Lunedì, 29 Marzo 2021


Il più ampio studio finora realizzato su casi di persone affette da questa rara malattia individua un’associazione con alcune varianti di uno specifico gene, chiamato TRANK1, e la presenza di problematiche perinatali.
 La sindrome di Kleine-Levin – una malattia rara che causa episodi di ipersonnia e deficit cognitivo – è associata ad alcune varianti di un particolare gene, chiamato TRANK1, connesse anche al disturbo bipolare e alla schizofrenia. In particolare, queste varianti sembrano favorire l’insorgere della sindrome di Kleine-Levin nelle persone che hanno avuto problemi alla nascita, suggerendo che il gene TRANK1 potrebbe avere un ruolo nella risposta dei neonati in caso di danni cerebrali, con conseguenze sulla salute menatale e neurologica nell’età adulta.

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Uno studio sugli over 65 guidato da ricercatori dell’Università di Bologna ha individuato uno specifico profilo microbico che potrebbe favorire un invecchiamento in salute e una maggiore longevità.
La presenza di alcune comunità di batteri “buoni” all’interno del microbiota intestinale potrebbe contribuire, sin dalle prime fasi dell’invecchiamento, ad una crescita ridotta del grasso addominale viscerale e quindi ad una migliore condizione di salute. Lo rivela uno studio coordinato da un gruppo di ricerca dell’Università di Bologna, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Gut Microbes.


"Lo specifico profilo microbico che abbiamo individuato potrebbe rappresentare un potenziale marcatore di invecchiamento in salute me di longevità già a partire dai 60 anni di età", spiega Aurelia Santoro, ricercatrice al Dipartimento di Medicina Specialistica, Diagnostica e Sperimentale dell’Università di Bologna che ha coordinato lo studio. "Monitorare ed eventualmente modulare il microbiota intestinale, oltre a promuovere sane abitudini alimentari, potrebbe quindi diventare uno strumento aggiuntivo per avere una popolazione manziana più sana e con una migliore qualità della vita". L'invecchiamento è generalmente accompagnato da cambiamenti fisiologici che influenzano la composizione e la funzionalità corporea, compreso l'accumulo di massa grassa a scapito della massa muscolare: un fenomeno che ha effetti negativi sulla salute generale. Diversi studi hanno mostrato che con l’avanzare dell’età diminuisce la massa dei tessuti muscolari e di organi come il cervello, i reni, il fegato e la milza, a favore di una tendenza all’aumento del grasso viscerale, la parte di tessuto adiposo concentrata all’interno della cavità addominale.

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Il robot umanoide diventa un personal trainer capace di seguire una persona durante una sessione di allenamento sportivo a corpo libero, grazie all’utilizzo dell’intelligenza artificiale (AI). L’idea e lo sviluppo software e, in parte, hardware del robot sono stati oggetto del progetto multidisciplinare “AI empowered hardware for fitness applications”,condotto da un team di studenti dell’Alta Scuola Politecnica dei Politecnici di Milano e Torino.

Il team ha lavorato sul robot Pepper nell’ambito del programma imprenditoriale Pioneer della School of Entrepreneurship and Innovation (SEI) di Torino e avvalendosi della collaborazione di Reply, implementando diverse funzionalità come, ad esempio, la capacità di contare le ripetizioni, la correzione degli errori oppure la possibilità di mostrare le performance precedenti. Infatti, a differenza di quando si usano gli attrezzi in palestra, nella modalità a corpo libero la probabilità di commettere errori diventa più elevata ed è a questo punto che diventa importante l’intervento del personal trainer perché l’effetto benefico degli allenamenti sia preservato o anche solo per evitare lesioni fisiche.

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La lettera aperta dell'alleanza ICE ai decisori politici

Si chiude domani la “Settimana europea per le alternative ai pesticidi” e il coordinamento nazionale dell’ICE (Iniziativa dei Cittadini Europei) “Salviamo api e agricoltori” invia ai decisori politici italiani una lettera aperta per ricordare gli impegni del nostro paese per la riduzione dell’uso dei pesticidi. Il Piano di Azione Nazionale per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari è scaduto nel febbraio 2018 e il nuovo testo presentato per la consultazione pubblica nel 2019 è stato superato dagli obiettivi delle Strategie UE “Farm to Fork” e “Biodiversità” che indicano il traguardo della riduzione del 50% dell’uso dei pesticidi in Europa entro il 2030.

