Lo smemorato da…COVID-19
Uno studio, pubblicato sulla rivista Brain Sciences, coordinato dall’Università Statale di Milano indaga le conseguenze neurologiche nella fase post ospedaliera dei pazienti Covid-19, a distanza di 5 mesi: rallentamento mentale e difficoltà di memoria i sintomi più persistenti.
Quando il cervello si sorprende
Pubblicato su Current Biology uno studio dell’Istituto di neuroscienze del Consiglio nazionale delle ricerche di Pisa (Cnr-In) e delle Università di Firenze e Pisa che rivela come comunicano tra loro i meccanismi cerebrali tra aspettativa e sorpresa.
Un pool di ricercatori dell’Istituto di neuroscienze del Consiglio nazionale delle ricerche di Pisa (Cnr-In) e delle Università di Firenze e di Pisa hanno indagato i processi cerebrali che sottendono i meccanismi collegati tra aspettativa, illusione e sorpresa. Nello studio, pubblicato sulla rivista scientifica Current Biology/Cell-press e intitolato Perceptual history propagates down to early levels of sensory analysis, Guido Marco Cicchini (Cnr-In), Alessandro Benedetto (Unipi) e David Burr (Unifi) hanno studiato in che modo il cervello genera le aspettative sul mondo che ci circonda. Lo studio muove da un fenomeno noto come dipendenza seriale in cui, per esempio quando il prestigiatore esegue un numero di illusionismo, gli osservatori tendono a confondere le proprietà degli oggetti che hanno di fronte (ad esempio il colore, l’orientamento, ecc.) con quelle di oggetti simili visti poco prima.
Neandertal gene variants both increase and decrease the risk for severe COVID-19
Svante Pääbo, director at the Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology. Photo: Karsten Möbius
Last year, researchers at Karolinska Institutet in Sweden and the Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology in Leipzig, Germany showed that a major genetic risk factor for severe COVID-19 is inherited from Neandertals. Now the same researchers show, in a study published in PNAS, that Neandertals also contributed a protective variant. Half of all people outside Africa carry a Neandertal gene variant that reduces the risk of needing intensive care for COVID-19 by 20 percent.
Some people become seriously ill when infected with SARS-CoV-2 while others get only mild or no symptoms. In addition to risk factors such as advanced age and diabetes, gene variants also make people more or less sensitive to developing severe COVID-19. A major genetic risk factor is located on chromosome 3 and dramatically increases the risk of respiratory failure and even death. Hugo Zeberg and Svante Pääbo at Karolinska Institutet and the Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology discovered last year that this risk variant is inherited from Neandertals.
Researchers from the UGR analyse the psychological effects of the COVID-19 pandemic on pregnancy and postpartum
Women who gave birth during the COVID-19 pandemic report having felt greater stress in the delivery process, and rate lower the quality of care received.
Furthermore, almost 15% more women developed symptoms of postpartum depression after giving birth during the pandemic.
A study carried out by researchers from the University of Granada (UGR) indicates that psychological variables have contributed to more severe anxiety and depression among pregnant women since the COVID-19 pandemic began. These psychological variables include the general stress suffered, the concerns that women have about the pregnancy itself, personal resilience, insomnia, fear of catching the virus, or the feeling of loneliness.
This study, published in the journal Medicina Clínica, has revealed that feeling stress, being highly concerned about the evolution of the pregnancy, fear of contagion, feeling lonely, and sleeping badly are the variables that most affect anxiety and depression.
L’attaccamento dei cani verso i proprietari è molto simile a quello dei bambini verso i genitori
La ricerca condotta al dipartimento di Scienze Veterinarie pubblicata sulla rivista “Animals- MDPI”
Il modello di attaccamento che i cani sviluppano verso i proprietari è come quello dei bimbi verso i genitori o “prestatori di cura” (caregiver). La notizia arriva da uno studio pubblicato sulla rivista “Animals- MDPI” e condotto al dipartimento di Scienze Veterinarie dell’Università di Pisa dove da circa dieci anni un gruppo di ricercatori si occupa del tema.
“Che da questo punto di vista i cani da compagnia avessero dei comportamenti simili a quelli dei bambini si sapeva già – spiega la dottoressa Chiara Mariti, ricercatrice dell’Ateneo pisano – questa però è la prima volta che siamo riusciti a declinare più precisamente i vari stili di legame sottoponendo i cani a test molto simili a quelli usati per gli umani”.
SARS-CoV-2 shifting transmission dynamics and hidden reservoirs limited the efficacy of public health interventions in Italy
Abstract
We investigated SARS-CoV-2 transmission dynamics in Italy, one of the countries hit hardest by the pandemic, using phylodynamic analysis of viral genetic and epidemiological data. We observed the co-circulation of at least 13 different SARS-CoV-2 lineages over time, which were linked to multiple importations and characterized by large transmission clusters concomitant with a high number of infections. Subsequent implementation of a three-phase nationwide lockdown strategy greatly reduced infection numbers and hospitalizations. Yet we present evidence of sustained viral spread among sporadic clusters acting as “hidden reservoirs” during summer 2020. Mathematical modelling shows that increased mobility among residents eventually catalyzed the coalescence of such clusters, thus driving up the number of infections and initiating a new epidemic wave. Our results suggest that the efficacy of public health interventions is, ultimately, limited by the size and structure of epidemic reservoirs, which may warrant prioritization during vaccine deployment.
