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Martedì, 06 Ottobre 2020


L'antivirale verrà testato su 30 soggetti. La ricerca è sostenuta da molte associazioni europee di pazienti.

E' cominciato in questi giorni, presso il Polo veneto dell'IRCCS Medea, uno studio clinico per testare sicurezza ed efficacia del trattamento con Etravirina in pazienti con Atassia di Friedreich, una malattia genetica rara nella cui patogenesi è implicata la deficienza di una proteina, la fratassina.

Il farmaco antivirale - approvato per il trattamento dell'infezione da HIV - ha dimostrato di essere in grado di aumentare la concentrazione di fratassina in modelli animali e cellulari di atassia di Friedreich. Questo studio randomizzato in aperto, il primo sull'uomo con questa patologia e questo farmaco, testerà due concentrazioni, registrando la sicurezza e la capacità di modificare parametri funzionali oggettivi (consumo massimale di ossigeno in prova da sforzo), clinici (punteggi a scale funzionali) e di laboratorio (livelli di RNA della fratassina).

Pubblicato in Medicina

 

Greenpeace: cresce la rete “Mare caldo” per monitorare gli impatti dei cambiamenti climatici sul mare. Al Plemmirio preoccupa l’espansione dell’alga Caulerpa e del vermocane

Il Progetto “Mare caldo” di Greenpeace, avviato a novembre 2019 con una stazione pilota per il monitoraggio delle temperature marine all’Isola d’Elba, vede oggi l’adesione di quattro aree marine protette: il Plemmirio in Sicilia, Capo Carbonara – Villasimius e Tavolara – Punta Coda Cavallo in Sardegna, Portofino in Liguria. L’obiettivo del progetto è quello di studiare gli impatti dei cambiamenti climatici in mare e sviluppare una rete che possa monitorare nel tempo cosa succede nei mari italiani.

Dai primi monitoraggi appena eseguiti per valutare gli impatti dei cambiamenti climatici nell’Area Marina Protetta del Plemmirio (Siracusa), la più meridionale del progetto, dal personale della AMP insieme ai ricercatori del DiSTAV dell’Università di Genova, si riscontrano a metà settembre temperature medie intorno ai 25 gradi centigradi fino a 25 metri di profondità, senza scendere sotto i 20 gradi fino a 40 metri, e un ambiente ricco di specie termofile, ovvero caratteristiche di ambienti più caldi.

Pubblicato in Ambiente

 

A due anni dalla scoperta di un lago sotto la calotta polare meridionale del pianeta Marte, pubblicata nel 2018 nella prestigiosa rivista scientifica Science da un gruppo di ricercatori e tecnici italiani, un team formato da ricercatori dell'Università Roma Tre, del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR-IREA, Napoli), dell'Università Jacobs (Brema, Germania), della University of Southern Queensland (Centre for Astrophysics: Toowoomba, Australia) e dell'Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), ha trovato prova ulteriore dell'esistenza di laghi di acqua salata intrappolati sotto il ghiaccio del Polo Sud marziano.

La nuova scoperta conferma quello che un team guidato da Roberto Orosei (INAF), con Elena Pettinelli (Università Roma Tre) ed Enrico Flamini (ASI - Agenzia Spaziale Italiana), aveva annunciato al mondo nel 2018, ovvero che il radar sottosuperficiale MARSIS, uno degli strumenti a bordo della sonda dell'ESA Mars Express, aveva rilevato un'area di forte riflettività a circa 1,5 km sotto i depositi stratificati di ghiaccio e polvere della calotta polare meridionale di Marte. Secondo Orosei e colleghi, l’elevata intensità del segnale riflesso proveniente da un’area di circa 20 km di diametro, avrebbe potuto essere spiegata dalla presenza di un lago d'acqua il cui congelamento sarebbe stato probabilmente impedito da una alta concentrazione di sali. Da allora molto lavoro è stato fatto, sia da parte di membri del gruppo originario che da parte di team internazionali, per comprendere ulteriormente le condizioni geologiche in grado di favorire la presenza di laghi sotto la spessa coltre di ghiaccio di questa zona polare.

Pubblicato in Scienze Naturali

 

03/10/2020 - 10/01/2021
Musei di Villa Torlonia,
Casina delle Civette


Arazzi e aquiloni in carta giapponese.

Il progetto espositivo omaggia il Giappone attraverso l’opera di un’artista che, da più di 20 anni, lavora con ricerche che delineano un ponte tra tradizione artistiche diverse e spesso lontane.

Anna Onesti è un’artista dal percorso complesso e articolato che ha collaborato con importanti istituzioni internazionali impegnate nella salvaguardia del patrimonio culturale.
I suoi lavori sono realizzati su carta, utilizzando tecniche decorative ispirate alla tintura tradizionale dei tessuti; tecniche apprese nei suoi periodi di studio in Giappone e che si basano su metodi di tintura per riserva, ovvero metodi di tintura parziali, come: l’itajimezome, lo shiborizome, e il katazome. I colori, impiegati in questi processi tintori, sono in prevalenza di origine organica.
Queste tecniche, nate per la tintura dei tessuti, sono utilizzate in Giappone anche sulla carta.

