Immaginate di tornare indietro nel tempo di 5.300 anni, nelle fertili pianure dello Shaanxi, nel cuore della Cina antica. Il sole cocente illumina i campi dorati di miglio, che ondeggiano dolcemente al ritmo della brezza. Qui, sulle rive di un antico fiume, sorgeva Quanhucun, non solo un villaggio, ma un vibrante microcosmo di vita neolitica, dove i ritmi della semina e del raccolto scandivano l'esistenza di una comunità ingegnosa e resiliente.


La Vita Pulsante a Quanhucun: Tra Campi di Miglio e Case di Terra
Quanhucun non era un semplice accampamento, ma una fiorente civiltà agricola. Le case, dalle pareti robuste di terra battuta e tetti spioventi di paglia e argilla, si raggruppavano in un ordine che suggeriva un'organizzazione sociale già complessa. All'interno di queste dimore, la vita familiare si svolgeva tra il crepitio del fuoco, il profumo del miglio che cuoceva e il vociare di bambini e adulti. Attorno alle abitazioni, si aprivano ampi pozzi di stoccaggio, vere e proprie "banche del cibo" scavate nel terreno, dove gli abitanti custodivano gelosamente il loro prezioso raccolto di miglio panico [Setaria italica (L., 1753) P. Beauv.], la base della loro alimentazione. Questo cereale non era solo nutrimento, ma il fondamento della loro prosperità, il motore che permetteva al villaggio di crescere e prosperare.


Gli abitanti di Quanhucun erano maestri nella lavorazione della ceramica, producendo vasi robusti per conservare l'acqua e il cibo, ciotole per i pasti quotidiani e probabilmente oggetti rituali. Le loro mani sapienti modellavano la pietra e l'osso per creare utensili essenziali: lame per la raccolta, pestelli per macinare il miglio, aghi per cucire le pelli e attrezzi per lavorare la terra. Il suono ritmico delle macine di pietra e il fruscio delle falci primitive nei campi erano la colonna sonora di questo mondo laborioso.

Ma Quanhucun era anche un luogo dove la natura selvaggia e la vita umana si incontravano in modi inaspettati. Mentre i cani si muovevano liberamente tra le case, i maiali venivano allevati nelle vicinanze, e ossa di cervi e altri animali selvatici testimoniavano la loro dieta e le attività di caccia.


I gatti di Quanhucun: ombre silenziose tra i granai
È qui, in questo scenario di abbondanza costruita diligentemente, che entra in gioco il protagonista inaspettato: il gatto. Ma non un gatto come lo immaginiamo oggi, placido sul divano. I gatti di Quanhucun erano creature più elusive e selvagge, con un fascino e una ferocia innegabili. Erano gatti leopardo [Prionailurus bengalensis (Kerr, 1792)], felini snelli e agili, con un mantello maculato che li aiutava a mimetizzarsi nel sottobosco e nella penombra dei granai.
I loro occhi verdi o gialli brillavano con l'acutezza di un predatore nato, le loro zanne affilate e gli artigli retrattili pronti per l'azione.
Questi felini, nativi delle foreste e delle boscaglie dell'Asia, erano attratti da una risorsa irresistibile: i roditori. Topi dei campi, arvicole e altri piccoli mammiferi prosperavano nelle scorte di miglio di Quanhucun, rappresentando una minaccia costante per il sostentamento del villaggio. I gatti leopardo non furono "invitati" in senso formale, ma si auto-invitarono, trovando un'inaspettata abbondanza di prede a portata di zampa. Gli archeologi hanno trovato otto scheletri di questi gatti in stretta associazione con gli insediamenti umani, suggerendo una convivenza molto più che casuale. Immaginate questi gatti maculati, come ombre silenziose, aggirarsi tra i cestini di miglio, con la coda fremente e le orecchie tese, pronti a balzare su qualsiasi movimento sospetto. Gli agricoltori di Quanhucun, lungi dal vederli come parassiti, devono aver riconosciuto il loro inestimabile servizio.


Tolleravano la loro presenza, incoraggiandola passivamente, sapendo che ogni topo catturato significava più miglio per le loro famiglie.
Questo rapporto era un esempio perfetto di commensalismo: i gatti traevano vantaggio dalle risorse umane (i roditori), e gli umani beneficiavano indirettamente del controllo dei parassiti, senza che vi fosse una vera e propria domesticazione. Era un patto non scritto, nato dalla necessità e dall'opportunismo, un primo e affascinante capitolo nella storia millenaria del legame tra l'uomo e i felini in Cina.


