Tra venti e settanta milioni di anni fa ha prodotto con un ritmo frenetico nuove stelle, per poi divenire quiescente in epoche più recenti, fino ai giorni nostri. Questa ‘fucina’ si trovava nelle zone centrali della nostra galassia, attorno a un buco nero supermassiccio. Sono queste le conclusioni di uno studio condotto da un team internazionale di astronomi, tra cui Giuseppe Bono dell’INAF-Osservatorio Astronomico di Roma e dell’Università  di Roma Tor Vergata e pubblicato oggi sulla rivista Nature.  Determinante è stata la scoperta di tre stelle variabili di tipo Cefeide a solo poche decine di anni luce dal centro della nostra Galassia, la dove mai prima d’ora erano state individuate stelle simili.
“Le stelle Cefeidi classiche sono degli ottimi traccianti delle popolazioni stellari giovani e ne sono già state identificate diverse centinaia nel disco della Via Lattea” commenta Giuseppe Bono. “Queste stelle sono molto popolari in Astronomia perché possiamo determinare la loro distanza e la loro età con una notevole precisione se confrontate con altri gruppi di stelle evolute. La polvere ed il gas interposti tra noi ed il centro  non ci avevano consentito di individuare Cefeidi classiche  in questa regione. Abbiamo allora scandagliato quella zona con strumenti  che osservano nell’infrarosso.  Questo ci ha consentito, per la prima volta, di identificarne tre nel centro della nostra Galassia”.

 

Quando la Walt Disney/Pixar gli ha chiesto di recitare un cameo nella traduzione italiana di Wall-e, l’astronauta Roberto Vittori ha accettato al volo. Il cartone animato campione d'incassi nel 2008, vincitore del Golden Globe come miglior film d'animazione dell'anno e candidato a sei Premi Oscar, è una tenerissima storia d'amore tra il robot-spazzino Wall-e - rimasto solo su una Terra ormai disabitata e ridotta a una gigantesca discarica - e la fascinosa sonda spaziale Eve.

Giovanni F. Bignami compie un anno alla guida dell'Agenzia Spaziale Italiana, un anno che coincide, quasi, con la celebrazione dei venti anni di vita dell'ASI che saranno festeggiati il prossimo 30 maggio in occasione della presentazione del rapporto annuale.

Il mio primo anno in ASI
Dodici mesi di attività nel bilancio del presidente Giovanni F. Bignami
Il 26 aprile ho festeggiato il mio primo anno in ASI. Voglio condividere alcune delle cose fatte, almeno le più importanti, e ringraziare per i numerosi successi che, col lavoro di tutti, ASI ha saputo ottenere in questo anno.

L’anno degli anni

21 Gen 2009 Scritto da

Ma che anno sarà esattamente il 2009? No, per una volta la domanda non riguarda se e quando inizierà la ripresa economica. Tantomeno per quali segni zodiacali sarà un anno memorabile e per quali uno da dimenticare. La questione è: a quale causa appartiene quest’anno, appena iniziato e già conteso tra almeno quattro tematiche?

La Storia dell'Agenzia Spaziale Italiana non coincide con l'intera storia della politica spaziale italiana. Ma potremmo dire ne è un'inevitabile quanto diretta conseguenza. L'Agenzia Spaziale Italiana è stata infatti fondata nel 1988, con la necessità di fornire uno strumento adeguato e mirato all'attività che l'Italia ha svolto nel settore Spazio fin dalla fine degli anni 50.

