I trasposoni o “jumping genes”, scoperti negli anni ‘50 da Barbara Mc Clintock, sono elementi genetici mobili, in grado di spostarsi autonomamente nel genoma e cambiare la propria localizzazione sia all’interno dello stesso cromosoma che tra cromosomi diversi. Per la loro capacità di modulare finemente e riprogrammare l’espressione di complesse reti genetiche, i trasposoni rappresentano un ottimo strumento attraverso il quale i genomi possono rispondere, in modo funzionale ai cambiamenti e agli stress ambientali. Nel corso dell'evoluzione essi hanno sicuramente avuto un ruolo importante nella creazione di modificazioni e variabilità genetica.
Affinché gli elementi trasponibili possano coevolvere con i genomi che li ospitano è tuttavia necessario che la loro mobilità sia finemente regolata poiché una troppo elevata attività di trasposizione può causare instabilità genomica e alterazione dell'espressione di numerosi geni con conseguenti effetti deleteri per l'organismo.
“Abbiamo studiato l’effetto di uno stress prolungato (2 ore al giorno, per 5 giorni) – spiega Lucia Piacentini – sui topi. È stata osservata l’attivazione dei trasposoni Line-1 nell’ippocampo, una delle strutture del cervello deputate alla percezione ed elaborazione degli eventi stressanti. Nessun cambiamento significativo nell'espressione di L1 è stato invece trovato nelle altre aree del cervello”. Questi risultati indicano che nei topi il controllo dell'espressione dei trasposoni rappresenta un meccanismo addizionale nelle risposte fisiopatologiche indotte dallo stress, dimostrando che la loro regolazione è altamente connessa al background genetico dei singoli individui oltre che a una specifica regione del cervello.
Lo studio apre prospettive interessanti per quanto riguarda il ruolo dei trasposoni nelle malattie e nell'invecchiamento nell’uomo. In particolare, la dimostrazione di una attivazione differenziale dei trasposoni tra tipi di cellule di tessuti diversi può aiutarci a capire perché alcuni tipi di stress aumentano il rischio di malattia in alcuni tessuti e non in altri come per esempio il disturbo da stress post-traumatico o la cardiopatia ischemica.