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FAO e partner lanciano la campagna contro un nuovo ceppo del Fusarium Wilt che mette in pericolo i mezzi di sostentamento basati sui frutti più venduti al mondo

 

Un mercato locale di banane a Tulema, Tanzania.
 
Un fungo rischia di decimare la produzione di banane a livello mondiale, causando perdite commerciali e danni ancora maggiori ai mezzi di sussistenza dei 400 milioni di persone che dipendono dal frutto più scambiato al mondo come fonte di cibo o di reddito. FAO e i suoi partner - Bioversity International, l'Istituto Internazionale di Agricoltura Tropicale (IITA) e il Forum Mondiale sulle Banana - venerdì hanno lanciato un programma globale di 98 milioni di dollari per contenere e gestire un nuovo ceppo di Fusarium wilt - il Tropical Race 4 (TR4) - una malattia insidiosa che può rimanere vitale nel terreno per anni e può spostarsi verso altre destinazioni attraverso una serie di mezzi come utensili agricoli, sementi, acqua, scarpe e veicoli infetti.

 

 

Fertilizzanti innovativi prodotti con materiali organici o riciclati dovrebbero essere venduti più facilmente in tutta l’Unione europea, grazie alle nuove regole approvate martedì.

 

Le regole UE sui fertilizzanti attualmente in vigore riguardano soprattutto i fertilizzanti convenzionali, di origine minerale o chimica, i quali spesso consumano molta energia e producono alte emissioni di CO2. Tuttavia, per i produttori è complicato vendere ed utilizzare fertilizzanti organici all’interno del mercato unico dell'UE, a causa delle differenze tra le norme nazionali dei singoli paesi.

 

Il nuovo progetto di regolamento mira a:

  • promuovere l'impiego di materiali riciclati per la produzione di fertilizzanti, contribuendo così allo sviluppo dell'economia circolare e riducendo la dipendenza dalle sostanze importate da Paesi terzi,
  • facilitare l'accesso al mercato per i fertilizzanti organici e innovativi, garantendo agli agricoltori e ai consumatori una scelta più ampia e promuovendo l'innovazione verde,
  • stabilire criteri di qualità, di sicurezza e ambientali a livello UE per i fertilizzanti recanti il marchio CE (ossia quelli che possono essere commercializzati in tutto il mercato unico),
  • stabilire obblighi di etichettatura più chiari per informare gli agricoltori, ad esempio sul contenuto di sostanze nutritive,
  • mantenere la possibilità, per i produttori che non intendono vendere i loro prodotti sul mercato dell'UE, di conformarsi solo alle norme nazionali (gli Stati membri resterebbero liberi di consentire l'immissione sui propri mercati nazionali di fertilizzanti non conformi ai nuovi requisiti UE).

L’ISPRA precisa: “E’ tossico solo se ingerito e non contamina il pescato”.

 

E’ stato pescato a Molfetta un altro esemplare di pesce palla maculato, specie altamente tossica al consumo. A riconoscerlo un cittadino che ha immediatamente provveduto ad informare il pescatore della sua pericolosità, evitandone così l’immissione nel mercato,  e a comunicarlo ai ricercatori. La decima segnalazione è arrivata ai ricercatori dell’ISPRA nell’ambito della campagna di informazione lanciata dall’Istituto nel 2013 e rinforzata nel 2015, attraverso la collaborazione con il Ministero delle Politiche, Agricole, Alimentari e Forestali, il Corpo delle Capitanerie di Porto e l’Istituto di Scienze del Mare (ICM) di Barcellona, che coordina seawatchers.org, un progetto che coinvolge i cittadini nella segnalazione di specie esotiche e di altre problematiche ambientali. Il pesce palla maculato (Lagocephalus sceleratus), è entrato in Mediterraneo dal Canale di Suez nel 2003, in pochi anni ha invaso il bacino orientale del Mediterraneo, raggiungendo le coste italiane nel 2013 a Lampedusa. Da allora, grazie alle campagne di informazione, è stato possibile reperire segnalazioni della specie provenienti oltre che da Lampedusa, dalla costa meridionale della Sicilia, dalla Calabria e dalla Puglia, compresa quella dell’esemplare pescato a Molfetta. 

 

 

Sistemi alimentari sani contribuiranno a porre fine alla fame, ma serve maggiore cooperazione

 Cambiare il modo in cui i pomodori vengono confezionati può contribuire a ridurre le perdite durante il trasporto.

