I risultati del follow-up a lungo termine di uno studio italiano del Gruppo GIMEMA coordinato da Robin Foà, della Sapienza Università di Roma, confermano l’efficacia, a oltre quattro anni dalla diagnosi, di una terapia di prima linea basata sull’uso combinato di due farmaci che agiscono in modo mirato sul tumore senza il ricorso a chemioterapia e trapianto. I risultati sono stati pubblicati sul Journal of Clinical Oncology.


La leucemia acuta linfoblastica Philadelphia positiva (LAL Ph+) rappresenta il sottogruppo più frequente di questo tipo di tumore del sangue negli adulti, la cui incidenza aumenta progressivamente con l’età. Sopra i 50 anni può infatti interessare un caso su due. Nel passato era considerata la neoplasia ematologica con il decorso più infausto, in quanto poco rispondente alla chemioterapia. L’unica strategia potenzialmente curativa era legata alla possibilità di effettuare un trapianto allogenico di cellule staminali ematopoietiche, una procedura raramente percorribile per la scarsa sensibilità alla chemioterapia e per l’età avanzata di molti pazienti.

Uno studio internazionale, che in Italia ha visto capofila il Policlinico Tor Vergata in collaborazione con la Fondazione Santa Lucia IRCCS di Roma, ha dimostrato l’efficacia di uno specifico ceppo del batterio Lactobacillus reuteri, probiotico normalmente presente nel microbiota intestinale, per ridurre i sintomi psicosociali delle sindromi dello spettro autistico.

L’intestino è stato definito “il secondo cervello” e al suo interno si celano possibili nuove terapie per risolvere disturbi neurologici e psichiatrici. In particolare il microbiota intestinale, ossia l’insieme di batteri, funghi, virus e altri organismi che aiutano ad assimilare cibi complessi e forniscono una barriera fondamentale per proteggerci dalle infezioni.

Il Disturbo dello Spettro Autistico, che in Italia ha un’incidenza di 1 bambino su 77 tra i 7 e i 9 anni, è tra le condizioni sulle quali la ricerca si è maggiormente concentrata per comprendere la relazione tra l’asse intestino cervello e i sintomi peculiari dell’autismo. Questi studi hanno evidenziato un’aumentata incidenza di disturbi gastrointestinali e di profili di microbiota differenti nei bambini con autismo rispetto a bambini neurotipici.



PRIMO STUDIO IN EUROPA AUTORIZZATO EMA
Trial clinico: la Terapia intensiva neonatale dell’Azienda Ospedale-Università di Padova
coordina neonatologie italiane e straniere


In Italia nascono ogni anno oltre 30.000 neonati prematuri (il 7% dei nati), cioè bambini che vengono al mondo prima della 37a settimana di età gestazionale. Fra questi neonati prematuri, quelli che pesano meno di 1500 grammi sviluppano, nel 45% dei casi, una malattia polmonare cronica chiamata displasia broncopolmonare che richiede prolungata ossigenoterapia per settimane o mesi con conseguenze che possono persistere fino all’età adulta. Al momento non sono disponibili cure efficaci e sicure per questa malattia.


In luglio 2023 l’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) ha approvato la prima sperimentazione clinica basata sull’uso terapeutico delle vescicole extracellulari, un prodotto naturale isolato da cellule del cordone ombelicale per la prevenzione della displasia broncopolmonare, la malattia polmonare cronica dei lattanti nati prematuri. La sperimentazione è stata poi approvata dal Comitato Etico Nazionale e da AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco). Presentata oggi a Padova, alla presenza, tra gli altri, di Giuseppe Dal Ben, Direttore Generale Azienda Ospedale, e Daniela Mapelli, rettrice Università di Padova, questa ricerca translazionale “made in Padova” è il risultato di un progetto che nasce dalla sinergia fra Università di Padova, Azienda Ospedale e Istituto di Ricerca Pediatrica Città della Speranza.


Una ricerca internazionale che ha coinvolto l’Università Statale di Milano e l’IRCCS Istituto Auxologico Italiano identifica una nuova causa predisponente alla formazione di aneurismi
dell’aorta toracica: un deficit di specifiche selenoproteine, provocato da un difetto ereditario, che porta dell’accumulo di stress ossidativo. Lo studio fornisce inoltre dati preliminari a supporto dell’efficacia di trattamenti preventivi a base di antiossidanti.
Pubblicato su Nature Communications uno studio internazionale che ha coinvolto l’Università Statale di Milano e l’IRCCS Istituto Auxologico Italiano e che ha identificato una nuova causa predisponente alla formazione di pericolosi aneurismi dell’aorta toracica, come conseguenza dell’accumulo di stress ossidativo provocato da un difetto ereditario che comporta il deficit di specifiche selenoproteine (SeP). La ricerca si è avvalsa di dati raccolti in soggetti umani e in modelli murini e di zebrafish.



La sequenza cromosomica pks+, presente nel batterio Escherichia Coli (E.Coli), sembrerebbe contribuire allo sviluppo del tumore al colon. In particolare, vi sarebbe un legame tra le mutazioni associate alla sua presenza e le alterazioni in alcuni geni distintivi di questa tipologia di tumore. Questa scoperta potrebbe fornire opportunità innovative per strategie preventive e terapie personalizzate, specialmente considerando l'incremento dei tumori del colon, soprattutto tra i giovani adulti.

