Un team di ricercatori è riuscito a ricostruire le fasi del meccanismo di funzionamento della serotonina, la cosiddetta molecola della felicità, a livello dei circuiti neuronali dei gangli della base, in particolare del circuito talamo-striatale. Questi circuiti sono importanti per il controllo del movimento e della flessibilità comportamentale, ossia la capacità di adattarsi ai cambi di contesto da un punto di vista emotivo e motorio, e non funzionano correttamente nel caso di patologie come il morbo di Parkinson o i disturbi ossessivi-compulsivi.
La ricerca, pubblicata sulla rivista internazionale Neuron, è stata coordinata da Raffaella Tonini del dipartimento di Neuro Modulation Cortical e Subcortical Circuits dell’IIT- Istituto Italiano di Tecnologia, con la collaborazione del dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa e di un partenariato internazionale di enti di ricerca fra cui la Sorbonne Université di Parigi.
“Ricostruire in maniera molto accurata i meccanismi molecolari con cui la serotonina funziona nel cervello – spiega Raffaella Tonini, coordinatrice del team di ricerca - è importante anche per capire cosa avviene in condizioni patologiche in cui la serotonina non viene prodotta o in cui mancano i recettori specifici a cui legarsi”.

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Un prelievo e un elettroencefalogramma per predire chi si ammalera' di demenza
16 Lug 2018 Scritto da Omceo
La ricerca che potrebbe rappresentare una svolta almeno per questo gruppo di soggetti a rischio e' oggi pubblicata sulla prestigiosa rivista Annals of Neurology ed e' stata coordinata dal professor Paolo Maria Rossini, direttore dell'Area di Neuroscienze della Fondazione Policlinico Gemelli Irccs e ordinario di Neurologia all'Universita' Cattolica, con la collaborazione del dottor Fabrizio Vecchio dell'Irccs San Raffaele Pisana di Roma, del professor Camillo Marra, responsabile della Clinica della Memoria della Fondazione Gemelli, della dottoressa Francesca Miraglia, bioingegnere presso il Policlinico Gemelli, del professor Danilo Tiziano, della Genetica medica della Fondazione Gemelli, e del dottor Patrizio Pasqualetti, responsabile bio-statistico e direttore scientifico dell'Associazione Fatebenefratelli per la ricerca (AFaR).
Batterio Listeria: cosa rischiamo noi consumatori?
16 Lug 2018 Scritto da Società italiana Malattie infettive e tropicali“Diarrea e febbre i rischi principali, ma non si possono escludere complicazioni in alcuni casi. Igiene, sorveglianza e controlli degli alimenti sono le misure preventive necessarie” spiega il dott. Marco Tinelli, Segretario SIMIT, Società Italiana Malattie Infettive e Tropicali
IL BATTERIO LISTERIA - In questi ultimi giorni si parla molto di alcuni alimenti, sia di natura vegetale che animale, colonizzati dal microrganismo Listeriamonocytogenes, che sono prodotti da alcune grandi catene alimentari e poi venduti al pubblico dalla grande distribuzione in tutta Europa. Il ministero della Salute ha richiamato dal commercio un lotto di prosciutto cotto proprio per rischio di Listeria; una settimana fa era toccata sorte analoga ai minestroni di una nota marca di surgelati. Cosa sta accadendo?
“La Listeria monocytogenes è un batterio Gram positivo” spiega il dott. Marco Tinelli, Segretario della Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali - SIMIT “che normalmente è presente sia a livello ambientale (nel suolo, nell’acqua, nella vegetazione), che animale (uccelli, pesci ed anche mammiferi). Il batterio tende a resistere a temperature sia molto basse che elevate e quindi può persistere anche molto a lungo nell’ambiente. Tale elevata resistenza e persistenza nell’ambiente è il motivo per cui periodicamente esso può essere trovato nelle derrate alimentari anche dopo salatura, in alimenti di solito a media scadenza e spesso conservati in refrigeratori”.