L'Evoluzione del Gatto in Cina
La scoperta di Quanhucun ha ridefinito la nostra comprensione delle prime interazioni tra umani e felini in Asia orientale. Fino a quel momento, si riteneva che le prime prove di gatti in Cina fossero molto più recenti. Un rapporto gatto-uomo ancora più antico? Se i gatti di Quanhucun erano gatti leopardo utilizzati dagli umani, è lecito domandarsi se questo tipo di rapporto, o addirittura fasi ancora più embrionali di convivenza, possano essere ancora più antiche in Cina. La domesticazione è un processo graduale, spesso preceduto da millenni di interazioni opportunistiche. Le condizioni che hanno favorito il legame a Quanhucun – l'agricoltura e l'accumulo di cibo – erano presenti in diverse culture neolitiche in tutta la Cina, aumentando la probabilità di interazioni simili altrove, in siti anche più antichi, ancora da scoprire o da studiare più approfonditamente.


Gatti nel mondo antico e l'arrivo del gatto domestico in Cina
La domesticazione del gatto (Felis catus Linnaeus, 1758), così come lo conosciamo oggi, ha avuto origine nel Vicino Oriente, presumibilmente in Anatolia o nel Levante.
Le prove più antiche e significative provengono da siti come Shillourokambos a Cipro, dove un gatto è stato trovato sepolto accanto a un essere umano circa 9.500 anni fa. Questa specie di gatto selvatico africano (Felis lybica lybica Forster, 1780), da cui discendono tutti i gatti domestici, possedeva una predisposizione naturale alla tolleranza e alla socializzazione con gli esseri umani, differente dalla natura più schiva e selvaggia del gatto leopardo. In Cina, dopo Quanhucun, ci sono stati altri ritrovamenti di felini in siti successivi, come a Wuwangdun, nella provincia di Anhui, ma l'identificazione precisa tra gatti selvatici e domestici è spesso complessa e oggetto di dibattito scientifico.


L'introduzione del gatto domestico (Felis catus Linnaeus, 1758) in Cina è un capitolo separato e più recente. Si ritiene che questi gatti siano arrivati in Cina attraverso le rotte commerciali della Via della Seta, importati dalle regioni occidentali dell'Asia dove la loro domesticazione era già consolidata. Le prime prove archeologiche inequivocabili di Felis catus in Cina risalgono a circa il 730 CE, durante la dinastia Tang, con ritrovamenti a Tongwan City, nello Shaanxi. Questi gatti, con le loro millenarie generazioni di selezione e adattamento alla vita con gli umani, erano già "pronti" per integrarsi nelle società cinesi, offrendo non solo un controllo efficace dei roditori, ma anche compagnia e affetto.


Perché il Gatto Domestico ha Sostituito il Gatto Leopardo? La prevalenza del Felis catus rispetto al Prionailurus bengalensis nel ruolo di "controllore dei parassiti" e compagno umano è dovuta a fattori cruciali: Predisposizione comportamentale: Il Felis catus ha ereditato dai suoi antenati africani una maggiore tolleranza verso gli umani e una minore aggressività. Il gatto leopardo, pur utile per la caccia, rimaneva un animale selvatico, difficilmente addomesticabile e rischioso da tenere in stretto contatto. Facilità di riproduzione e selezione: Il gatto domestico si riproduceva più facilmente in cattività, permettendo una selezione (anche inconsapevole) di tratti desiderabili come la docilità, la ridotta paura dell'uomo e un comportamento più giocoso. Questo processo non era replicabile con il gatto leopardo. Adattabilità logistica e sociale: Il gatto domestico poteva essere facilmente trasportato e integrato nelle comunità, offrendo non solo un servizio, ma anche compagnia. La sua natura adattabile lo rendeva un "pacchetto" completo e altamente efficiente per le esigenze umane.


In sintesi, mentre Quanhucun ci mostra un'affascinante alleanza opportunistica con un felino selvatico, l'arrivo del gatto domestico, frutto di un lungo processo di co-evoluzione in un'altra parte del mondo, ha segnato un'era di vera e propria convivenza e affetto, plasmando il rapporto tra uomo e gatto che conosciamo oggi.