Nel 1977 – il 20 Agosto ed il 5 Settembre – furono lanciate nello spazio interstellare le due sonde gemelle Voyager, con l’obiettivo di studiare l’atmosfera dei pianeti, la loro struttura fisica, scoprire i campi magnetici e censire i loro anelli e satelliti. Ma le due sonde si persero nello spazio e non si sa più dove siano finite. 
Le due navicelle avevano al loro interno un messaggio per le civiltà che si pensava potessero incontrare. Il messaggio era registrato su di un disco di rame ricoperto d’oro che conteneva anche immagini, suoni, messaggi in 55 lingue diverse e 27 pezzi di musica. Tra i brani di musica che ancora navigano nello spazio infinito ci sono: 

Planck compie un cielo. Il suo primo cielo. Il satellite dell’Agenzia spaziale europea, progettato per fotografare l’alba dell’universo, ha infatti appena completato la prima survey, la sua prima ricognizione completa dell’intera volta celeste (per essere precisi, il 98% di essa: il 100% è atteso per la fine di maggio).

Lanciato in orbita il 14 maggio 2009, Planck ha iniziato a mappare il cosmo a microonde a metà agosto. E proprio in questi giorni sta iniziando a ripercorrere porzioni di cielo già visitate, zone dell’universo primordiale che d’ora in avanti torneranno a riflettersi nel suo specchio più e più volte, per un totale di quattro survey a tutto cielo. A ogni passaggio, la qualità dei dati diventerà sempre migliore. Ma già in questa prima ricognizione Planck ha collezionato una quantità d’informazioni tale da dar lavoro per anni a cosmologi e astrofisici.

Che cosa ha dunque raccolto, Planck, in questo suo primo cielo di vita? Il team internazionale di scienziati che lo ha progettato si attendeva una mappa. E gli è arrivato un arazzo. Un cielo che, nei falsi colori a tinte espressioniste con i quali i ricercatori codificano le impercettibili variazioni di temperatura alle quali è sensibile Planck, pare rubato a una tela di Edvard Munch. Un kilim dall’intreccio complesso e sorprendente, nel quale spettacolari filamenti di polvere gelida, fino a circa 260 gradi sotto lo zero, sembrano estendersi dalla nostra galassia come lingue infuocate.

Strutture di filamenti di polvere fredda (cold dust) assai suggestive, quelle immortalate dagli occhi sensibili alle microonde di Planck, ma soprattutto ricche di contenuto scientifico: i ricercatori si attendono che studiarle a fondo possa essere di grande aiuto per determinare le forze che hanno dato forma alla nostra galassia e innescato la formazione stellare.

«Non siamo ancora riusciti a comprendere pienamente il motivo della forma caratteristica di queste strutture», dice Jan Tauber, dell’Esa, che di Planck è il project scientist. E fra le tante domande che questi primi dati sollevano, una particolarmente affascinante riguarda la singolare somiglianza fra i filamenti a grande scala osservati da Planck e quelli a scala assai più ridotta osservati dal suo “satellite gemello”, Herschel, sempre dell’Esa (Planck e Herschel sono stati lanciati in orbita insieme, a bordo dello stesso razzo Ariane V).

Da COS-B a GLAST

21 Mag 2008 Scritto da

Non partirà prima del 3 giugno la missione GLAST, l’osservatorio orbitante per astronomia gamma della NASA il cui lancio era originariamente previsto per il 16 maggio. Problemi tecnici al lanciatore hanno infatti costretto a rimandare il lancio da Cape Canaveral. Ora la NASA si dice fiduciosa per la data del 3 giugno.
Quando finalmente GLAST prenderà il via, portando in orbita anche l’importante partecipazione italiana alla missione, si aprirà un nuovo capitolo in una storia che dura ormai da oltre trent’anni, e che ha fatto del nostro Paese un protagonista dell’astrofisica della alte energie. Una storia iniziata con Cos-B, la prima missione spaziale dell’ESA per lo studio delle emissioni gamma, lanciata il 30 agosto 1975, di cui l’Italia era tra i principali partner scientifici. La scoperta di lampi o “burst” di raggi gamma, dalla provenienza del tutto sconosciuta, iniziava in quegli anni a creare grande interesse, e Cos-B tracciò una prima mappa delle sorgenti gamma della Galassia. Permise di stilare un catalogo di 25 sorgenti celesti, di cui una soltanto risultò essere una sorgente extragalattica (il quasar 3C273).

 

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