Prolonged disease epidemic possibly caused population collapse in Central Africa 1600-1400 years ago
A new study published in the journal Science Advances shows that Bantu-speaking communities in the Congo rainforest underwent a major population collapse from 1600 to 1400 years ago, probably due to a prolonged disease epidemic, and that significant resettlement did not restart until around 1000 years ago. These findings revise the population history of no less than seven present-day African countries (Cameroon, Central African Republic, Democratic Republic of the Congo, Republic of the Congo, Gabon, Equatorial Guinea, and Angola) and challenges the commonly held belief that the settlement of Central Africa by Bantu-speaking communitieswas a continuous processfrom about 4000 years ago untilthe start of the transatlantic slave trade.
Ongoing debates about decolonization, restitution of African cultural heritage and antiracism have also renewed interest in the European colonization of Central Africa, even if it was a relatively short period in the long and eventful history of the region. Modern humans lived in the savannas of Central Africa several tens of thousands of years before they emerged in Europe. Also, in the Congo rainforest did our ancestors overcome many challenges long before the first European expedition traversed it, as shown again in this recently published study.
L'intelligenza artificiale diventa quantistica
Cover Advanced Quantum Technologies
Programmata una rete di neuroni artificiali su un computer quantistico, che supera la velocità di apprendimento di quella della NASA. Lo studio coordinato dall'Istituto di fotonica e nanotecnologie del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ifn) è in copertina sulla rivista Advanced Quantum Technologies.
Un team di ricercatori italiani coordinati da Enrico Prati dell'Istituto di fotonica e nanotecnologie del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ifn) di Milano ha sviluppato un nuovo modello di intelligenza artificiale su un computer quantistico. Il risultato, ottenuto in collaborazione con l’Università di Milano Bicocca programmando il computer D-Wave 2000 da 2.048 bit quantistici (qubit), è stato pubblicato sulla rivista Advanced Quantum Technologies come storia di copertina.
“Alla NASA avevano già sperimentato il trasferimento su un computer quantistico di un modello di intelligenza artificiale chiamato macchina di Boltzmann, ispirato a quello adottato tra gli altri da Netflix per raccomandare i film”, spiega Prati. “In quel caso però i risultati erano limitati dall’aver impiegato un solo qubit per rappresentare ciascun neurone artificiale, dal momento che le connessioni da ogni qubit verso quelli limitrofi sul chip sono poche per motivi di spazio. Nel nostro caso, invece, abbiamo fatto ricorso a una tecnica chiamta embedding per raggruppare più qubit perché si comportino come un unico oggetto, chiamato qubit virtuale. Il qubit virtuale eredita le connessioni di tutti i qubits che lo compongono, tranne che quelle tra i suoi costituenti, e quindi la connettività del nostro cervello quantistico è più elevata, da cui un apprendimento più rapido”.
Bene la chiusura della centrale a carbone di La Spezia
Il carbone è il peggiore tra i combustibili fossili, sia per la salute che per l'ambiente
Il WWF accoglie con grande favore la conferma formale da parte del Ministero dell’Ambiente che la centrale a carbone di La Spezia dovrà cessare la sua attività entro il 2021.
Il fatto che il Ministero, nella lettera inviata al comune della città ligure, ribadisca con fermezza che "il decreto di riesame dell'Aia D.M. 351 del 6 dicembre 2019 è ad oggi pienamente vigente e pertanto resta valida la prescrizione che prevede la cessazione dell'utilizzo del carbone al 2021, per l'unico gruppo ancora in esercizio nella centrale di La Spezia", fornisce un messaggio chiaro del fatto che occorre rispettare le procedure ambientali e, di fatto, andare a chiudere gli impianti termoelettrici a carbone non più rispondenti alle prescrizioni delle procedure ambientali stesse.
WWF auspica che questo pronunciamento non venga ostacolato da altri dicasteri in base a supposte carenze di rete, dal momento che in Liguria c’è già un gruppo da quasi 800MWe funzionante di un’altra centrale a gas (Vado Ligure) che lavora a scartamento ridotto (ha prodotto appena 1.900 GWh/anno quando ne avrebbe potuti produrre oltre 5.000).
Nuove strategie contro obesità e diabete, ricerca di UniTo dimostra che il grasso dialoga con le cellule del pancreas
I risultati dello studio internazionale, pubblicato sulla prestigiosa rivista JCI Insight, suggeriscono come il grasso adiposo, ormai considerato un vero e proprio organo metabolico, abbia un ruolo determinante nella regolazione della funzione di altri organi.
L’obesità è uno dei problemi più rilevanti della società moderna ed è ormai nota l’associazione di questa condizione con patologie come il cancro, le malattie cardiovascolari e il diabete. Uno studio recente, coordinato dalla Prof.ssa Riccarda Granata, della Divisione di Endocrinologia e Metabolismo diretta dal Prof. Ezio Ghigo, del Dipartimento di Scienze Mediche dell’Università di Torino, ha dimostrato che esiste un “dialogo” tra gli adipociti, le principali cellule del grasso addominale, e le cellule beta del pancreas, deputate alla secrezione dell’insulina e regolatrici essenziali del nostro metabolismo, la cui disfunzione rappresenta la principale causa di diabete.