Su "Nature Communications» studio coordinato dalle Università di Padova e di Firenze" ha identificato per la prima volta la correlazione tra il DNA dei microorganismi presenti nell’uomo e stile di vita nelle popolazioni antiche.


Ripercorrere l’evoluzione dello stile di vita dei nostri antenati vissuti nel Sud Italia tra 31.000 e 2.200 a.C attraverso lo studio dei microorganismi presenti all’interno della bocca dell’uomo (microbiota orale), da cui è stato estratto il DNA antico. È il risultato ottenuto dallo studio coordinato dall’Università di Padova, grazie al sostegno del programma STARS, e dall’Università di Firenze, che è stato pubblicato sulla rivista «Nature Communications» in un articolo dal titolo Ancient oral microbiomes support gradual Neolithic dietary shifts towards agriculture.


Indagato da un gruppo internazionale di ricercatori dell’IFOM e dell’Università degli Studi di Milano il ruolo dell’enzima Polimerasi Theta nella farmacoresistenza è stato studiato. Per la particolare funzione di questa molecola i ricercatori hanno coniato il nome di “enzima-filler”, o enzima riempitore. Esso ha infatti la capacità di colmare le lesioni che le terapie hanno provocato al DNA delle cellule tumorali, con la conseguenza di rafforzare tali cellule. I ricercatori hanno altresì individuato un approccio terapeutico potenzialmente efficace per impedire l’azione-filler della Polimerasi Theta e prevenire così l’insorgenza della recidiva. Tale approccio potrebbe essere un’alternativa alle classiche radio- e chemioterapie. I risultati dello studio, sostenuto da Fondazione AIRC e dalla Fondazione Regionale Ricerca Biomedica, sono stati pubblicati oggi sulla rivista Molecular Cell.

 

 Un’analisi sierologica, sviluppata dall’Istituto di biochimica e biologia cellulare del Cnr e dall’Inmi Lazzaro Spallanzani, rende possibile identificare gli anticorpi neutralizzanti del virus SARS-CoV2 in ambienti di prelievo a bassi livelli di biosicurezza. La tecnologia, descritta su Frontiers in Immunology, potrà essere utilizzata anche nello sviluppo di molecole in grado di inibire l’infezione virale

Un gruppo di ricercatori dell’Istituto di biochimica e biologia cellulare (Ibbc) del Consiglio nazionale delle ricerche di Napoli, in collaborazione con l’Istituto nazionale per le malattie infettive (Inmi) Lazzaro Spallanzani, ha messo a punto un test per determinare il livello di anticorpi neutralizzanti anti-SARS-CoV-2 nel sangue umano di individui vaccinati o infettati: identificare il livello di tali anticorpi -denominati nAbs- in grado di bloccare lo sviluppo del virus è, infatti, un importante indice predittivo per ciò che concerne la risposta immunitaria in pazienti affetti da Covid-19 e in persone vaccinate.


Uno studio della Statale di Milano ha stabilito la correlazione tra la proteina PCSK9, responsabile della regolazione del colesterolo LDL, con la riduzione dell’età gestazionale e l’aumento del rischio di ricorso al cesareo. La pubblicazione su Environment International ha ricevuto anche il riconoscimento Prix Galien Italian 2022.
L’esposizione alle polveri sottili durante la gravidanza si associa a un aumento dei livelli circolanti di PCSK9, una proteina responsabile della regolazione del colesterolo “cattivo” LDL, determinando una riduzione dell’età gestazionale alla nascita e un aumento del rischio di ricorso al parto cesareo.

 

Uno studio congiunto tra ricercatori dell’Istituto di neuroscienze del Consiglio nazionale delle ricerche e dell’Università di Firenze, pubblicato su Nature Communications, rivela che, nella visione periferica dell’occhio, i neuroni della corteccia cerebrale elaborano la visione seguendo delle regole di elaborazione dell’informazione proprie del funzionamento di un computer

 Ricercatori dell’Istituto di neuroscienze del Consiglio nazionale delle ricerche di Pisa (Cnr-In), in collaborazione con colleghi dell’Università di Firenze, hanno scoperto un nuovo meccanismo che agisce sulle immagini periferiche.

Nel linguaggio comune, l’espressione “guardare con la coda dell’occhio” si riferisce a qualcosa che viene osservato senza guardarlo direttamente: vuol dire guardare di sfuggita, guardare senza farsi vedere. I ricercatori chiamano questo modo di guardare “visione periferica”, ed è noto che essa non garantisce la stessa affidabilità e risoluzione della visione centrale. Per rendersene conto, basta fermare lo sguardo su una parola di un testo scritto: quella su cui si sono posati gli occhi si legge bene, tuttavia le parole adiacenti sono poco distinguibili. La spiegazione di questo fenomeno risiede nel fatto che i recettori retinici non sono distribuiti omogeneamente: essi sono più abbondanti nella zona della retina che intercetta le immagini centrali, mentre sono più radi per le immagini periferiche.

