COVID-19 e Diabete: ad aumentare il rischio di contrarre l’infezione da SARS-CoV-2, non un singolo fattore, ma la contemporanea presenza di più fattori di rischio cardio-metabolici
Due nuovi studi, frutto della collaborazione tra i poli assistenziali della Sapienza, Policlinico Umberto I, Sant’Andrea e Santa Maria Goretti di Latina, hanno fatto luce sulla popolazione diabetica affetta da Covid-19, identificando una pluralità di fattori di rischio il cui comune denominatore è l’insulino-resistenza. I risultati dei lavori sono stati pubblicati sulle riviste Diabetes Research and Clinical Practice e Cardiovascular Diabetology.
Due studi interdisciplinari, portati a termine grazie a una stretta collaborazione tra i reparti di diabetologia, di malattie infettive e di terapia intensiva dei tre poli assistenziali della Sapienza, Policlinico Umberto I, Sant’Andrea e Santa Maria Goretti di Latina, hanno fatto luce sulle caratteristiche della popolazione diabetica affetta da COVID-19.
I lavori, coordinati da Raffaella Buzzetti, Claudio Maria Mastroianni e Francesco Pugliese, hanno identificato i principali fattori che, nelle persone affette da diabete mellito, sono maggiormente associati a una prognosi peggiore di infezione da SARS-CoV-2, ovvero la plurimorbidità cardio-metabolica, la bronco-pneumopatia cronica ostruttiva e l’insufficienza renale cronica, il cui comune denominatore è l’insulino-resistenza.
Nuove potenzialità della "materia attiva"
Formazione di un canale soffice in cui il fluido passivo scorre fra due strati di materiale attivo
Uno studio dell'Istituto per le applicazioni del calcolo del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Iac), le Università di Bari ed Edimburgo, e l'Istituto italiano di tecnologia, ha osservato le proprietà morfologiche e viscose di una emulsione, contenente due fluidi di cui uno attivo (autopropulso), sotto l'azione di un flusso con profilo lineare. Lo studio mostra che, in opportune condizioni, il flusso imposto e l'attività del fluido favoriscono la formazione di un canale soffice in cui il fluido passivo scorre fra due strati di materiale attivo. I risultati, pubblicati sulla rivista Scientific Reports, aprono la strada a studi sperimentali di emulsioni attive con nuove proprietà meccaniche dalle notevoli possibilità applicative.
Programmare la luce
Su Nature uno studio del Politecnico di Milano.
I circuiti ottici “programmabili” sono oggi la nuova frontiera della fotonica integrata e le loro potenzialità sono state pubblicate dalla prestigiosa rivista Nature in uno studio del Politecnico di Milano insieme all’Università di Stanford, al Max Planck Institute, al Massachusetts Institute of Technology, all’università di Ghent e all’Università Politecnica di Valencia. La fotonica sta avendo una diffusione pervasiva in moltissimi contesti applicativi ed è ormai necessario avere circuiti ottici “general purpose” programmabili direttamente dall’utilizzatore finale. Questi circuiti rappresentano la versione ottica delle ben note
FPGA (field programmable gate array) elettroniche, che si contrappongono ai circuiti specifici realizzati per svolgere una sola funzione. Questa versatilità permette di avere un unico prodotto per tante applicazioni diverse, quindi tempi di ricerca e sviluppo ridotti, sensibile riduzione dei costi e maggiore accessibilità a queste tecnologie.
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