 

Bibliography
Abby Grace Drake et al. (April 28, 2025); Copy-cat evolution: Divergence and convergence within and between cat and dog breeds. PNAS 

Genome sequencing project reveals new secrets about cat evolution, phys.org  Driscoll, C. A., Menotti-Raymond, M., Rohan, S., et al. (2007). The Near Eastern

Origin of Cat Domestication. Science, 317(5835), 519-523. https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/17600185/ Hu, Y., Hu, S., Wang, C., et al. (2014). Earliest evidence for commensalism between cats and farmers in China. Proceedings of the National Academy of Sciences, 111(39), 13864-13869.

Early taming of the cat in Cyprus. Science, 304(5668), 259.  Y., & Wang, C. (2020). The origins of the domestic cat in China: a zooarcheological perspective. Journal of Archaeological Science: Reports, 33, 102551. Ottoni, C., Van Neer, W., De Cupere, B., et al. (2017).

The palaeogenetics of cat dispersal in the Ancient World. Nature Ecology & Evolution, 1(7), 0139.  Sean Doherty et al. (March 29, 2025) Redefining the timing and circumstances of cat domestication, their dispersal trajectories, and the extirpation of European wildcats. bioRxiv

Press releases published on Scienzaonline and Scienceonline:
Cani e gatti domestici non trasmettono il SARS-CoV-2 ma possono essere contagiati dai padroni 22 Gen 2021 CS Università degli studi di Milano 

Il ruolo del clima nella Rivoluzione Neolitica della Mezzaluna Fertile 16 Gen 2023 Redazionale 

RNA analysis unravels the cues for feline fertility and brings hope for endangered wild cats 03 Mar 2021 Forschungsverbund Berlin e.V. (FVB) PR Scienceonline 
Solitarie, in coppia o in società, ecco le mamme più premurose del mondo animale 08 Mag 2020 CS wwf 

Tigre dai denti a sciabola e gatto: più simili di quanto si creda 24 Mag 2024 CS Università di Roma La Sapienza 

 


Un recente studio guidato da Laura Martín-Francés del CENIEH e Monash University, pubblicato sull’American Journal of Biological Anthropology, getta nuova luce sui legami evolutivi tra Homo antecessor, i fossili della Sima de los Huesos (SH) di Atapuerca e le specie Homo sapiens e Homo neanderthalensis. Analizzando 174 premolari fossili e moderni con tecniche avanzate di microtomografia computerizzata, il team ha scoperto una sorprendente variabilità nello spessore dello smalto dentale, rafforzando l’ipotesi di una relazione complessa e mista tra queste popolazioni del Pleistocene medio.


Si è conclusa la campagna primaverile della Missione Archeologica della Sapienza nel sito di Tell Zurghul, in Iraq. Gli scavi hanno identificato 10 fasi architettoniche, la più antica delle quali risalente al 5.400 a.C.
Si è appena conclusa la campagna primaverile della Missione Archeologica Italiana della Sapienza Università di Roma diretta da Davide Nadali a Nigin, situata nella regione di Lagash, in Mesopotamia sudorientale.

Gli sforzi si sono concentrati sulla collina minore del sito di Tell Zurghul, antica Nigin, dove dal 2015 la missione è impegnata nello scavo di una sequenza di edifici pubblici, possibilmente “templi”, molto simili ai famosi templi preistorici di Eridu, assegnati alla fase Ubaid 4 e databili fra il 4900 e il 4700 a.C. circa.

 

Schöningen, in Bassa Sassonia (Germania), è un sito archeologico di fama mondiale: qui è stato scoperto il più impressionante insieme di armi da caccia del Paleolitico. Proprio per sottolineare l'importanza di questo luogo nella comprensione dell'evoluzione delle tecniche di caccia umane, nel 2013 è stato inaugurato il museo di ricerca "paläon".