 

I risultati pubblicati sul Journal of Experimental & Clinical Cancer Research, di una ricerca condotta all’Istituto di genetica e biofisica “Adriano Buzzati Traverso” del Consiglio nazionale delle ricerche di Napoli, mostrano che una nuova popolazione di cellule staminali tumorali è coinvolta nella formazione delle metastasi epatiche. Lo studio è stato sostenuto dalla Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro e dalla Fondazione italiana per la ricerca sulle malattie del pancreas (FIMP)

Il cancro al pancreas (PC) è una malattia ancora difficile da curare e nella maggior parte dei casi la morte dei pazienti è dovuta alla formazione di metastasi. La diagnosi è spesso tardiva, poiché il tumore non dà sintomi, e in molti pazienti tale tumore resiste alle chemioterapie, verosimilmente anche a causa di una sottopopolazione cellulare tumorale con caratteristiche di staminalità: queste cellule sono in grado di rigenerare il tumore stesso e di adattarsi a modificazioni dell’ambiente circostante, come la presenza di farmaci o la scarsità di risorse vitali. L’individuazione di nuovi biomarcatori e l’utilizzo di trattamenti più efficaci e specifici sono dunque una priorità per il trattamento più efficace di questa malattia.

 

Iper proteico è sinonimo di salute e benessere? Medici, nutrizionisti ed esperti fanno chiarezza e mettono in guardia: "Attenzione ai soggetti inclini a certe patologie"



I dati di un fenomeno sempre più in crescita: gli italiani mangiano troppa poca frutta e verdura rispetto alle porzioni consigliate per un'alimentazione bilanciata. Il falso mito del low-carb per perdere peso in poco tempo.

Budini e dessert, barrette e preparati in polvere. Spesso in confezioni accattivanti e tutti con un unico comune denominatore: un alto contenuto proteico. L'industria alimentare sta cavalcando ormai da qualche anno un nuovo trend, quello dei prodotti ad alto contenuto proteico. Un vero boom per industria e consumatori, a contrappeso di un'alimentazione low-carb indirizzata soprattutto a target sportivi, salutisti o più in generale interessati a una perdita di peso. Ma l'uso o l'abuso di una dieta iper proteica può avere risvolti spiacevoli per la salute, a volte anche gravi.


LOW CARB E PERDITA DI PESO 

Complici anche alcune diete di particolare tendenza (come ad esempio la dieta iperproteica o la dieta chetogenica), a un ridotto consumo di carboidrati viene spesso associata una rapida e significativa perdita di peso. Ma limitare l'apporto di certi nutrienti prediligendone altri in misura eccessiva, può portare scompensi in
termini di fabbisogno giornaliero e quindi, a lungo termine, anche a gravi danni alla salute nonché lo sviluppo e acutizzazione di importanti patologie.
Ma al di là di mode e tendenze, un'alimentazione ad alto contenuto proteico è davvero sinonimo di benessere e salute? Medicina e scienza mettono da sempre in guardia sulle diete fai-da-te, invitando a rivolgersi ad esperti professionisti come dietisti e nutrizionisti. Questo grande exploit di alimenti iper proteici può rivelarsi infatti non solo un trend illusorio per il dimagrimento e la perdita di peso, ma soprattutto un potenziale serio pericolo per la salute.


I DATI DI QUESTO FENOMENO 

A incoraggiare la tendenza delle diete low-carb, è soprattutto il legame spesso associato tra un elevato apporto proteico e l'aumento di massa e forza muscolare, a discapito della massa grassa e quindi a favore della perdita di peso. "Dieta proteica = dieta sana" è diventato quindi un assioma che convince sempre di più e in modo sempre più diffuso i consumatori all'acquisto di prodotti high pro, facendo
implementare così anche il mercato di settore, aumentato negli ultimi anni in modo impressionante.
I dati della sorveglianza di popolazione PASSI relativi al biennio 2020-2021 fotografano un'inclinazione dei consumatori italiani sempre meno aderente alla così detta "dieta mediterranea": in particolare, soprattutto le fasce anagraficamente più giovani tendono a sottostimare carboidrati e zuccheri raffinati, prediligendo proteine, sia animali che vegetali. E ancora, sulle tavole degli italiani c'è troppa poca frutta e verdura, molta carne e molti salumi.
Il rapporto evidenzia poi un aumento di prodotti ricchi in proteine del tipo formaggi, affettati, hamburger e uova, ma anche albume liquido in brik, fiocchi di latte e yogurt greco.
E anche qui, consumi in aumento per prodotti stranieri e più o meno esotici, come ad esempio lo yogurt colato islandese, il latte fermentato svedese, lo skyr islandese o il kefir orientale(*).


