Lunedì, 27 Novembre 2017

Allo IEO vaccinate con il nuovo farmaco già 100 persone. I tumori da HPV potrebbero scomparire nelle generazioni future. 

L’Istituto Europeo di Oncologia è fra i primi centri in Italia ad utilizzare il nuovo vaccino anti-HPV (Human Papilloma Virus), in grado di prevenire i tumori causati da nove tipi di questo insidioso virus. Rispetto ai vaccini precedenti, attivi contro al massimo quattro ceppi virali, quello di ultima generazione in uso allo IEO è più efficace contro il tumore al collo dell’utero (la forma tumorale per cui il vaccino è nato e si è diffuso nel mondo) ed estende la protezione ad altre forme di cancro HPV- correlate, come il cancro dell’ano, della vulva e della vagina, per i quali non esiste altro strumento né di prevenzione né di diagnosi precoce. «Con il nuovo vaccino nonavalente - commenta Eleonora Preti, dell’Unità di Ginecologia preventiva IEO – raggiungiamo una copertura vaccinale per il tumore della cervice fino al 90%, rispetto al 70% di quello precedente. Sin dall’introduzione del primo vaccino anti-HPV, IEO è stato un promotore delle campagne vaccinali e oggi siamo felici di poter proporre alle nostre donne il miglior vaccino reso finora disponibile dalla ricerca internazionale. E anche alle loro figlie e i loro figli adolescenti». La vaccinazione anti-HPV, già prevista per le ragazze dodicenni, è stata infatti estesa ai maschi della stessa età dal nuovo Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale 2017-2019, incluso nei Livelli Essenziali di Assistenza (Lea), con l’obiettivo di ottenere il massimo dell’immunizzazione contro le malattie correlate all’ HPV. 

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Condizioni climatiche avverse, un’economia globale lenta e i conflitti sono i fattori chiave che producono insicurezza alimentare nella regione

 

Nell'Africa sub-sahariana, la maggioranza della popolazione malnutrita nel 2016 viveva in paesi colpiti da conflitti.  E' aumentato in Africa Sub-sahariana il numero di persone sottonutrite, soprattutto a causa dell'impatto dei conflitti e del cambiamento climatico. La situazione indica un'urgente necessità di costruire la capacità di ripresa delle comunità colpite e di trovare soluzioni pacifiche che rafforzino la sicurezza alimentare, ha dichiarato oggi la FAO. Secondo il rapporto della FAO Africa Regional Overview of Food Security and Nutrition (2017),  la prevalenza della malnutrizione cronica è aumentata, passando tra il l 2015 e il 2016 dal 20,8% al 22,7%. "Il numero delle persone sottonutrite è aumentato, passando da 200 a 224 milioni, pari al 25% del totale degli 815 milioni di persone sottonutrite al mondo nel 2016", ha dichiarato Bukar Tijani, Direttore Generale Aggiunto della FAO e Rappresentante Regionale per l'Africa.
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Uno studio dell’Istituto di neuroscienze del Cnr e dell’ospedale Humanitas di Milano, pubblicato su Biological Psychiatry, rivela che il sistema immunitario materno, se attivato da infezioni nelle prime fasi della gestazione, può alterare lo sviluppo del cervello del nascituro, rendendolo più suscettibile all’epilessia. Definiti i meccanismi e identificata una possibile strategia preventiva

 

L’Istituto di neuroscienze del Consiglio nazionale delle ricerche (In-Cnr) e l’ospedale Humanitas di Milano gettano nuova luce su alcuni meccanismi molecolari responsabili di difetti dello sviluppo del cervello del nascituro, in conseguenza di un’attivazione del sistema immunitario materno. Il lavoro è stato pubblicato su Biological Psychiatry. “È nota ormai da tempo l’associazione tra le infezioni materne durante la gravidanza e difetti del neurosviluppo del nascituro, ma i meccanismi molecolari che sono alla base di questo processo non sono ancora chiari. Nel nostro studio effettuato su modelli murini, utilizzando un agente (PolyI:C) che mima un’infezione virale, abbiamo dimostrato che una singola attivazione del sistema immunitario materno, nelle prime fasi della gravidanza, rende la prole più suscettibile all’insorgenza di crisi epilettiche”, spiega Michela Matteoli, direttore del In-Cnr e Responsabile del Neuro Center di Humanitas.