Ora, un team di archeologi del Leibniz-Zentrum für Archäologie (LEIZA) e dell'Università Johannes Gutenberg di Mainz (JGU), in collaborazione con esperti di geoscienze e scienze ambientali, ha pubblicato i risultati di una nuova datazione dei reperti del cosiddetto "Orizzonte delle Lance". Anche scienziati dell'Istituto di Geografia della JGU hanno partecipato agli scavi. Dopo una precedente correzione che aveva portato l'età delle celebri lance da 400.000 a 300.000 anni, i nuovi dati indicano che l'età dell'Orizzonte delle Lance deve essere ulteriormente rivista, spostandola indietro di circa 100.000 anni, fino a 200.000 anni fa. I risultati di questa ricerca sono stati recentemente pubblicati sulla rivista Science Advances.


Una ricerca condotta da un team internazionale e pubblicata sulla rivista “Nature” apre nuove prospettive di studio sulla formazione delle culture mediterranee.
Conosciuta come una delle culture marinare più influenti della storia, la civiltà fenicia emerse circa 3000 anni fa nel Levante, regione storica che si estendeva dal sud della Turchia fino al nord-est dell’Egitto comprendendo Siria, Libano, Palestina, Giordania e Israele. I fenici intrecciarono una vasta rete commerciale in tutto il Mediterraneo diffondendo la propria cultura, religione e lingua su tutta la costa. Nel VI secolo a.C. la colonia fenicia di Cartagine, diventata ormai indipendente dalla madrepatria, aveva formato un piccolo impero di comunità conosciute come “puniche”.


Un’indagine genomica su individui di etnia Aymara, Quechua e Uros ha messo in luce varianti genetiche che permettono lo sviluppo dell'embrione in condizioni di scarsa presenza di ossigeno. Caratteristiche simili sono state osservate nelle popolazioni asiatiche dell’Himalaya: un raro caso di "convergenza evolutiva".


Nel genoma delle popolazioni sudamericane native dell’altopiano andino sono state osservate particolari combinazioni di varianti genetiche che permettono uno sviluppo adeguato dell'embrione nelle primissime fasi della vita intrauterina, nonostante la minore concentrazione di ossigeno nel sangue dovuta all'alta quota. A rivelarlo è uno
studio pubblicato sulla rivista Communications Biology e guidato da ricercatori dell'Università di Bologna.


L'indagine ha analizzato i genomi di più di 150 individui di etnia Aymara, Quechua e Uros che vivono nelle aree circostanti al lago Titicaca, a 3800 metri di altitudine tra Perù e Bolivia. L'obiettivo era comprendere le basi genetiche dei tratti biologici complessi plasmati dalla selezione naturale in questi popoli in risposta allo stress dovuto alla ridotta capacità dell’organismo di catturare l’ossigeno presente
nell’atmosfera a mano a mano che la quota aumenta. “I popoli che vivono nelle regioni attraversate dalla cordigliera delle Ande hanno evoluto adattamenti biologici simili a quelli che si osservano nelle
popolazioni dell’Himalaya, seppure con basi genetiche non sempre identiche”, spiega Marco Sazzini, professore al Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali dell'Università di Bologna, che ha coordinato lo studio. “Per indagare questi aspetti, abbiamo messo a punto un insieme di analisi basate sul sequenziamento di interi genomi e capaci di identificare varianti genetiche che prese singolarmente avrebbero un modesto impatto funzionale, ma che combinate tra loro concorrono a modificare sensibilmente uno specifico tratto biologico”.

Photo: Ferhat Kaya

 


Nuove datazioni radioisotopiche di depositi vulcanici segnano una svolta nello studio dell'evoluzione dei mammiferi.

Ricercatori dell'Università di Oulu, in Finlandia, stanno partecipando a una ricerca che promette di far luce sull'evoluzione dei primi esseri umani. Un team internazionale, co-diretto dall'Università di Oulu, ha datato con successo importanti siti fossiliferi nell'Anatolia centrale, in Turchia, a un periodo compreso tra 7 e 10 milioni di anni fa, utilizzando un nuovo metodo di datazione radioisotopica Argon-Argon (⁴⁰Ar/³⁹Ar).

In Cappadocia, situata all'incrocio dei continenti, si sono conservati strati ricchi di rari fossili, mescolati a cenere vulcanica proveniente da eruzioni esplosive. "Sebbene i metodi radioisotopici non siano nuovi nella determinazione dell'età dei fossili, questo rappresenta un significativo cambio di paradigma nella datazione degli strati sedimentari vulcanici che contengono fossili di mammiferi", afferma il ricercatore Ferhat Kaya dell'Università di Oulu.