Oltre 30 Associazioni e comitati di cittadini, coordinate in Italia dal WWF, si rivolgono con la loro lettera aperta ai tre Ministri (Patuanelli, Cingolani e Steranza), ai Presidenti delle Commissioni parlamentari, Agricoltura, Ambiente e Salute, e al Presidente della Conferenza delle Regioni, tutti competenti in materia di regolamentazione dell’uso dei pesticidi, per chiedere di assumere in Europa posizioni ed iniziative coraggiose e lungimiranti per rafforzare gli obiettivi delle due Strategie UE "Farm to Fork” e “Biodiversità 2030" e adottare a livello Nazionale Piani e Programmi coerenti. L’Italia deve recupere i gravi ritardi nell’aggiornamento del PAN pesticidi, nella redazione del Piano Strategico Nazionale della PAC post 2023 e nell’approvazione della Legge nazionale per l’agricoltura biologica, tutti strumenti indispensabili per proteggere gli impollinatori, l’agricoltura, l’ambiente e la salute dei cittadini.

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Uno studio condotto dall’Istituto di biologia e patologia molecolari del Cnr approfondisce il processo a cascata alla base dell’invasione metastatica del carcinoma ovarico e della formazione di invadopodi, dimostrando il coinvolgimento del recettore dell’endotelina e della β-arrestina1. Il lavoro, pubblicato su Cell Reports, è stato realizzato con il sostegno di AIRC in collaborazione con gruppi di ricerca di Istituto Regina Elena di Roma, Istituto Superiore di Sanità e Campus Biomedico di Roma.


Nelle pazienti con carcinoma ovarico avanzato, le cellule tumorali mostrano una propensione a formare metastasi in alcuni organi intraperitoneali – in particolare l’omento – inizialmente aderendo e attraversando le cellule mesoteliali e, successivamente, invadendo e colonizzando nuovi tessuti. Identificare i potenziali nodi di vulnerabilità nelle interazioni tra le proteine coinvolte in questi processi è fondamentale non solo per capire come le cellule tumorali diventano più aggressive, ma anche per identificare possibili bersagli molecolari al fine di bloccare il processo metastatico. I risultati pubblicati sulla rivista Cell Reports di uno studio del gruppo di ricerca diretto da Laura Rosanò, dell’Istituto di biologia e patologia molecolari del Consiglio nazionale delle ricerche (CnrIbpm) di Roma, fanno un importante passo in questa direzione.

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1 su 2 colpita nella vita dalla malattia. Gruppo AGILE e Federfarma Servizi insieme per promuovere incontri rivolti a medici di famiglia, farmacisti e urologi. Le indicazioni per le pazienti: bere tanta acqua, no a detergenti aggressivi, meno antibiotici, più D-mannosio ad alte dosi e occhio al microbiota intestinale.

Roma, 25 marzo 2021 – Bere almeno due litri di acqua al giorno, evitare l’uso di detergenti vaginali aggressivi, non usare ove possibile gli antibiotici, prevenire recidive con il D-mannosio ad alte dosi e aver cura del microbiota intestinale, integrandolo con fibre e fermenti lattici. Queste le cinque regole d’oro per la donna che vuole liberarsi della cistite, un problema che ne affligge una su due almeno una volta nella vita. Una patologia da una parte trattata troppo spesso con antibiotici e dall’altra vittima del “fai da te”. Da qui nasce il progetto “Cistite, una gestione agile” dedicato dal gruppo di urologi AGILE (Italian group for advanced laparo-endoscopic and robotic urologic surgery) e Federfarma Servizi alla qualità di vita delle donne. “Abbiamo voluto promuovere questa campagna – dichiara il coordinatore Luca Cindolo, responsabile dell’Urologia della Clinica Villa Stuart di Roma – per creare consapevolezza su una gestione della malattia che si ponga come salubre alternativa all’uso, e troppo spesso all’abuso, di antibiotici. Migliaia di medici di famiglia, urologi e farmacisti saranno coinvolti, in modalità interattiva, su casi clinici dedicati ai temi dell’antibiotico-resistenza, del trattamento e della prevenzione di questa patologia e infine sull’importanza del microbiota intestinale. Completeremo poi formazione e aggiornamento con una serie di webinar territoriali e Formazione a Distanza che proporremo tra maggio e giugno”.

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Molecule attacks coronavirus in a novel way Active ingredient inhibits infection with so-called pseudoviruses in the test tube, as shown by study at the University of Bonn

Scientists at the University of Bonn and the caesar research center have isolated a molecule that might open new avenues in the fight against SARS coronavirus 2. The active ingredient binds to the spike protein that the virus uses to dock to the cells it infects. This prevents them from entering the respective cell, at least in the case of model viruses. It appears to do this by using a different mechanism than previously known inhibitors. The researchers therefore suspect that it may also help against viral mutations.
The study will be published in the journal "Angewandte Chemie" but is already available online.

The novel active ingredient is a so-called aptamer. These are short chains of DNA, the chemical compound that also makes up chromosomes. DNA chains like to attach themselves to other molecules; one might call them sticky. In chromosomes, DNA is therefore present as two parallel strands whose sticky sides face each other and that coil around each other like two twisted threads.