Listeria monocytogenes si può trovare in vari alimenti che siamo abituati ad assumere: verdure crude e insalate preconfezionate, carni specie congelate, pesce, latte non pastorizzato. Casi di trasmissione dell’infezione dovute a contatto diretto con animali, ambienti contaminati o tra uomo e uomo sono tuttavia molto rari.
“Clinicamente le infezioni da Listeria monocytogenessono sono quasi sempre gastro-enteriche, con diarrea che compare a poche ore dall’assunzione di cibi contaminati, in qualche caso accompagnata da febbre” chiarisce Tinelli. “Sono sintomi che quasi sempre vengono catalogati come “tossinfezione alimentare”, che nella gran parte dei casi non determinano conseguenze (solo in alcuni pazienti fragili come i bambini piccoli e gli anziani la diarrea provoca disidratazione e può essere necessaria un’infusione di liquidi per via endovenosa). In alcuni rari casi e specie in persone con immunità gravemente compromessa, come ad esempio per malattie neoplastiche o per cicli di terapie farmacologiche (farmaci anti neoplastici, cortisonici, anti rigetto dei trapianti ecc.), la forma clinica può diventare “invasiva” e provocare patologie pericolose per la vita come meningiti e sepsi. Il trattamento delle forme gravi è con antibiotici per circa 2-4 settimane e, se riconosciute in tempo, si possono controllare e portare a guarigione”.
Ipermemoria autobiografica, per la prima volta al mondo studiati i meccanismi alla base di questa straordinaria capacità di ricordare
10 Lug 2018 Scritto da La Sapienza UniversitàLa ricerca, che ha coinvolto numerosi centri di ricerca italiani, amplia le conoscenze sui sistemi neurobiologici alla base dell’iper-funzionamento di memoria. Lo studio è pubblicato sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America, PNAS Ricordare ogni giorno della propria esistenza, e per di più ricordarne i dettagli, è impossibile per la quasi totalità delle persone. Sebbene molti siano in grado di ricordare con accuratezza eventi ad alta connotazione emotiva (per esempio, il proprio matrimonio, la nascita di un figlio, il primo bacio, la morte di una persona cara), le giornate cosiddette “normali” vengono solitamente dimenticate o lasciano tutt’al più solo un vago ricordo. Eppure, un numero molto esiguo di persone riesce a ricordare con incredibile accuratezza giornate apparentemente normali. Sono i soggetti dotati di ipermemoria autobiografica ora al centro, per la prima volta al mondo, di uno studio di risonanza magnetica funzionale (fMRI) per comprendere i meccanismi neurobiologici alla base di tale straordinaria capacità di memoria.
Globuli rossi come microlenti: nuove opportunità per la diagnosi delle anemie
07 Lug 2018 Scritto da Istituto di scienze applicate e sistemi intelligenti “E. Caianiello” (Cnr-Isasi) e Ceinge Biotecnologie AvanzateQuesta nuova tecnica consente di individuare, in maniera più rapida e precisa, il tipo di anemia e scegliere la terapia più adatta. Lo studio, messo a punto da un team di ricerca interdisciplinare dell’Istituto di scienze applicate e sistemi intelligenti del Cnr, in collaborazione con il centro di ricerca e biotecnologie avanzate Ceinge, è pubblicato su Acs Analytical Chemistry
Uno studio dell’Istituto di scienze applicate e sistemi intelligenti del Consiglio nazionale delle ricerche di Pozzuoli (Cnr-Isasi) in collaborazione con il Centro di ricerca e biotecnologie avanzate Ceinge, propone una nuova metodologia per l’identificazione e la caratterizzazione di globuli rossi malati, aventi una morfologia simile a quelli sani. La tecnica, basata su parametri ottici dei globuli rossi, apre a nuovi metodi diagnostici per molti tipi di anemia e per i disordini ematologici in cui la forma del globulo rosso risulti alterata. Il lavoro è stato pubblicato su ACS Analytical Chemistry.