New York20 settembre 2017 - Il Direttore Generale della FAO, José Graziano da Silva, si è unito all'appello per un rinnovato impegno globale di tolleranza zero nei confronti delle perdite e degli sprechi alimentari. L'appello è stato lanciato nel corso di un evento ad alto livello alla 72a sessione dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, dedicato ad affrontare le perdite e gli sprechi alimentari come percorso obbligato per raggiungere l'Obiettivo di sviluppo sostenibile 2: Fame Zero.

"La tolleranza zero nei confronti delle perdite e degli sprechi di cibo ha senso anche dal punto di vista economico. È stato dimostrato che per ogni dollaro che società hanno investito per ridurre la perdite e sprechi, esse hanno risparmiato 14 dollari in costi operativi", ha dichiarato Graziano da Silva nel suo intervento. "Investire in misure per prevenire le perdite e gli sprechi di cibo significa anche investire in politiche a favore dei poveri, in quanto così si promuovono sistemi alimentari sostenibili per un mondo a fame zero", ha aggiunto. Ogni anno un terzo del cibo prodotto per il consumo umano va perduto o sprecato. Queste perdite avvengono lungo l'intera catena di approvvigionamento, dalla fattoria alla forchetta. Oltre al cibo, vi è anche uno spreco di manodopera, di acqua, di energia, di terra e di altri mezzi di produzione. Se la perdita di cibo e gli sprechi fossero un paese, esso sarebbe la terza più alta emittente nazionale di gas serra.

 

“Quella che sta vivendo l’Abruzzo per gli incendi è un’emergenza gravissima. Ad oggi, ma l’elenco è in continuo aggiornamento, il territorio di 89 comuni abruzzesi su un totale di 305  (siamo a quasi 1 comune su 3) è stato interessato dalle fiamme”. Lo dichiara il vicepresidente del WWF Italia Dante Caserta che aggiunge: “La situazione del Parco della Majella è emblematica: è incredibile che un Parco nazionale possa bruciare per 10 giorni senza che si riesca a risolvere la situazione. Non solo bisogna utilizzare tutti i mezzi a disposizione per spegnere il più presto possibile quell’incendio, ma anche individuare e correggere cosa non ha funzionato perché situazioni come queste semplicemente non devono verificarsi mai più”.

 

Ministero acquisisce agli atti  l’ordinanza Tribunale Acque sui prelievi nel Lago di Bracciano

L’Osservatorio del Distretto Idrografico Appennino Centrale ha aggiornato il quadro delle dichiarazioni dello stato d'emergenza approvate con due distinte delibere dal Consiglio dei Ministri dello scorso 7 agosto. Nel corso della riunione straordinaria di ieri è stato infatti dichiarato lo stato di emergenza per le crisi idriche che interessano le Regioni Lazio ed Umbria e le Regioni Marche e Toscana hanno avanzato la richiesta di dichiarazione dello stato d'emergenza, la cui istruttoria è attualmente in corso. Alla sesta riunione straordinaria dell’Osservatorio permanente sugli usi idrici, che si tenuta presso la sede dell’Autorità di distretto dell’Appennino Centrale, hanno partecipato oltre al Ministero dell’Ambiente, all’Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino Centrale e al Dipartimento della Protezione Civile, anche la Regione Lazio, la Regione Molise, la Regione Umbria, la Regione Marche, la Regione Abruzzo, l’Istat, Utilitalia, l’ATO 2 Lazio Centrale e Acea ATO 2. Presente inoltre l’On. Stella Bianchi, della Commissione ambiente della Camera dei Deputati.

Un recente studio dell’Isac-Cnr evidenzia come i microrganismi che vivono nel ghiaccio marino antartico influenzino la composizione dell’aerosol atmosferico e la sua capacità di formare nubi, con possibili effetti su precipitazioni e clima. Il lavoro pubblicato su Scientific Reports

 