IL PARERE DELL'ESPERTO 

"Uno dei vantaggi della dieta iperproteica è che consente di non perdere massa muscolare durante un periodo di perdita di peso - spiega il Dott. Giulio Gaudio, nutrizionista ed esperto dietista - Il beneficio maggiore dato da una dieta iperproteica è infatti proprio il senso di sazietà, che consente a chi si trova in un regime di dieta una maggiore aderenza al nuovo piano alimentare, grazie all'elevato potere saziante che diversi studi scientifici riscontrano e confermano nelle proteine". "Chi si sottopone a iperproteiche, in genere, riscontra una perdita di peso più veloce e più efficace ma a lungo termine, consumare una elevata quantità di proteine non è sempre garanzia di perdita di peso e anzi, può portare allo sviluppo di disturbi e gravi patologie - continua il Dott. Gaudio - Le proteine, infatti, apportano le stesse calorie dei carboidrati, per cui un loro consumo eccessivo (se non si segue una dieta bilanciata negli altri nutrienti) puo' addirittura portare ad ingrassare. Bisogna poi fare attenzione alle conseguenze che comporta sullo stato di idratazione: quando le proteine sono in eccesso, devono essere "demolite" e il prodotto di scarto che si genera viene eliminato attraverso l'urina. Se si eccede quindi con il consumo di proteine e non si beve abbastanza acqua, si potrebbe incorrere in un forte stato di disidratazione".


I RISCHI PER LA SALUTE 

E' chiaro quindi come a certi soggetti come ad esempio persone che soffrono già cronicamente di insufficienza renale, "sia fortemente sconsigliata una dieta iperproteica, per non andare così a compromettere o a sovraffaticare una funzionalità renale già critica" continua l'esperto. E non è tutto, una dieta chetogenica o più in generale iper proteica è fortemente sconsigliata anche per soggetti affetti da insufficienza epatica, renale e cardiaca. Ai pazienti con diabete di tipo 1, alle donne in gravidanza e allattamento e a tutti i soggetti con particolare disturbi psichici o del comportamento o che abusano di alcol e altre sostanze.

(*) "Dieta iper proteica e dieta ipoglucidica" / Ministero della Salute 2021 


Pubblicato sulla rivista «Scientific Reports» lo studio Reduced motor planning underlying minhibition of prepotent responses in children with ADHD, coordinato da Teresa Farroni dell’Università di Padova e Gustavo Marfia dell’Università di Bologna, che fa luce sulle difficoltà dei bambini con disturbo da deficit di attenzione e/o iperattività (ADHD) di inibire azioni automatiche.
Immaginiamo un gruppo di bambini a scuola al momento del pranzo in mensa: i piatti arrivano un po’ alla volta ma gli insegnanti li invitano a iniziare a mangiare quando tutti hanno ricevuto il cibo.
La capacità dei bambini di inibire azioni automatiche permette loro di regolare flessibilmente il proprio comportamento a seconda degli eventi dinamici dell’ambiente esterno. Questa abilità richiede che i bambini, implicitamente, controllino i propri movimenti, in una stretta relazione mente-corpo.

 

È uno dei primi interventi di tale complessità eseguiti in Italia in una struttura privata, il Paideia International Hospital di Roma. A guidare l'équipe il dottor Christian Brogna, esperto internazionale di chirurgia dei tumori complessi e "awake surgery"

 Straordinario intervento chirurgico, al Paideia International Hospital di Roma, dove un paziente ha subito una operazione al cervello da sveglio mentre suonava il sassofono, da mancino, complicando ulteriormente una sfida già davvero eccezionale. L'équipe guidata dal dottor Christian Brogna, neurochirurgo Paideia International Hospital, esperto internazionale di chirurgia dei tumori complessi e "awake surgey", ha rimosso completamente il tumore cerebrale senza compromettere le funzioni neurologiche del paziente. Si tratta di uno dei primi interventi di tale complessità eseguiti in una struttura privata. G.Z, 35 anni, straniero ma romano d'adozione, appassionato di musica, sta bene e parla dell'intervento raccontando la tranquillità provata in quelle ore.


I ricercatori e le ricercatrici dell’Università degli Studi di Milano e dell’Istituto Italiano di Tecnologia- IIT hanno dimostrato per la prima volta che la causa dell’essere egoisti o altruisti
dipende da una commistione tra fattori sociali e comportamentali, insieme a meccanismi cerebrali che interessano una specifica area del cervello, l’amigdala. La pubblicazione su Nature Neuroscience.

Un team di ricercatori e ricercatrici dell’Istituto Italiano di Tecnologia – IIT e dell’Università Statale di Milano hanno scoperto le cause che regolano lo sviluppo di atteggiamenti di altruismo e di egoismo nel mondo animale.


Lo studio, pubblicato sulla rivista Nature Neuroscience, porta alla luce il ruolo dei fattori comportamentali e socio-ambientali uniti a specifici fattori cerebrali. In particolare, il gruppo del Dr. Diego Scheggia, coordinato dalla professoressa Monica Di Luca e dal professor Fabrizio Gardoni, e il laboratorio Genetics of Cognition di IIT coordinato da Francesco Papaleo hanno dimostrato per la prima volta il coinvolgimento delle connessioni fra l’amigdala baso laterale e la corteccia prefrontale del cervello. L’attivazione fisiologica o meno di questi collegamenti, infatti, influenza il manifestarsi di comportamenti
egoistici o altruistici e questo potrebbe spiegare la variabilità degli atteggiamenti tra diversi soggetti. Lo studio ha evidenziato infatti che nei soggetti più altruistici, i neuroni dell’amigdala, già noto come il nostro centro emotivo, si attivano maggiormente rispetto a quelli dei soggetti egoisti.

 

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