Un’importante indagine internazionale, pubblicata su Scientific Reports, ha localizzato una nuova stazione neandertaliana in Portogallo, sulla costa dell'Algarve. La scoperta descrive le prime impronte lasciate dagli ominidi di Neandertal in questo Paese, offrendo informazioni preziose sulla loro presenza e sulle loro abitudini lungo la fascia costiera atlantica durante il Pleistocene.

Il progetto di ricerca è stato guidato da Carlos Neto de Carvalho (IDL-Università di Lisbona), con la collaborazione di Fernando Muñiz Guinea (Università di Siviglia) e contributi da numerosi centri europei e internazionali. Lo studio ha combinato discipline diverse per analizzare in modo approfondito i reperti fossili scoperti nel sud del Portogallo.

 

 

Un'immagine che vale più di mille teorie

Ogni mattina, in coda nel traffico urbano, si ripete un'immagine che sfida ogni teoria sociologica classica. File interminabili di moto, motorini e persino monopattini elettrici guidati da persone in giacca e cravatta, con uno zainetto in spalla. Dentro non ci sono oggetti personali, ma un portatile, delle cuffiette e una borraccia, gli strumenti essenziali per la loro giornata lavorativa. Sono i "supertecnici", gli ingegneri software, i data scientist e i manager che alimentano il cuore dell'economia moderna. La loro immagine, così lontana dall'operaio di Marx, è la rappresentazione perfetta di una nuova, insidiosa forma di alienazione: non la perdita del prodotto del lavoro, ma la perdita del contatto con il proprio corpo, con la natura e con la realtà tangibile.

Dall'alienazione muscolare all'alienazione mentale

Karl Marx, nel XIX secolo, ha magistralmente descritto l'alienazione del lavoratore industriale, la sua separazione dal prodotto del proprio lavoro, dall'attività produttiva, dalla sua essenza e dagli altri uomini. La sua analisi si fondava sulla fatica fisica, sulla ripetitività meccanica e sullo sfruttamento palese nelle fabbriche fumose. Ma se l'operaio era alienato dal proprio sudore, il supertecnico è alienato dal proprio corpo. La sua vita è scandita da ore trascorse davanti a schermi luminosi, in uffici climatizzati o in remote work, negli spazi ibridi tra lavoro e vita privata. Questa vita sedentaria genera una serie di malesseri fisici – dolori cronici, affaticamento visivo, disturbi del sonno – che sono il sintomo di una progressiva disconnessione tra la mente iperattiva e un corpo sempre più trascurato. Il corpo diviene un mero contenitore della capacità cognitiva, la cui funzionalità è data per scontata finché non "si rompe".

La natura come sfondo digitale, non esperienza reale

Marx non avrebbe mai immaginato un mondo in cui la natura, la fonte primordiale di ogni risorsa e di ogni esperienza sensoriale, diventasse un'immagine sullo schermo o un lontano ricordo. I supertecnici, immersi in ecosistemi urbani ad alta densità tecnologica, sono spesso privati del contatto diretto con l'ambiente naturale. Il fruscio delle foglie, il profumo della terra dopo la pioggia, il calore del sole sulla pelle non sono più esperienze quotidiane, ma eventi occasionali o contenuti consumati digitalmente. Questa perdita di contatto non è un lusso intellettuale, ma una profonda privazione. La natura offre un antidoto allo stress cognitivo, una rigenerazione sensoriale che la realtà virtuale non può replicare. La sua assenza contribuisce a un senso di disorientamento e a un aumento dei livelli di stress e ansia, creando una generazione di professionisti che, pur avendo il mondo a portata di click, sono estranei alla sua essenza più profonda.