Questo è il risultato dello studio dal titolo “Contribution of pks+ E.coli mutations to colorectal carcinogenesis”, appena pubblicato sulla rivista Nature Communications, realizzato grazie alla collaborazione tra l’Istituto di Ricerca sul Cancro (Londra), Human Technopole e Università degli studi di Milano-Bicocca. Il team di ricerca è stato condotto da Bingjie Chen (Londra), Daniele Ramazzotti (Milano-Bicocca), Trevor A. Graham (Londra) e Andrea Sottoriva (Human Technopole).

Una ricerca internazionale coordinata dall’Istituto di genetica e biofisica “A. Buzzati-Traverso” del Cnr e pubblicata sulla rivista Developmental Cell ha individuato in una piccola proteina la chiave che porta le cellule staminali adulte presenti nelle fibre muscolari a differenziarsi così da rigenerare il tessuto danneggiato o ad autorinnovarsi. Lo studio, condotto in collaborazione con l’Istituto Sanford Burnham di La Jolla (California), l’Università degli Studi di Napoli Federico II e l’IRCCS Fondazione Santa Lucia di Roma, fornisce un importante contributo alla comprensione dei processi di rigenerazione dei muscoli

 Una ricerca internazionale coordinata dall’Istituto di genetica e biofisica “A. Buzzati-Traverso” del Consiglio nazionale delle ricerche di Napoli, condotta in collaborazione con l’Istituto Sanford Burnham di La Jolla (California), l’Università degli Studi di Napoli Federico II e l’IRCCS Fondazione Santa Lucia di Roma, ha individuato in una piccola proteina la chiave che guida le cellule staminali adulte, presenti nelle fibre muscolari, a differenziarsi, rigenerando così il tessuto muscolare danneggiato o ad autorinnovarsi, mantenendo una riserva pronta per futuri cicli rigenerativi.


Uno studio in modelli pre-clinici dell’Università Statale di Milano, IEO – Istituto Europeo di Oncologia e Human Technopole, ha scoperto che in una particolare forma di autismo l’inibizione farmacologica dell’attività del gene GTF2I, codificante per una proteina con funzione regolatoria su molti altri geni e con impatto sullo sviluppo neuronale, ne fa regredire i sintomi principali. I risultati, ottenuti a partire da organoidi cerebrali, sono stati pubblicati su Science Advances.
Grazie a uno studio realizzato su organoidi cerebrali e ora in fase pre-clinica, un team interdisciplinare di scienziati dell’Università Statale di Milano, di IEO – Istituto Europeo di Oncologia e di Human Technopole ha scoperto che l’inibizione farmacologica di uno specifico gene (GTF2I) fa regredire i sintomi principali dell’autismo in modelli pre-clinici della sindrome 7Dup, una rara condizione genetica del neurosviluppo che fa parte dei disordini dello spettro autistico.


Uno studio internazionale, coordinato dal Dipartimento di Chirurgia generale e specialistica della Sapienza di Roma ha raccolto i dati di circa 4000 pazienti provenienti da Nord America, Europa e Asia per sviluppare un calcolatore in grado di predire il rischio di recidiva di epatocarcinoma. Il sistema, disponibile su una pagina online completamente gratuita, consentirà una migliore gestione e cura dei pazienti.


Il tumore al fegato o epatocarcinoma rappresenta una delle indicazioni più comuni al trapianto: in Italia, più della metà degli oltre 1.500 trapianti di fegato effettuati ogni anno ha come causa principale l’epatocarcinoma. In questo contesto è di fondamentale importanza prevedere la possibilità che il tumore possa ripresentarsi, evitando da una parte di sottoporre a questo intervento pazienti ad alto rischio e dall’altra migliorando la cura e la gestione dei pazienti trapiantati.


Il trapianto di cellule staminali cerebrali in pazienti affetti da Sclerosi Multipla Secondaria Progressiva è sicuro, molto ben tollerato e con possibili effetti duraturi e protettivi da ulteriori danni al cervello dei pazienti.

È questo quanto emerge dallo studio coordinato dall’Ospedale IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza (CSS) di San Giovanni Rotondo e ideato dal Prof. Angelo Vescovi dell’Università di Milano - Bicocca, Direttore Scientifico dello stesso IRCCS, in collaborazione con il Prof. Stefano Pluchino dell’Università di Cambridge (UK).

I risultati di questa sperimentazione clinica di fase 1, pubblicati sull’autorevole rivista Cell Stem Cell – che gli dedica l’onore della copertina-aprono finalmente la via agli studi clinici di fase 2 in questa devastante malattia.


Dallo studio dell’Università di Padova pubblicato su «Science Advances» si evince che il cervello del neonato sembra essere strutturato per ricordare e rispondere in modo diverso alla
lingua che ha ascoltato già prima della nascita. Questa risposta “forte” indica una sorta di "privilegio" linguistico che modella le prime fasi dell'apprendimento del linguaggio.


Sappiamo per esperienza che è molto più facile imparare una lingua da bambini che da adulti e lo studio delle cosiddette “finestre di opportunità” dimostra che i primi mesi e anni di sviluppo sono fondamentali per l’acquisizione del linguaggio. Imparare una seconda lingua da adulti è molto più difficile, inoltre l’acquisizione del linguaggio inizia già durante il periodo di gravidanza durante il quale il feto può sentire il suono che si propaga - benché distorto - all’ interno del grembo materno. I bambini, quindi, hanno già avuto una certa esposizione alla lingua parlata dalla loro mamma anche prima di nascere.
Nello studio dal titolo “Prenatal experience with language shapes the brain” pubblicato su «Science Advances» i ricercatori hanno indagato quanto il cervello dei neonati sia influenzato da questa precedente esposizione al linguaggio.

 

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