Il ghiaccio marino polare rappresenta uno dei più grandi ecosistemi del pianeta ed è composto da un ambiente complesso, caratterizzato da condizioni estreme, che tuttavia ospita al suo interno una grande varietà di microrganismi in grado di tollerarle. La presenza di questi microrganismi e la loro vita all’interno del ghiaccio marino risulta fondamentale non solo per la biologia degli oceani ma anche per la composizione dell’atmosfera soprastante, con importanti conseguenze potenziali sul clima globale. È questa una delle conclusioni di un team internazionale che coinvolge ricercatori dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Consiglio nazionale delle ricerche (Isac-Cnr), in un lavoro pubblicato sulla rivista Scientific Reports. “Lo studio coordinato dall'Istituto di scienze marine, Icm-Csic di Barcellona (Spagna), afferma che il ghiaccio marino, grazie al metabolismo degli organismi che vivono al suo interno, risulta una delle principali fonti di azoto organico contenuto nel particolato atmosferico di alcune regioni dell’Oceano Australe limitrofe alla calotta antartica”, dice Marco Paglione, assegnista di ricerca presso l’Isac-Cnr di Bologna. “La concentrazione e la composizione del particolato atmosferico (o aerosol) a loro volta contribuiscono in maniera sostanziale alla formazione e alle caratteristiche delle nubi, elementi chiave nella regolazione del clima di tutto il pianeta”.

 

Figura 1. Struttura chimica del polimero con la rappresentazione della sua struttura bidimensionale

 

Un team di ricercatori dell’Istituto per la tecnologia delle membrane del Cnr di Cosenza, in collaborazione con le Università di Edimburgo, della Pennsylvania e della Florida, ha composto delle membrane con materiali polimerici altamente porosi, capaci di filtrare la CO2. Lo studio è pubblicato sulla rivista Nature Materials

 

Sviluppare nuove membrane per separare la CO2 presente a livello atmosferico è una delle soluzioni più promettenti per risolvere il problema dei gas serra. Ci sono riusciti alcuni ricercatori dell’Istituto per la tecnologia delle membrane del Consiglio nazionale delle ricerche di Cosenza (Itm-Cnr) in collaborazione con le Università di Edimburgo, statale della Pennsylvania e della Florida. Lo studio è stato pubblicato nella rivista scientifica Nature Materials. “Le membrane sono state preparate con nuovi materiali polimerici porosi, aventi una particolare struttura bidimensionale che garantisce un’elevata microporosità a livello molecolare”, spiega Alessio Fuoco (Itm-Cnr) coautore dello studio, “che può essere considerata come un micro-labirinto che permette un passaggio più veloce delle molecole piccole rispetto a quelle più grandi, o delle più solubili rispetto a quelle meno solubili. L’elevata microporosità, combinata con la rigidità, permette a questi materiali di offrire combinazioni uniche di permeabilità e selettività, che oltrepassano l’attuale stato dei materiali usati in membrane commerciali”.

 

Ricercatori dell’Igg-Cnr, in collaborazione con Università di Barcellona, di Lisbona e Università della California a Irvine dimostrano il nesso tra siccità e aumento delle superfici coinvolte dagli incendi boschivi e prevedono per i prossimi anni un incremento, soprattutto nelle zone a Nord dell’Europa mediterranea. I risultati sono pubblicati su Scientific Reports

Nei prossimi decenni il rischio di incendi boschivi in area Mediterranea potrebbe aumentare a causa di condizioni climatiche più aride. È quanto conclude un articolo pubblicato sulla rivista Scientific Reports, nel quale un team che coinvolge l’Istituto di geoscienze e georisorse del Consiglio nazionale delle ricerche (Igg-Cnr) e le Università di Barcellona, di Lisbona e della California a Irvine ha sviluppato dei modelli matematici in grado di prevedere pericolosità ed estensione degli incendi boschivi. “In base all’analisi dei dati cerchiamo di determinare relazioni empiriche ma strette fra variazioni delle condizioni di siccità e aree bruciate”, spiega Antonello Provenzale, direttore dell’Igg-Cnr. “Sebbene la maggior parte degli incendi sia innescata da attività umane, dolose e non, abbiamo constatato che le condizioni climatiche influenzano la propagazione e quindi l’estensione dell’incendio”. Le variabili prese in considerazione sono l’area bruciata, Burned area (Ba), e la siccità quantificata tramite Spei (Standardized Precipitation Evapotranspiration Index, http://spei.csic.es/), un indice che misura la differenza fra precipitazione ed evapotraspirazione (perdita d’acqua dal suolo). “Studiando le variazioni annuali di Spei e Ba, analizziamo le anomalie, ovvero quanto, in un certo anno, i valori di Spei e Ba deviano rispetto alla loro media”, prosegue Provenzale. “In generale, i dati mostrano che le anomalie di area bruciata seguono in modo pressoché lineare le anomalie dello Spei, vale a dire, se l’anomalia di Spei nel senso dell’aridità in un certo anno raddoppia rispetto all’anno precedente, anche l’area bruciata tenderà ad essere il doppio di quella dell’anno precedente”.

 

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