La realtà tangibile: un lusso riscoperto

In un ambiente dove le interazioni avvengono tramite messaggi, riunioni virtuali e piattaforme collaborative, la realtà tangibile, fatta di incontri faccia a faccia, di oggetti fisici e di esperienze dirette, assume un valore quasi anacronistico. I supertecnici sono maestri nella manipolazione di informazioni astratte e codici complessi, ma possono trovarsi a disagio di fronte alla concretezza del mondo materiale. Il sistema capitalistico contemporaneo, lungi dal liberare l'individuo, lo intrappola in una rete di "iperconnessione" costante. Il remote work, presentato come flessibilità, ha spesso dissolto i confini tra vita e lavoro, rendendo il professionista perennemente reperibile. Il tempo libero stesso è mercificato, trasformato in consumo di intrattenimento digitale o in performance di "benessere" che spesso richiedono ulteriori risorse economiche e mentali, alimentando un circolo vizioso in cui persino il riposo e la rigenerazione diventano occasioni di consumo, a totale beneficio del sistema.

Conclusioni: un'alienazione inattesa e la ricerca di riconnessione

L'alienazione dei supertecnici non è quella della catena di montaggio, ma quella del pixel e dell'algoritmo. È una disconnessione silenziosa e insidiosa dal proprio corpo, dalla natura e dalla realtà tangibile, spinta da stili di vita imposti da un sistema che valorizza l'efficienza digitale sopra ogni altra cosa. La sfida per questa nuova generazione di lavoratori è immensa: si tratta di riscoprire il valore dell'offline, del contatto umano autentico, della presenza fisica e della bellezza del mondo naturale. Solo così si potrà superare questa "alienazione postmoderna" e ritrovare un equilibrio tra l'immensa potenza della mente digitale e la profonda necessità di radici nel mondo reale. Forse, per superare questa nuova forma di disconnessione, dovremmo tutti imparare a spegnere lo schermo e a guardare il cielo più spesso.

L'importanza del riconoscimento e del ritrovarsi fisicamente

In questo scenario, la soluzione non può essere trovata nei "benefit" che la società consumistica offre per alleviare lo stress: il corso di yoga aziendale, il bonus per la palestra o il tavolo da ping-pong in ufficio. Questi sono mere medicazioni per un problema strutturale, che tentano di integrare il benessere nel sistema che lo ha causato. Parafrasando Giovenale, sono il "panem et circenses" del XXI secolo, offerti non per nutrire e divertire, ma per placare il disagio e distogliere l'attenzione dalle profonde disconnessioni del sistema.

Una classe dirigente sana e consapevole dell'importanza della vita al di fuori del lavoro, tuttavia, rappresenta un pericolo per il sistema stesso. La disconnessione dei "supertecnici" è funzionale: il costante isolamento e l'attenzione ossessiva al raggiungimento di falsi traguardi (promozioni, bonus, riconoscimenti individuali) impediscono la formazione di una coscienza di classe. Un aumento degli scambi interumani e del ritrovarsi fisicamente può rompere questo isolamento, generando consapevolezza e la comprensione che il sistema non è a loro beneficio. Questo può portare a una diminuzione della produttività in nome di una vita più equilibrata, a una maggiore attenzione ai veri valori (famiglia, relazioni, benessere) e, in definitiva, a un cambiamento radicale che il sistema capitalistico non può permettersi.

La vera risposta sta nel riscoprire il valore del ritrovarsi fisicamente, del riconoscersi l'un l'altro non come colleghi o utenti, ma come esseri umani. Le piazze, le mense, i caffè non sono solo luoghi di passaggio, ma spazi di socializzazione spontanea e autentica. È lì che si generano le conversazioni inattese, gli scambi di idee non programmati e il senso di appartenenza che una chat di gruppo non potrà mai replicare. I supertecnici hanno bisogno di tornare a sentire la presenza degli altri, di percepire il linguaggio del corpo, di leggere le espressioni del viso. Solo così potranno rompere l'isolamento imposto dalla tecnologia e ricostruire quel legame sociale che il lavoro digitale ha frammentato.

Bibliografia

Donati G. 2025 The hidden price of capitalism: from the factory of ignorance to social regression Scienceonline

Donati G. 2025 Il prezzo nascosto del capitalismo: dalla fabbrica di ignoranza alla regressione sociale Scienzaonline

Donati G. 27 Giugno 2025 Scienceonline War as an Endogenous Mechanism of Growth in Capitalism: A Critical Perspective and Proposals for Alternative Models Scienceonline


• Part 1: The Paradox of Capitalism: Infinite Growth in a Finite World
https://www.scienzaonline.com/news-scienceonline/item/4842-war-as-an-endogenous-mechanism-of-growth-in-capitalism-a-critical-perspective-and-proposals-for-alternative-models.html

• Part 2: War: A Hidden "Reset" for the Capitalist Economy?