Aptamers, on the other hand, are single-stranded. This allows them to form bonds with molecules to which conventional DNA would not normally bind and to influence their function. This makes them interesting for research into active ingredients, especially since it is now very easy to produce huge libraries of different aptamers. Some of these libraries contain millions of times more potential active ingredients than there are people living on Earth. "We used such a library to isolate aptamers that can attach to the spike protein of SARS coronavirus 2," explains Prof. Dr. Günter Mayer of the LIMES Institute (the acronym stands for "Life and Medical Sciences") at the University of Bonn.

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Blue is the favourite colour of more people in the world than any other, and the "blue flower" is considered a symbol of romantic longing. In nature, however, there are only a few plant species whose flowers contain blue colour pigments. An international research team led by Bayreuth ecologist Prof. Dr. Anke Jentsch has investigated the reasons for this. One important factor is the great chemical effort required to produce blue dyes, however differing colour perception of pollinators also plays a role. For bees, all the shades of blue assume a more conspicuous share in the colourfulness of flowers than they do for the human eye. The study was published in "Frontiers in Plant Science".

The interdisciplinary research team has compiled a multitude of findings on the colour blue in the world of flowering plants, and systematically correlated them for the first time. An evaluation of data from the TRY Plant Trait Database, one of the world's largest databases of plant traits, revealed that only seven percent of all flowering plants worldwide are perceived as blue by the human eye. Further, distinguishing between the flowering plants native to Europe according to pollination type is most revealing. Among the plant species that are mainly pollinated by wind or rain, there are virtually none that appear blue to humans. In contrast, the flowers of 7.5 per cent of all flowering plants that are mainly pollinated by insects or birds present themselves as blue to the observer. "This difference suggests that the colour perception of pollinating organisms has significantly influenced the development of flower colour over the course of evolution. It is therefore worth investigating the question of how flowers are perceived by their respective pollinators, and what interactions are triggered by this," says Prof. Dr. Anke Jentsch, Professor of Disturbance Ecology at the University of Bayreuth.

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Il progetto è stato selezionato tra gli 11 ammessi dal protocollo esecutivo 2021-23 per la cooperazione scientifico-tecnologica bilaterale.

"Analisi di sequenze sismiche per la previsione di forti repliche", presentato dall'Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale – OGS, è stato inserito nel Protocollo Esecutivo 2021-2023 di cooperazione scientifico-tecnologica bilaterale tra Italia e Giappone. Complessivamente sono 11 i progetti di grande rilevanza in settori all'avanguardia ammessi a partecipare dall'accordo sottoscritto a Tokyo lo scorso 15 gennaio dall'Ambasciatore italiano in Giappone, Giorgio Starace, e da Takeshi Nakane, Ambasciatore per la Cooperazione Scientifica del Ministero degli Affari Esteri nipponico.

Il focus - Il progetto presentato dall'OGS prevede la stretta collaborazione di due enti di ricerca italiani, l'OGS e l'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), con l'ente di ricerca giapponese The Institute of Statistical Mathematics (ISM). Unendo le competenze dei ricercatori dei tre enti, che hanno già sviluppato ed applicato ad alcune aree geografiche specifici algoritmi con tali finalità, ci si propone di migliorare la stima della probabilità che dopo un forte terremoto l'energia delle scosse che lo seguono, le cosiddette repliche, decada o, viceversa, si possano verificare altre forti scosse.

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The question of what happens in the atmosphere when a supervolcano erupts, has concerned scientists in atmospheric chemistry and meteorology for a while. Now, a research team from UiO, GEOMAR, NCAR, and MPI-M have worked together and come closer to an answer. They present their new findings in the journal Geophysical Research Letters.
The object of their interest happened ∼75,000 years ago in the Guatemalan highlands – the supervolcano eruption Los Chocoyos. Today, the eruption site is an enormous caldera, the Atitlán Caldera (14.6°N, 91.2°W). The caldera, now a lake, lies about 1,563 metres abovesea level, fringed by three cone-shaped volcanoes: Atitlán, Tolimán, and San Pedro.

When the volcano once erupted it had the magnitude of eight, the highest ranking on theVolcanic Explosivity Index (VEI).

The most beautiful lake in the world
The German explorer and naturalist Alexander vonHumbolt (1769 – 1859) called it "the most beautiful lake in the world” (Wikipedia). The beauty of Lake Atitlán is well known, and today it is one of the landscape highlights in Guatemala, and a national and international tourist attraction. It is surrounded by small Mayan villages.

Despite the volcano now being dead, the caldera gives evidence of the power the eruption had in the past, recently described in a study: A history of violence: Magma incubation, timing, and tephra distribution of the Los Chocoyos supereruption (Atitlán Caldera, Guatemala) by Cisneros et al (2021) inJournal of Quaternary Science. The eruption is known as one of the largest volcanic events of the past 100,000 years, and must have been an inferno of magma, explosions and outburst of gasses.

Pubblicato in Scienceonline

 

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