Lo scheletro del guardiano nel suo letto di legno presso Collegium Augustalium, nel Parco Archeologico di Ercolano. (particolare). Foto di P.P. Petrone

 

 

È un caso unico nel suo genere la vetrificazione di materiale organico cerebrale, trovato nel cranio di un antico ercolanese vittima dell’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. A dare una risposta su come sia potuto accadere un team italo-tedesco di ricercatori guidato dal vulcanologo Guido Giordano del Dipartimento di Scienze dell’Università Roma Tre.

Lo studio è stato appena pubblicato su Scientific Reports con il titolo “Unique formation of organic glass from a human brain in the Vesuvius eruption of 79 CE” 

È un caso unico nel suo genere la formazione di materiale organico vetrificato, trovato nel cranio di un giovane adulto maschio, sepolto dall'eruzione del Vesuvio del 79 d.C e trovato disteso nel suo letto nel Collegium Augustalium, nel Parco Archeologico di Ercolano.
In natura il vetro è una materiale poco comune perché la sua formazione richiede un rapido raffreddamento dallo stato liquido, tale da non permetterne la cristallizzazione quando diventa solido. Estremamente più difficile che si formi e si conservi un vetro da materiale organico poiché essendo composto per gran parte da acqua - che è liquida a temperatura ambiente - si può trasformare in vetro solo abbassando rapidamente la temperatura molto al di sotto dello zero e conservare come tale a quelle temperature.
Il ritrovamento di materiale cerebrale vetrificato a Ercolano richiede dunque condizioni molto specifiche che sono state svelate da un team italo-tedesco di ricercatori guidato dal vulcanologo Guido Giordano del Dipartimento di Scienze dell’Università Roma Tre e appena pubblicate su Scientific Reports dal titolo “Link identifier #identifier__47012-2Unique formation of organic glass from a human brain in the Vesuvius eruption of 79 CE” ( DOI: 10.1038/s41598-025-88894-5).


Un team internazionale di scienziati di cui fanno parte l’Università degli Studi di Milano e l’Università Sapienza di Roma, analizzando fossili di brachiopodi ha dimostrato come nel Paleozoico l’incremento di anidride carbonica (CO2), dovuto a un’intensa attività vulcanica, sia risultato concomitante alla riduzione dei ghiacciai e a un incremento della temperatura superficiale media degli oceani fino a 4 gradi centigradi. Questo studio pubblicato su Nature Geoscience ci può aiutare a comprendere meglio i cambiamenti climatici attualmente in atto e le loro conseguenze.
Studiare il riscaldamento globale del passato per capire i cambiamenti climatici del presente. Durante la sua lunga storia, la Terra ha sperimentato condizioni climatiche molto diverse, alternando fasi glaciali a periodi di riscaldamento globale che hanno plasmato il pianeta e influenzato l'evoluzione degli organismi. Ancor prima della comparsa dei dinosauri, durante il tardo Paleozoico (circa 300 milioni di anni fa) ebbe luogo una delle glaciazioni più estese, terminata con una fase di riscaldamento che portò alla scomparsa quasi completa dei ghiacciai e delle calotte polari con importanti conseguenze sulla biodiversità.


Crescita dello smalto dentale più lenta e nessuna differenza tra i due sessi: un nuovo studio, frutto della collaborazione tra la Sapienza, l’Università di Bologna e l’Università di Modena e Reggio Emilia, rivela importanti informazioni sullo sviluppo dei bambini medievali italiani. I risultati pubblicati sulla rivista PLOS ONE
Un nuovo studio pubblicato sulla rivista Plos One e condotto in collaborazione tra Sapienza Università di Roma, l’Università di Bologna, l’Università di Modena e Reggio Emilia, ha rivelato una differenza significativa nei tempi di sviluppo dentale tra i bambini medievali italiani e i bambini europei moderni.

 

Scienzaonline con sottotitolo Sciencenew  - Periodico
Autorizzazioni del Tribunale di Roma – diffusioni:
telematica quotidiana 229/2006 del 08/06/2006
mensile per mezzo stampa 293/2003 del 07/07/2003
Scienceonline, Autorizzazione del Tribunale di Roma 228/2006 del 29/05/06
Pubblicato a Roma – Via A. De Viti de Marco, 50 – Direttore Responsabile Guido Donati

Photo Gallery