“Grazie a una tecnica avanzata di imaging 3D abbiamo dimostrato di poter discriminare globuli rossi malati, aventi caratteristiche morfologiche simili rispetto al campione di controllo sano”, spiega Martina Mugnano, ricercatrice Cnr-Isasi. Inoltre, per individuare i globuli rossi malati viene sfruttata la capacità dei globuli stessi di funzionare come lenti di ingrandimento. “Tramite questa tecnologia laser e sfruttando la capacità dei globuli rossi di comportarsi come microscopiche lenti dotate di particolari proprietà di ingrandimento e ‘messa a fuoco’, è possibile stilare un pannello di ‘marcatori ottici’ per poter identificare ciascun globulo rosso e poter quindi risalire alle diverse forme di anemia”, aggiunge Pietro Ferraro, direttore dell’Istituto.
Ultracentenari e longevi: l’età avanza, ma non il rischio di mortalità
02 Lug 2018 Scritto da università La Sapienza di Roma Un nuovo studio demografico, condotto dai ricercatori della Sapienza, indica che dopo i 105 anni il rischio di mortalità non aumenta ma rimane costante. I sorprendenti risultati della ricerca, pubblicati sulla rivista Science, favoriscono il progresso degli studi sulle teorie evolutive della senescenza C’è un limite biologico alla longevità umana? Come cambia il rischio di morire con l’avanzare dell’età?
Per rispondere a queste domande, i ricercatori del Dipartimento di Scienze statistiche della Sapienza, in collaborazione con l’ISTAT e le università Roma Tre, Berkeley e Southern Denmark, hanno condotto uno studio sui semi-supercentenari italiani (ovvero coloro che non hanno ancora raggiunto i 110 anni di età, ma superano i 105 ), con l’obiettivo di stimarne con esattezza il rischio di mortalità. I risultati della ricerca, pubblicati sulla rivista Science, hanno sorprendentemente indicato, per coloro che hanno superato i 105 anni, il raggiungimento di un livello costante del rischio di mortalità.
Il team di ricercatori ha stimato per la prima volta la mortalità in età avanzata, con una accuratezza e precisione che finora non era stata possibile. “I dati studiati, accuratamente documentati – spiega Elisabetta Barbi della Sapienza – portano a concludere che la curva di mortalità cresce esponenzialmente fino all’età di 80 anni circa, ma poi decelera fino a raggiungere un plateau, ovvero un andamento costante, dopo i 105 anni”.
Identificato un nuovo meccanismo d’azione della molecola della felicità
02 Lug 2018 Scritto da Università di PisaRicerca IIT e Università di Pisa ha individuato indizi sul meccanismo molecolare con cui la serotonina potrebbe influenzare la flessibilità comportamentale, ovvero la capacità di adattare le nostre azioni in base a come cambia l’ambiente che ci circonda

380 ed e' attualmente sede di circa 23 trial clinici in ginecologia oncologica di fase II-III, la maggior parte sui carcinomi dell'ovaio.
Il Centro, costruito nel rispetto delle nuove normative sulle sperimentazioni cliniche, in particolare della nuova Determina Aifa n. 809/2015 (che detta i requisiti minimi necessari per ospitare sperimentazioni di fase I), dispone anche di un giardino pensile terapeutico unico in Italia, realizzato ad hoc per immergere le pazienti nella natura in modo che ne traggano benessere psico-fisico che favorisce il buon esito delle cure. Al momento sono in corso di approvazione al comitato etico due studi di fase I per le pazienti affette da carcinoma ovarico ed endometriale. Il nuovo centro, ubicato al 10mo piano, Ala O del Gemelli, che arricchisce e completa le strutture del Dipartimento per la Salute della Donna e del Bambino diretto dal professor Giovanni Scambia, e' stato inaugurato alla presenza del Prof. Franco Anelli, Rettore dell'Universita' Cattolica, Dottor Giovanni Raimondi, Presidente Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli Irccs, Prof. Marco Elefanti, Direttore Generale Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli Irccs, Prof. Rocco Bellantone, Preside della facolta' di Medicina e chirurgia della Cattolica e Direttore del Governo Clinico della Fondazione Gemelli.
