Ambiente

Ambiente (558)


Sulla Terra oltre 820 milioni di persone soffrono la fame, dopo decenni di miglioramento, dal 2015 il trend positivo si è invertito e la fame ha ricominciato a crescere; contemporaneamente circa 2 miliardi di persone sono considerate sovrappeso o obese. Ma i sistemi alimentari globali hanno un altro paradosso, lo spreco e perdita di cibo che se ridotti potrebbero compensare i bisogni alimentari anche in futuro.

La FAO stima che la produzione alimentare necessaria al 2050 richiederebbe un aumento nella produzione agricola del 60-70%, considerati l’incremento previsto della popolazione umana (che dovrebbe raggiungere per quell’anno quasi 10 miliardi di persone) e i cambiamenti attesi nella dieta e nei livelli di consumo associati all’incremento dell’urbanizzazione. Circa 1/3 del cibo prodotto per il consumo umano (circa 1,3 miliardi di tonnellate) viene perduto o sprecato ogni anno. Basti pensare che il 14% della produzione alimentare mondiale va persa o sprecata tra le fasi della filiera comprese tra il raccolto e la vendita al dettaglio, con perdite per 400 miliardi di dollari, e che ogni anno più della metà della frutta e degli ortaggi prodotti a livello globale vengono persi o sprecati. Quello della perdita e spreco di cibo è uno dei temi su cui il WWF vuole concentrarsi, nell’ambito della sua Food Week che si concluderà venerdì 16 ottobre nella Giornata Mondiale dell’Alimentazione. Come in questi giorni il WWF sta comunicando nella sua iniziativa, sappiamo che l’attuale sistema alimentare nel mondo, fa acqua da tutte le parti con un impatto devastante per la natura. Il futuro del Pianeta è nel nostro piatto e per questo dobbiamo agrire per invertire l’attuale trend negativo della perdita di natura.



Conoscere significa riuscire a leggere nelle righe della complessità che governa il nostro tempo, comprendere i meccanismi che ne sono alla base per riconoscere ed affrontare le grandi emergenze del nostro tempo.
Proprio per riuscire a orientarsi in questa complessità il WWF Italia ha progettato e realizzato One Planet School, una piattaforma di apprendimento e conoscenza permanente, innovativa e gratuita rivolta a tutti e non solo a studenti, docenti, ma anche a operatori dell’informazione e a chiunque voglia approfondire i meccanismi che regolano il Pianeta che ci ospita e sostiene, ma anche i nostri comportamenti che lo stanno mettendo in crisi.


One Planet School rappresenta un “viaggio” nella migliore conoscenza scientifica disponibile, che attraverso le lezioni di grandi esperti e approfondimenti di qualità vuole mettere le basi di una nuova consapevolezza, con solide radici piantate nelle conoscenze scientifiche più avanzate , che vada oltre semplificazioni e fake news: un percorso per capire il presente e costruire un futuro di benessere e sostenibilità. Il viaggio di One Planet School comincia con il benvenuto di due volti noti, Donatella Bianchi, presidente del WWF Italia, e Piero Angela, il padre della divulgazione scientifica italiana, che fanno da “Cicerone” a questa nuova iniziativa spiegandone il senso e le finalità.

Link alla presentazione : https://youtu.be/ErMImlob7R8

 

Greenpeace: cresce la rete “Mare caldo” per monitorare gli impatti dei cambiamenti climatici sul mare. Al Plemmirio preoccupa l’espansione dell’alga Caulerpa e del vermocane

Il Progetto “Mare caldo” di Greenpeace, avviato a novembre 2019 con una stazione pilota per il monitoraggio delle temperature marine all’Isola d’Elba, vede oggi l’adesione di quattro aree marine protette: il Plemmirio in Sicilia, Capo Carbonara – Villasimius e Tavolara – Punta Coda Cavallo in Sardegna, Portofino in Liguria. L’obiettivo del progetto è quello di studiare gli impatti dei cambiamenti climatici in mare e sviluppare una rete che possa monitorare nel tempo cosa succede nei mari italiani.

Dai primi monitoraggi appena eseguiti per valutare gli impatti dei cambiamenti climatici nell’Area Marina Protetta del Plemmirio (Siracusa), la più meridionale del progetto, dal personale della AMP insieme ai ricercatori del DiSTAV dell’Università di Genova, si riscontrano a metà settembre temperature medie intorno ai 25 gradi centigradi fino a 25 metri di profondità, senza scendere sotto i 20 gradi fino a 40 metri, e un ambiente ricco di specie termofile, ovvero caratteristiche di ambienti più caldi.



