“Il tumore mammario è il più diffuso e frequente in tutta Italia e nel Lazio si registrano ogni anno oltre 4.600 nuovi casi per un totale di oltre 70mila donne che vivono con questa malattia – afferma Domenico Corsi, Coordinatore AIOM Lazio -. In alcune tipologie di pazienti i test genomici ci consentono di prevedere il rischio di recidiva e, quindi, di escludere la chemioterapia in aggiunta alla terapia ormonale, evitando inutili tossicità. Tutto ciò determinerebbe anche di ottenere importanti risparmi di risorse pubbliche da reinvestire sempre nell’ambito dell’assistenza oncologica. Per questo chiediamo alla Regione Lazio di seguire l’esempio virtuoso di altre istituzioni locali del nostro Paese”. “Ogni giorno, finchè il decreto non viene reso attuativo, in tutta Italia quasi 30 donne perdono la possibilità di effettuare un test genomico – prosegue Francesco Cognetti, Direttore Oncologia Medica Regina Elena di Roma e Professore di Oncologia Università La Sapienza di Roma -. Circa la metà di queste pazienti potrebbe andare incontro a una chemioterapia potenzialmente evitabile.
Risulta così evidente che non c’è più tempo da perdere e anche nella nostra Regioni i test genomici vanno rimborsati in modo che siano così effettivamente disponibili. Per assicurare un’equita’ di accesso è importante che il Decreto attuativo del Fondo assegni un codice unico nazionale ai test genomici. E’ essenziale, altresì, per ridurre la migrazione sanitaria verso quelle regioni virtuose che rendono tempestivamente il test genomico disponibile ai pazienti”. “Le pazienti individuate per questa specifica prestazione sanitaria sono quelle con carcinoma invasivo della mammella in stadio precoce considerate a rischio intermedio – aggiunge Corsi -. Sono così escluse dalla possibilità di effettuare gratuitamente l’esame tutte le donne a basso rischio, per le quali è indicata la sola ormonoterapia, e ad alto rischio per le quali è raccomandata l’associazione ormonoterapia-chemioterapia. I test genomici rappresentano un utile strumento per favorire l’appropriatezza prescrittiva e possono dare ottimi risultati soprattutto in neoplasie molto diffuse come quella della mammella. Vanno però utilizzati in modo corretto e l’esecuzione del test deve sempre essere condivisa tra il clinico oncologo e il patologo”.