• Part 3: Beyond the Limit: The Unsustainability of a Destructive Model

• Part 4: Towards a Future of Well-Being: Proposals for a Paradigm of Peace and Sustainability

 

 

Donati G. 27.05.2025La Guerra come Meccanismo Endogeno di Crescita nel Capitalismo: Una Prospettiva Critica e Proposte per Modelli Alternativi. Scienzaonline
• Parte 1: Il paradosso del capitalismo: crescita infinita in un mondo finito
https://www.scienzaonline.com/redazionale/item/4834-la-guerra-come-meccanismo-endogeno-di-crescita-nel-capitalismo-una-prospettiva-critica-e-proposte-per-modelli-alternativi.html

• Parte 2: La guerra: un "reset" nascosto per l'economia capitalistica?

• Parte 3: Oltre il limite: l'insostenibilità di un modello distruttivo

• Parte 4: Verso un futuro di bene-essere: proposte per un paradigma di pace e sostenibilità

 

 

 

*Board Member, SRSN (Roman Society of Natural Science)
Past Editor-in-Chief Italian Journal of Dermosurgery

 


Un team di ricerca internazionale, guidato dall'Università di Vienna, ha fatto una scoperta straordinaria: hanno trovato fiori di tiglio e bombi fossilizzati, risalenti a 24 milioni di anni fa, in Germania. La cosa più interessante è che i fossili contenevano anche prove della loro interazione: i granuli di polline. Questa scoperta dimostra che i bombi erano già tra i principali impollinatori del tiglio milioni di anni fa, proprio come lo sono oggi.

Lo studio, pubblicato su New Phytologist, è fondamentale per comprendere l'evoluzione dell'impollinazione, soprattutto considerando l'attuale declino globale degli insetti impollinatori.

Metodi di Ricerca Innovativi

"Abbiamo esaminato migliaia di fossili di fiori e insetti alla ricerca di polline," spiega Friðgeir Grímsson dell'Università di Vienna, "sperando di ottenere informazioni sull'evoluzione dei fiori e dei loro impollinatori."

Per visualizzare i microscopici granuli di polline, i ricercatori hanno usato la luce UV e blu, estraendoli con aghi sottilissimi. Dopo un'attenta pulizia, il polline è stato analizzato con microscopi ad alta risoluzione. I risultati hanno confermato che i bombi avevano visitato i fiori di tiglio prima di fossilizzarsi in un antico lago vulcanico.

 

La scoperta sulle abitudini alimentari degli elefanti nani della Sicilia, il Palaeoloxodon falconeri e il Palaeoloxodon mnaidriensis, ha rivelato che la loro dieta era principalmente a base di erbe abrasive, tipica dei pascolatori. La ricerca, condotta da scienziati delle Università di Padova e Saragozza, si è basata sull'analisi dell'usura dei denti fossili, conservati al Museo della Natura e dell'Uomo. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista scientifica "Papers in Palaeontology" con il titolo “Feeding strategies of the Pleistocene insular dwarf elephants Palaeoloxodon falconeri and Palaeoloxodon mnaidriensis from Sicily (Italy)”.

Gli elefanti nani nel Pleistocene
Il Museo della Natura e dell'Uomo dell'Università di Padova custodisce numerosi fossili di questi due elefanti, che discendono da un antenato comune continentale, il Palaeoloxodon antiquus. Dopo la loro migrazione in Sicilia in epoche diverse, la taglia degli elefanti si ridusse a causa dell'isolamento insulare.



Che fine ha fatto l'eroe senza macchia e senza paura? Se un tempo i protagonisti dei nostri film e delle nostre serie TV erano modelli di perfezione fisica e morale, capaci di sconfiggere il male senza battere ciglio, oggi lo schermo ci presenta una nuova generazione di eroi. Da un giovane Bruce Wayne in Gotham a personaggi come Elrond ne Gli Anelli del Potere, sembrano tutti giovani insicuri, alle prese con le proprie debolezze e non proprio "bellocci".
Questa non è una scelta casuale. Al contrario, è una precisa tendenza narrativa che riflette il nostro desiderio di realismo, vulnerabilità e complessità psicologica, elementi che il pubblico di oggi cerca con insistenza.