Table 1. Mean values by study area and period of meteorological parameters, road traffic and pollutant concentrations observed on a daily basis at all stations. Corresponding 2020-to-2019 change rates (%) are reported in italics


Uno studio dell’Istituto per la bioeconomia del Cnr, pubblicato su Environmental Pollution, ha preso in esame differenti città italiane durante il periodo di chiusura dovuto al Covid-19 per quantificare l’impatto del traffico stradale sulla qualità dell’aria nelle aree urbane. È emersa una significativa riduzione dei livelli di biossido di azoto, ma non della concentrazione di polveri sottili

A seguito del lockdown si sono verificati alcuni mutamenti nelle emissioni di inquinanti atmosferici e di gas serra e, in modo particolare, il traffico stradale nelle città in Italia si è ridotto mediamente del 48-60%. Queste condizioni hanno fornito un’opportunità eccezionale per valutare come una prolungata e significativa riduzione delle emissioni abbia avuto un impatto sulla qualità dell'aria in ambito urbano.

Uno studio, condotto dall’Istituto per la bioeconomia del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ibe) e pubblicato sulla rivista Environmental Pollution, ha messo in evidenza come i due mesi di blocco del traffico urbano esteso all'intero territorio nazionale abbiano determinato una significativa riduzione dei soli livelli di biossido di azoto (NO2); le concentrazioni di polveri sottili (PM2.5 e PM10) si sono ridotte in misura minore, mentre quelle di ozono (O3) sono rimaste invariate o addirittura aumentate. La ricerca ha preso in considerazione sei città tra le più popolate d’Italia caratterizzate da differenti condizioni climatiche: Milano, Bologna, Firenze, Roma, Napoli e Palermo.



Il contatto con la Natura compensa nei bambini e ragazzi molti dei disturbi legati al confinamento in spazi urbani, e soprattutto in luoghi chiusi, e influisce sullo sviluppo cerebrale ed emotivo in maniera positiva.
Raccogliendo le evidenze scientifiche e pedagogiche più recenti il WWF ha stilato i 10 fattori che vengono migliorati o sviluppati dal contatto con la Natura: nel loro complesso hanno un effetto positivo che va ben di là della semplice ‘boccata d’aria’. La natura può sembrare meno stimolante di un videogioco, della televisione o del web, ma in realtà, secondo lo scrittore e pedagogista Richard Louv "questa attiva più sensi: vedere, sentire, annusare e toccare gli ambienti esterni. Mentre i giovani trascorrono sempre meno la loro vita in un ambiente naturale, i loro sensi si restringono e questo riduce la ricchezza dell'esperienza umana".


Lunedì 5 ottobre 2020 - Auditorium MACRO, Via Nizza 138 - Roma

Molto sappiamo sui rischi per la salute associati al degrado dell’ambiente e alle minacce globali come i cambiamenti climatici e la perdita di biodiversità. La recente pandemia COVID-19 ci ha mostrato poi come la salute e il benessere individuale, collettivo e globale siano connessi tra loro e, allo stesso tempo, dipendenti dalla situazione ambientale e socio-economica. Questo dramma sanitario ci ha ricordato quanto sia urgente, come una vera e propria responsabilità condivisa, non solo costruire nuovi paradigmi di prevenzione ispirati alla visione One Health, ma anche farli emergere nel percorso necessario che deve portarci verso la sostenibilità.
All’evento, organizzato nell'ambito del Festival dello Sviluppo Sostenibile 2020, hanno aderito partner come Istituto Superiore di Sanità e ISPRA e ha l’obiettivo di divulgare la visione e l’approccio One Health, basati sulla consapevolezza delle complesse relazioni tra salute ambientale, animale e umana.

Il programma >>

 

 

 

Didascalia figura: le 10 città metropolitane studiate (Fig. a dx) e un esempio di isola di calore estiva relativa alla città metropolitana di Torino (Fig. in alto a sx) con la densità di consumo di suolo (mappa in basso a sx con gradazioni di grigio) e copertura arborea (mappa in basso a dx con gradazioni di verde) utilizzate per lo sviluppo dell'indicatore "Urban Surface Landscape Layer".