La Shaken Baby Syndrome (sindrome del bambino scosso) e' caratterizzata da un trauma cranico non accidentale, implicando per la genesi di questa patologia non solo l'attivita' dello 'shaken' (scuotimento) ma anche quella di 'scontro' su una superficie dura. È una delle prime cause di morte nei bambini molto piccoli, in genere al di sotto dell'anno, ed e' determinata da uno scuotimento violento del piccolo da parte di uno dei due genitori. Il Cdc di Atlanta parla di un caso ogni milione di bambini sotto l'anno di vita, ma e' certamente una condizione molto piu' frequente. A spiegarla ai pediatri e ai medici riuniti al 74esimo congresso di pediatria della Societa' italiana di pediatria (Sip) a Roma e' Elena Coppo, del reparto di Pediatria d'Urgenza dell'Ospedale Regina Margherita di Torino, nell'ambito del corso sugli abusi e i maltrattamenti.
"Oltre il 50% della mortalita' dei bambini sotto i 5 anni con trauma cranico severo dipende proprio da questa sindrome- conferma la pediatra- ed e' una situazione sottostimata che presenta una serie di difficolta' sia di diagnosi che di identificazione. La difficolta' sta nel riuscire a reperire tutte quelle caratteristiche cliniche che permettono di fare una diagnosi precisa. Essendo una situazione di maltrattamento- sottolinea Coppo- la diagnosi e' molto importante, perche' mette in tutela il bambino e permette di aiutare la coppia di genitori che si e' fatta artefice di suddetta situazione".

"L'analisi del Dna di pazienti pediatrici raccolti in due continenti- spiega la dottoressa Marina Vivarelli, dell'unita' operativa Nefrologia e dialisi dell'Ospedale pediatrico Bambino Gesu' che ha partecipato allo studio- ha permesso di individuare alcuni fattori di predisposizione genetica di una malattia renale, la sindrome nefrosica cortico-sensibile del bambino. Di questa malattia molto eterogenea, che curiamo con il cortisone e a volte con altri farmaci che abbassano le difese immunitarie, oggi comprendiamo poco le cause".
La proteina che sconfigge l’aterosclerosi è più efficace nel latte di riso
18 Giu 2018 Scritto da Università degli studi Milano BicoccaLa proteina APOA-1Milano, conosciuta per la sua azione protettiva contro l’aterosclerosi, è più efficace se somministrata tramite via orale in un “latte di riso terapeutico”, in quanto consente di ottenere un effetto terapeutico anche a concentrazioni molto basse. Questo perché le piante di riso geneticamente modificate possono essere utilizzate come bioreattori, ovvero come sintetizzatori o produttori di farmaco nel veicolo di somministrazione, il latte di riso, sicuro e non tossico. Inoltre, l’APOA-1Milano mantiene le sue proprietà protettive e anti-infiammatorie non solo nel sistema vascolare (arterie come aorta, coronarie e carotidi), ma anche in altri distretti dell’organismo come il fegato.
A rivelarlo è lo studio “APOA-1Milano muteins, orally delivered via genetically modified rice, show anti-atherogenic and anti-inflammatory properties in vitro and in Apoe−/− atherosclerotic mice” (Doi: 10.1016/j.ijcard.2018.04.029), condotto da un gruppo di ricerca del Dipartimento di Medicina e chirurgia dell’Università di Milano-Bicocca coordinato da Roberto Giovannoni, ricercatore di Patologia generale e immunologia, e appena pubblicato sulla rivista International Journal of Cardiology. I risultati sono stati inoltre presentati ieri al XVIII International Symposium on Artheriosclerosis di Toronto.
Nonostante l’alto potenziale terapeutico dell’APOA-1Milano, nessuno dei farmaci sviluppati in passato e basati su questa proteina è mai arrivato a disposizione dei pazienti a causa della bassa efficienza dei processi di purificazione della stessa. L’azienda biotecnologica svizzera GRG Gene Technology SA ha identificato e brevettato un sistema di sintesi e somministrazione della proteina tramite piante di riso geneticamente modificate e ha incaricato l’equipe di Giovannoni di valutarne il potenziale terapeutico.
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