Da COS-B a GLAST

Nicola Nosengo 21 Mag 2008

Non partirà prima del 3 giugno la missione GLAST, l’osservatorio orbitante per astronomia gamma della NASA il cui lancio era originariamente previsto per il 16 maggio. Problemi tecnici al lanciatore hanno infatti costretto a rimandare il lancio da Cape Canaveral. Ora la NASA si dice fiduciosa per la data del 3 giugno.
Quando finalmente GLAST prenderà il via, portando in orbita anche l’importante partecipazione italiana alla missione, si aprirà un nuovo capitolo in una storia che dura ormai da oltre trent’anni, e che ha fatto del nostro Paese un protagonista dell’astrofisica della alte energie. Una storia iniziata con Cos-B, la prima missione spaziale dell’ESA per lo studio delle emissioni gamma, lanciata il 30 agosto 1975, di cui l’Italia era tra i principali partner scientifici. La scoperta di lampi o “burst” di raggi gamma, dalla provenienza del tutto sconosciuta, iniziava in quegli anni a creare grande interesse, e Cos-B tracciò una prima mappa delle sorgenti gamma della Galassia. Permise di stilare un catalogo di 25 sorgenti celesti, di cui una soltanto risultò essere una sorgente extragalattica (il quasar 3C273).

Il decennio successivo vede la ricerca italiana partecipare anche a EXOSAT, l’osservatorio a raggi X dell’ESA. Lanciato nel maggio del 1983, era la prima missione europea dedicata interamente allo studio dell’Universo in raggi X, e raccolse dati su una grande varietà di oggetti, da nane bianche ad ammassi di galassie a supernovae.


Forte di queste esperienze l’Italia era ormai pronta a mettere in cantiere la realizzazione del primo satellite scientifico italiano. Battezzato BeppoSAX dal soprannome del fisico italiano Giuseppe Occhialini, fu lanciato nel 1996 (in collaborazione con l’agenzia olandese per i programmi aerospaziali, la NIVR) e rimane uno dei più grandi successi spaziali del nostro Paese. Rimase operativo sette anni (contro i due originariamente previsti), con una straordinaria ricaduta scientifica, in particolare per quanto riguarda i gamma ray burst, Nel corso della sua vita, il satellite ne ha osservati più di trenta, e rivelando l’emissione di raggi X che accompagna quella gamma ha contribuito ha provato che provengono da galassie lontanissime, e che sono a tutti gli effetti le esplosioni più potenti dell’Universo dopo il Big Bang.

 

 

 


Il successo di BeppoSAX è stata la premessa per l’importante ruolo giocato dall’Italia anche nelle missioni XMM-Newton e INTEGRAL (entrambe dell’ESA) e SWIFT (della NASA). In particolare al telescopio per raggi X XMM-Newton ha contribuito in modo fondamentale la MediaLario di Como: i tre specchi di XMM-Newton sono frutto di una tecnologia molto avanzata e ognuno è costituito da 58 specchi concentrici di alta precisione, annidati uno dentro l'altro in modo da offrire la massima area di raccolta alla radiazione incidente, che viene raccolta e focalizzata sugli strumenti scientifici.

 



Nel 2007, finalmente, il lancio di un nuovo satellite tutto italiano, AGILE, dotato di un rivelatore in grado di osservare contemporaneamente nella banda gamma e dei raggi X duri. Nel suo primo anno di osservazioni, AGILE, che ha una vita minima prevista di due anni, ha già ottenuto la prima mappa completa del cielo osservabile in radiazione gamma e osservato diversi gamma ray burst.
Presto toccherà a GLAST affiancarlo: per continuare a studiare il mistero dei gamma ray burst, e affrontare anche il problema dei problemi della cosmologia moderna: quello della materia oscura.

 

Autore: Nicola Nosengo

Ultima modifica il Lunedì, 28 Febbraio 2011 08:04
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