 

 

L’intensità delle isole di calore estive è particolarmente elevata nelle città metropolitane dell’entroterra e cresce con l’aumentare, nel nucleo centrale della città, dell’estensione delle superfici con ridotta copertura arborea e forte impermeabilizzazione. Lo rivela uno studio coordinato dal Cnr-Ibe, svolto in collaborazione con Ispra e pubblicato su Science of the Total Environment

 

Oltre la metà della popolazione mondiale vive oggi nelle città, ed è per questo motivo che viene dedicata sempre maggiore attenzione agli studi che indagano la vivibilità degli ambienti urbani. In Italia le persone che vivono in città sono 42 milioni, circa il 70%. L’ecosistema urbano si caratterizza per due elementi fondamentali: le superfici vegetate e quelle impermeabili (consumo di suolo). Il giusto compromesso tra la quantità di questi due elementi influenza la composizione del paesaggio urbano, modificando anche il microclima e favorendo un fenomeno tipicamente urbano noto come “isola di calore urbana”. Con questa definizione si intendono le zone centrali delle città sensibilmente più calde delle aree limitrofe o rurali.


Vincitori 8 progetti delle scuole che più hanno mostrato impegno per riportare la Natura in città

Nonostante l’emergenza Covid e le difficoltà nel lavorare a progetti educativi a distanza che questa ha provocato, gli Istituti scolastici di 10 regioni hanno partecipato alla IV edizione contest Urban Nature del WWF Italia, presentando diversi progetti per trasformare in aree verdi alcuni dei loro spazi, contribuire all’aumento della biodiversità in città o recuperare parchi e giardini pubblici.

Urban Nature è la campagna che da quattro anni vuole rinnovare il modo di pensare gli spazi urbani dando più valore alla natura e promuovere azioni virtuose da parte di amministratori, comunità, cittadini, imprese, università e scuole per proteggere e incrementare la biodiversità nei sistemi urbani. E proprio al tema della natura in città è stata dedicata anche la quarta edizione del Contest Urban Nature per le scuole, protagoniste della riqualificazione del proprio territorio.


Lo studio degli idrozoi, piccoli organismi marini, è valso a Davide Maggioni il premio internazionale “Mario Benazzi e Giuseppina Benazzi Lentati 2020” assegnato dall’Accademia dei Lincei, venerdì 25 settembre, nel corso della Cerimonia solenne per la chiusura dell’anno accademico 2019-2020, trasmessa in streaming.

Il giovane ricercatore, assegnista del dipartimento di Scienze dell’ambiente e della terra dell’Università di Milano-Bicocca, Ateneo in cui ha conseguito anche il titolo di Dottore di ricerca, ha focalizzato la sua ricerca su un gruppo particolare di idrozoi in grado di vivere in simbiosi con altri organismi, tra cui i coralli dei mari tropicali, ai quali possono fornire protezione da malattie e predatori.

«Il dottor Maggioni – si legge nella motivazione del premio - è stato in grado di studiare questi organismi combinando metodi originali ed innovativi quali quelli dell’ecologia molecolare e della tassonomia integrata, tramite cui gli organismi vengono caratterizzati sia mediante l'analisi morfologica che genetica».

 

 


Le emissioni di gas serra degli allevamenti intensivi rappresentano il 17 per cento delle emissioni totali dell’Ue, più di quelle di tutte le automobili e i furgoni in circolazione messi insieme. Senza una decisa riduzione del numero di animali allevati l’Ue non sarà in grado di raggiungere gli obiettivi definiti dell’Accordo di Parigi sul clima.

Lo rivela una nuova analisi di Greenpeace, secondo la quale le emissioni annuali degli allevamenti sono aumentate del 6 per cento tra il 2007 e il 2018. Tale aumento, l’equivalente di 39 milioni di tonnellate di CO2, equivale ad aggiungere 8,4 milioni di auto sulle strade europee.

“I numeri parlano chiaro: non possiamo evitare le conseguenze peggiori della crisi climatica se a livello politico si continua a difendere a spada tratta la produzione intensiva di carne e latticini.” dichiara Federica Ferrario, responsabile campagna agricoltura di Greenpeace Italia. “L’Ue sta elaborando una nuova legge sul clima, aggiornando i suoi obiettivi climatici e definendo la PAC per i prossimi sette anni. La nostra analisi mostra chiaramente che un’azione credibile per il clima deve includere la fine delle sovvenzioni pubbliche per l’allevamento intensivo nella PAC e utilizzare piuttosto il denaro pubblico per sostenere la riduzione del numero di animali allevati e aiutare gli agricoltori a una vera e propria transizione”.

 

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