Pubblicato in Arte
Martedì, 06 Ottobre 2020 13:24

L'inquinamento in Italia durante il lockdown



Table 1. Mean values by study area and period of meteorological parameters, road traffic and pollutant concentrations observed on a daily basis at all stations. Corresponding 2020-to-2019 change rates (%) are reported in italics


Uno studio dell’Istituto per la bioeconomia del Cnr, pubblicato su Environmental Pollution, ha preso in esame differenti città italiane durante il periodo di chiusura dovuto al Covid-19 per quantificare l’impatto del traffico stradale sulla qualità dell’aria nelle aree urbane. È emersa una significativa riduzione dei livelli di biossido di azoto, ma non della concentrazione di polveri sottili

A seguito del lockdown si sono verificati alcuni mutamenti nelle emissioni di inquinanti atmosferici e di gas serra e, in modo particolare, il traffico stradale nelle città in Italia si è ridotto mediamente del 48-60%. Queste condizioni hanno fornito un’opportunità eccezionale per valutare come una prolungata e significativa riduzione delle emissioni abbia avuto un impatto sulla qualità dell'aria in ambito urbano.

Uno studio, condotto dall’Istituto per la bioeconomia del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ibe) e pubblicato sulla rivista Environmental Pollution, ha messo in evidenza come i due mesi di blocco del traffico urbano esteso all'intero territorio nazionale abbiano determinato una significativa riduzione dei soli livelli di biossido di azoto (NO2); le concentrazioni di polveri sottili (PM2.5 e PM10) si sono ridotte in misura minore, mentre quelle di ozono (O3) sono rimaste invariate o addirittura aumentate. La ricerca ha preso in considerazione sei città tra le più popolate d’Italia caratterizzate da differenti condizioni climatiche: Milano, Bologna, Firenze, Roma, Napoli e Palermo.

Pubblicato in Ambiente


Una delle patologie più frequenti nelle donne in età fertile è l’endometriosi: secondo le stime ne soffrono, solo in Italia, almeno 3 milioni, circa il 10-15% (Ministero della Salute). Si tratta di una patologia ginecologica benigna, ancora poco conosciuta, causata dalla presenza di endometrio, mucosa normalmente presente nella cavità uterina, all’esterno dell’utero. “Il picco si verifica tra i 25 e i 35 anni, ma la patologia può comparire anche in fasce d'età più basse. Le pazienti affette da endometriosi possono avere maggior difficoltà ad ottenere una gravidanza tuttavia endometriosi non è sinonimo di infertilità: circa il 70% delle pazienti riesce comunque a concepire”, spiega la Dott.ssa Claudia Filidi, specialista in Ginecologia e Ostetricia e Responsabile di Branca presso i Poliambulatori Specialistici San Raffaele Termini e Tuscolana.

Pubblicato in Medicina
Martedì, 06 Ottobre 2020 13:11

COVID-19: questione di genere?

 

Un team di ricerca multidisciplinare formato da esperti di tutto il mondo, fra i quali Valeria Raparelli del Dipartimento di Medicina sperimentale, ha dimostrato una associazione tra la disuguaglianza di genere e il rischio di esposizione all'infezione da Coronavirus. I risultati dello studio, pubblicati su Canadian Medical Association Journal, evidenziano la necessità di sviluppare interventi mirati nei diversi paesi per contrastare la pandemia.


È noto che i fattori biologici legati al sesso e quelli psico-socio-culturali, riconducibili al genere di un individuo (cosiddetto “gender”) possono influenzare il rischio di sviluppare malattie infettive e la loro prognosi. La pandemia da COVID-19 non sembra fare eccezione.

Proprio alla migliore comprensione di tale associazione ha lavorato un team multidisciplinare formato da esperti di medicina di genere, epidemiologi, sociologi, informatici, biostatistici, medici e infermieri, provenienti da Canada, Austria, Svezia, Spagna e Italia, fra i quali Valeria Raparelli del Dipartimento di Medicina sperimentale della Sapienza.

Nel lavoro pubblicato sulla rivista Canadian Medical Association Journal (CMAJ), i ricercatori hanno utilizzato dati provenienti da 33 diversi paesi per indagare l’influenza del sesso biologico e dei fattori genere-correlati sul numero di casi e di morti per COVID-19, giungendo a dimostrare come le norme e i modelli sociali, culturali ed economici all'interno di un paese possano influenzare il rischio di esposizione all'infezione e l'opportunità di ricevere i test diagnostici.

Pubblicato in Medicina

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