Barbara porta la mano di Tabitha nel ghiaccio

 

Sei un fan di Gotham? Allora ricorderai la scena che ha segnato la terrificante discesa di Edward Nygma verso la follia dell'Enigmista. Dopo aver perso la sua amata Isabella, Nygma, che si vanta della sua intelligenza superiore, non cerca semplicemente vendetta, ma una giustizia contorta e macabra. Credendo che Butch e Tabitha Galavan siano i responsabili della morte della donna che amava, li sottopone a un gioco diabolico. Non si tratta solo di punizione, ma di un'estenuante e psicologica caccia alla verità. La scena culmina in un momento agghiacciante: Nygma costringe Tabitha a subire un'amputazione. I suoi alleati, spinti dalla disperazione e dalla speranza, prendono la mano recisa e la mettono in un sacchetto di plastica con del ghiaccio per portarla in ospedale, convinti di salvarla. Ma proprio in questo atto di speranza, la serie commette un errore che, nella vita reale, può avere conseguenze devastanti.

Introduzione: il paradosso dell'indifferenza
In un mondo in cui ogni singola notizia fa il giro del pianeta in pochi istanti, in cui il dolore di una singola persona può scuotere le coscienze, una delle più grandi tragedie umanitarie del nostro tempo si consuma nell'ombra. Il genocidio in Darfur, una crisi che ha segnato un'intera generazione, è stato rimosso dalla memoria collettiva, sostituito da nuovi orrori che reclamano la nostra attenzione. Questo articolo non è solo una cronaca di numeri, date e fatti. È un esame di coscienza, un'indagine sul perché abbiamo permesso che il silenzio avvolgesse la sofferenza di milioni di persone, e un monito che la nostra indifferenza ha un costo umano inimmaginabile.

 

In Oriente, i gatti sono re. In Occidente, sono nemici.

Mentre nelle strade di Istanbul o Atene i gatti si crogiolano al sole, nutriti e accuditi da una comunità che li considera parte del paesaggio urbano, nelle nostre città occidentali la loro presenza è spesso vista come una minaccia. Qui, i gatti randagi sono sterilizzati, confinati in colonie controllate e, in alcuni casi, rimossi. Il loro crimine? Essere gatti. Essere predatori.
Invece, per combattere la piaga dei roditori, l'Occidente ha un'arma segreta: il veleno. Un arsenale chimico che avvelena non solo i topi, ma anche i gufi, le volpi, i cani e i gatti domestici che, ignari, si nutrono di carcasse contaminate. È un metodo che distrugge la catena alimentare, inquina l'ambiente e, in ultima analisi, si rivela meno efficace di un predatore naturale come un gatto.
È la grande contraddizione del nostro tempo: cacciamo via i predatori naturali, per poi usare veleni che distruggono l'ecosistema. È come se avessimo dichiarato una guerra ideologica ai gatti a favore di un approccio distruttivo e fallimentare.

 

 

 

 

L'obsolescenza programmata non è un'invenzione moderna, ma una strategia che affonda le sue radici nei primi anni del Novecento. Nata con l'obiettivo di aumentare i profitti, si è evoluta nel tempo, passando dalla meccanica alla sofisticata interazione tra software e microchip, e continua a plasmare il nostro rapporto con i beni di consumo.

 

Un'importante scoperta pubblicata sulla rivista Quaternary Science Advances getta nuova luce sui primi insediamenti di Homo sapiens nell'interno della Penisola Iberica. A guidare lo studio è stato Edgar Téllez, ricercatore del Centro Nacional de Investigación sobre la Evolución Humana (CENIEH). L'indagine, basata sull'analisi dei reperti faunistici trovati nel sito di Abrigo de La Malia (Guadalajara), ha permesso di comprendere le strategie di sopravvivenza di queste antiche popolazioni.

 

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