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Ricercatori dell’Istituto di bioimmagini e fisiologia molecolare del Cnr hanno partecipato a una competizione internazionale per definire i limiti della mappatura delle reti neuronali tramite il neuroimaging. Lo studio è pubblicato su Nature Communications

 

La più grande comunità internazionale di imaging radiologico (Ismrm, International society for magnetic resonance in medicine) ha indetto una delle più imponenti competizioni internazionali (The Tractometer Challenge: http://www.tractometer.org/ismrm_2015_challenge/) allo scopo di valutare lo stato dell’arte dei metodi avanzati di mappatura completa dei ‘fili’ che collegano il cervello umano. A questo progetto ha partecipato l’Istituto di bioimmagini e fisiologia molecolare del Consiglio nazionale delle ricerche (Ibfm-Cnr) di Catanzaro, come unica realtà italiana, insieme ad altri 20 centri di neuroscienze tra i più avanzati al mondo che hanno ‘gareggiato’ tra loro. Lo studio è pubblicato sulla rivista Nature Communications. “Ricostruire il connettoma del cervello è come ricostruire la rete metropolitana di una megalopoli partendo dal nome delle stazioni, con il rischio di mettere in connessione stazioni che non fanno parte della stessa linea”, spiega Alessia Sarica, assegnista di ricerca dell’Ibfm-Cnr. “Per mettere alla prova i software di neuroimaging è stato creato un cervello sintetico, le cui connessioni erano sconosciute ai partecipanti. Ai concorrenti veniva dato un cervello ‘sintetico’ ricostruito manualmente da esperti tenendo presente dati post-mortem, quindi senza possibilità di errore. I partecipanti alla competizione erano invitati a provare i loro metodi di ricostruzione su queste immagini modificate ad hoc. La deviazione dal modello o il numero di fasci in più o meno determinava i parametri di performance della singola unità di ricerca: accuratezza nella ricostruzione e percentuali di errori”.

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Postmenopausal hormone therapy is not associated with increased risk of stroke, provided that it is started early, according to a report from Karolinska Institutet in Sweden published in the journal PLOS Medicine. Roughly three in ten women in the menopause transition are afflicted by symptoms that seriously affect their wellbeing, such as hot flushes, dry mucosa and insomnia. However, although the symptoms can be treated effectively with female sex hormones, prescriptions have been low over the past 15 years as researchers have demonstrated a link between such therapy and an increased risk of certain diseases, including stroke. There is still, however, a need for more research on the issue, as the risk can be influenced by the time of the treatment and other factors, reasons Karin Leander, researcher at Karolinska Institutet’s Institute of Environmental Medicine.

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Lunedì, 27 Novembre 2017 07:53

When magma prevents volcanic eruptions

 

 

Following a large caldera-forming eruption some magma remains in the magma reservoir.This magma cools, its viscosity increases, and when new magma is injected, the magma left over after the caldera-forming eruption stops the fresh magma from propagating to the surface and promotes caldera resurgence.

 

Calderas are huge topographic depressions formed by large volcanic eruptions. They sometimes experience an inflation of their floor of up to a kilometre, caused by magma injection. This process, dubbed «caldera resurgence», remains one of the least understood in volcanology. Researchers from the University of RomaTre and the University of Geneva show that non-erupted magma left after the caldera-forming eruption behaves as a “rubber sheet” that inhibits the rise of the newly injected magma. A spectacular proof of our planet’s activity, calderas are huge topographic depressions, similar to flat-bottomed craters, with a diameter of several tens of kilometres. They are formed by large volcanic eruptions, and sometimes experience an inflation of their floor of up to a kilometre, caused by magma injection. This well-known process, dubbed «caldera resurgence», has been observed several times and yet remains one of the least understood in volcanology. The enigmatic question was: Why after an eruption the arrival of new magma does not produce another major eruption but resurgence? A team of researchers from the University of Roma Tre, Italy, and the University of Geneva (UNIGE), Switzerland, shows that the non-erupted magma left after the caldera-forming eruption behaves as a “rubber sheet” that inhibits the rise to the surface of the newly injected magma. A research published in Nature Communications.

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