Coloro che sono saliti sul palco del Teatro Vittoria, nonostante la manifestazione avesse per oggetto un tema molto serio, hanno voluto coinvolgere il pubblico con la comicità e la satira pungente.
Particolarmente apprezzata dai presenti in sala è stata la testimonianza di Giovanni Soldini. Il navigatore, protagonista di memorabili imprese nei mari di tutto il mondo, ha voluto manifestare il suo appoggio alla campagna, ricordando come molte delle sue vittorie siano state rese possibili dal ricorso sulle sue imbarcazioni ai pannelli solari ed alle pale eoliche. Tali strumenti avrebbero permesso di imbarcare una quantità minore di carburante e dunque di raggiungere velocità superiori rispetto agli avversari.
Durante la serata, momenti di intrattenimento musicale e di comicità si sono alternati a momenti di informazione, in cui è emerso il carattere problematico e complesso della questione nucleare. In particolare, attraverso l’ausilio di filmati proiettati su un maxischermo, è stata ricordata la tragedia di Cernobyl. Le immagini sono state accompagnate da una toccante lettura eseguita da Teresa De Sio del testo “La cattiva sorella”, scritto in occasione del decimo anniversario dell’incidente della centrale, nel quale si riviveva la tragedia dal punto di vista delle madri e delle vedove degli operai impiegati nell’impianto.
É stato poi proiettato un discorso pubblico di John Fitzgerald Kennedy, nel quale il Presidente statunitense lanciava un monito sulla necessità, già negli anni 60, di utilizzare energie pulite e non pericolose per la salvaguardia dell’ambiente in favore delle generazioni future.
L’ipotesi di costruire centrali nucleari nel nostro paese è poi stata presa in considerazione da differenti punti di vista.
Quello della sicurezza: le centrali nucleari, in un contesto internazionale confuso, rappresenterebbero un obiettivo sensibile per il terrorismo che ha più volte dimostrato di colpire senza scrupoli. Un impianto nucleare sarebbe inoltre vulnerabile rispetto ad eventi sismici, in un paese come l’Italia, non estraneo a fenomeni geologici. Oltre a ciò, è la stessa sicurezza degli impianti ad essere motivo di preoccupazione per i sostenitori Greenpeace. I reattori di terza generazione, noti come EPR(European Pressurizze Reactor), che dovrebbero essere costruiti in Italia, avrebbero una sicurezza tutta da dimostrare poiché non ve ne sono ancora in funzione. La costruzione di reattori di terza generazione in Finlandia ed in Francia, avrebbe invece già posto delle perplessità di natura strutturale rispetto agli standard di sicurezza, fissati dalle rispettive Agenzie per la sicurezza nazionali.
Le preoccupazioni relative agli impianti in fase di produzione di energia nucleare, vanno sommate a quelle relative alla fase di smaltimento delle scorie radioattive.
L’Uranio ed il Plutonio, impiegati come combustibili nella fusione, svilupperebbero una radioattività da 4 ad 11 volte maggiore rispetto a quella prodotta dai reattori di seconda generazione, rendendo ancora più complessa l’individuazione di siti idonei alla conservazione delle scorie.
Secondo le analisi presentate da Greenpeace, la scelta di un ritorno al nucleare sarebbe impropria anche dal punto di vista economico poiché i costi dell’investimento iniziale per la realizzazione di un impianto sarebbero recuperati solo in 15-20 anni. Tali costi, stimati tra i 3 ed i 4 miliardi di euro, giungerebbero fino a 6 miliardi a causa dei possibili ritardi.
Ad accrescere le perplessità sulla convenienza economica del nucleare, vi sarebbe il fatto che in tutto il mondo non vi sia impresa privata che produca energia di questo tipo senza finanziamenti pubblici.
Il nucleare inoltre non rappresenterebbe un’ alternativa conveniente rispetto alla dipendenza energetica dell’Italia da altri paesi. L’Uranio è una risorsa scarsa nel mondo, la cui estrazione e commercializzazione è gestita da un piccolo gruppo di multinazionali in possesso anche delle conoscenze tecnologiche necessarie.
Il ricorso al nucleare non ridurrebbe che in minima parte la dipendenza italiana dal petrolio. Quest’ultimo infatti è la risorsa energetica principale utilizzata nei trasporti.
Come si vede è lunga la lista delle perplessità che motiva l’opposizione di Greenpeace alla costruzione di impianti nucleari in Italia. Non ultima la preoccupazione per il rischio di infiltrazioni malavitose nel processo produttivo e di smaltimento delle scorie radioattive.
La questione dei rifiuti prova che, lì dove vi sia un imponente giro di denaro, le associazioni mafiose cerchino di inserirsi attraverso società controllate che forniscono servizi di smaltimento non a norma.
Se il problema delle discariche abusive di rifiuti ordinari è reato gravissimo, cosa rappresenterebbe una discarica abusiva di materiali radioattivi?
A questa serie di perplessità e di interrogativi posti da Greenpeace, la stessa organizzazione ha trovato una soluzione: una Energy (R)evolution.
Nel rapporto di Greenpeace del 2007: ”il crescente fabbisogno mondiale di energia può essere soddisfatto da fonti rinnovabili e misure di efficienza energetica”. Secondo le stime presentate dal presidente di Greenpeace Italia, mentre il programma nucleare del governo sarebbe in grado di fornire 45 miliardi di kilowattora all’anno, una combinazione di energie rinnovabili ed efficienza ne garantirebbe oltre il triplo.
Senza contare che lo sviluppo di tecnologie che vanno dal solare all’eolico, passando per le biomasse, consentirebbe di creare occupazione per 200 mila persone, ben oltre quelle impiegate nel progetto nucleare.
Ma soprattutto l’utilizzo di “energie pulite” permetterebbe di ridurre l’impatto ambientale, evitare rischi di catastrofi nucleari, senza consegnare alle generazioni future la gravosa questione delle scorie radioattive.
Una “rivoluzione energetica”, indirizzata verso l’utilizzo di energie rinnovabili, dovrebbe però essere preceduta da una differente rivoluzione, quella dei comportamenti. Un cambiamento volto ad un più cosciente utilizzo delle risorse disponibili, ad una riduzione degli sprechi e alla elaborazione di nuovi approcci ai concetti di consumo, di sviluppo e prima ancora di diritto ambientale.
Fabrizio Giangrande