queste vengono poi trasmesse lungo il nervo mediante lo stesso principio che si verifica nelle fibre ottiche. La nuova ipotesi richiederà ulteriori studi sperimentali, che apriranno nuovi scenari nello studio della trasmissione nervosa, con promettenti implicazioni nella bioingegneria del sistema nervoso, nell’intelligenza artificiale e nella terapia di gravi malattie degenerative come la sclerosi multipla.
 
LINK ARTICOLO 
www.nature.com/articles/s41598-017-18866-x 
 
SINTESI DELL’ARTICOLO 
Un gruppo di ricercatori italiani avanza una nuova ipotesi sui meccanismi della trasmissione neurale. Secondo gli studiosi, ai già noti processi coinvolti nella neurotrasmissione contribuirebbe la generazione e la trasmissione di fotoni, in altre parole radiazione luminosa, nello spettro del visibile e dell’infrarosso, con evidenti implicazioni di straordinaria importanza.

Il lavoro è stato di recente pubblicato sulla rivista Scientific Reports (Zangari A, Micheli D, Galeazzi R, Tozzi A: Node of Ranvier as an Array of Bio-Nanoantennas for Infrared Communication in Nerve Tissue. Sci Rep. 2018 Jan 11;8(1):539. doi: 10.1038/s41598-017-18866-x) al seguente link http://rdcu.be/EuVM, dal gruppo di ricerca multidisciplinare, composto da Andrea Zangari, medico dell’Azienda Ospedaliera San Camillo Forlanini, UOC Chirurgia e Urologia Pediatrica di Roma, Davide Micheli, Ingegnere di TIM S.P.A., Wireless Access Engineering Department di Roma, Roberta Galeazzi, ricercatore chimica organica presso il Dipartimento di Scienze della Vita e dell’Ambiente dell’Università Politecnica delle Marche di Ancona e Antonio Tozzi, fisico della UOC Fisica Sanitaria, Azienda USL Toscana Sud Est, Grosseto.

La trasmissione di segnali lungo la fibra nervosa o assone, secondo la ben nota teoria dei premi Nobel Hodgkin e Huxley, si realizza attraverso l’attivazione a catena di correnti elettriche attraverso speciali canali ionici presenti nella membrana cellulare. Alcuni assoni sono dotati di un rivestimento pluristratificato compatto formato da una sostanza detta mielina, interrotta ad intervalli regolari da brevi segmenti di assone “nudo”, detti nodi di Ranvier. Questo complesso nodo-mielina determina una velocità di conduzione molto più elevata rispetto all’assone non mielinizzato, grazie alla cosiddetta conduzione saltatoria, mediante la quale l’impulso elettrico può “saltare” da un nodo all’altro per le proprietà isolanti della mielina.

Il nuovo modello conferma la possibilità di trasferimento delle informazioni nelle fibre nervose mediante la generazione di fotoni e la loro trasmissione secondo i principi della fibra ottica. Infatti, nonostante alcune evidenze scientifiche del passaggio di fotoni nelle fibre nervose, nessuna ipotesi era stata avanzata su quale fosse la loro sorgente, che gli autori identificano nel nodo di Ranvier. Qui, grazie alla particolare disposizione geometrica dei canali ionici, si realizza un sistema di nanoantenne in grado di emettere onde elettromagnetiche nelle lunghezze d’onda tra la luce visibile e l’infrarosso. Un sistema molto complesso di cooperazione tra le nanoantenne, concentrerebbe il massimo della radiazione elettromagnetica emessa verso il tratto di assone rivestito di mielina, che la trasporterebbe funzionando come una fibra ottica, ipotesi già avanzata recentemente anche in un'altra pubblicazione, che viene in tal modo confermata.

Identificando la sorgente di tali radiazioni viene così consolidato un nuovo paradigma, che propone un’evoluzione dell’attuale teoria, aggiungendo a quella ti tipo elettrico quella di tipo elettromagnetico. Gli autori non solo hanno analizzato e messo in relazione tra loro numerose evidenze presenti nella letteratura scientifica a sostegno della ipotesi, ma sottolineano l’importanza del significato evolutivo che essa assume. Infatti è intuitiva la superiorità della trasmissione ottica rispetto a quella elettrica in termini di capacità di trasporto di informazioni, che si immagina facilmente mettendo a confronto il vecchio telefono a cavi elettrici con i sistemi attuali in fibra ottica. Questo potrebbe contribuire a spiegare il grande salto evolutivo che ha permesso di realizzare le più complesse manifestazioni dell’intelligenza, come la coscienza, la volontà e la memoria. E’ infine interessante notare che la natura ha utilizzato in maniera molto efficiente negli esseri viventi i concetti di antenna e di fibra ottica molto tempo prima che l’intelligenza dell’uomo li inventasse, prima per applicarli alle telecomunicazioni e poi per scoprire che anche la vita ne fa uso. La nuova ipotesi richiederà ulteriori studi sperimentali, che apriranno ampi scenari nello studio della trasmissione nervosa, con promettenti implicazioni nella bioingegneria del sistema nervoso, nell’intelligenza artificiale e nella terapia di gravi malattie degenerative come la sclerosi multipla.

 
 
 

Scoperto il “lato buono” del recettore TLR4. Normalmente responsabile dei fenomeni infiammatori, il TLR4, se opportunamente stimolato può favorire la crescita e la differenziazione delle cellule staminali neurali (NSC), attualmente in sperimentazione per una serie di malattie del sistema nervoso, come la sclerosi laterale amiotrofica (SLA) e la sclerosi multipla (SM). Lo rivela lo studio “Toll-like receptor 4 modulation influences human neural stem cell proliferation and differentiation” (doi: 10.1038/s41419-017-0139-8) condotto da un team di ricerca dell’Università di Milano-Bicocca e dall’IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo recentemente pubblicato sulla rivista Cell Death and Disease. I ricercatori hanno osservato per la prima volta che le cellule staminali neurali possiedono il recettore TLR4 già attivo durante la loro normale fase di crescita. Questo ha permesso di rivelarne la sua doppia natura: se modulato da molecole-farmaco prodotte in laboratorio, il recettore TLR4 delle cellule staminali, invece che indurre l’infiammazione e quindi danneggiare le cellule, favorisce la crescita e la capacità di differenziarsi delle cellule staminali stesse. 

 

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