La fratellanza per antonomasia dei fratelli Polsky

The motel life – miglior sceneggiatura e premio pubblico BNL – 7imo Festival del Cinema di Roma

Premio per la migliore sceneggiatura e premio del pubblico BNL per il miglior film ad Alan e Gabriel Polsky, che da produttori di cinema indipendente – il loro debutto fu il finanziamento de Il cattivo tenente di Herzog – hanno presentato alla settima Festa del Film di Roma il loro esordio alla regia, il quale ha portato loro fortuna. The motel life è, ovviamente, un film indipendente sia nei mezzi che nell’anima, benché non dal soggetto particolarmente originale.

Gli ingredienti della trama sono quelli tipici di un certo cinema americano. I fratelli di sangue Frank-Emile Hirsch e Jerry Lee-Stephen Dorff non hanno una vita facile. Non l'hanno mai avuta. Soli, a 14 anni, orfani, con pochi dollari in tasca e un fucile antico come unico ‘valore’ ereditato, vivono nei sobborghi di Reno, nel Nevada. Hanno imparato a cavarsela da soli, affidandosi l'uno all'altro, proteggendosi a vicenda, guardandosi le spalle, tenendo fede, ad ogni costo, ad un giuramento fatto alla mamma prima di morire. I due protagonisti ci portano per mano nel loro inferno terreno, fatto di solitudine, rimorsi e progetti futuri che appaiono irrealizzabili.

Il potere della fratellanza che resiste su tutto, nel dover reagire alle disavventure che la vita ci pone di fronte quotidianamente, la voglia di scappare da una realtà cupa e apparentemente senza vie d’uscita, fa volare in alto la fantasia. Questo è un film che rende giustizia alla miseria degli ultimi, senza però esser capace di sorprendere davvero, quanto invece in grado senza dubbio di emozionare.

I due registi alternano le riprese di live action con deliziosi inserti animati, con cui prendono vita le storie che Frank inventa per Jerry Lee. Esse ci ricordano il potere balsamico dell'immaginazione e sono chiaramente lo specchio dei loro desideri più nascosti e di quelle speranze, che non hanno il coraggio di esprimere a voce alta. Sono racconti folli e originali e permettono di ritrovarsi in un’altra realtà, parallela alla loro, anche se per pochi minuti. Veri e propri gioielli le parti animate, avrebbero meritato una menzione ed un premio a parte se ne avessero creato uno ad hoc. Assolutamente geniale, ad esempio, è la scena erotica del papà dei ragazzi con una fuorilegge, che scandisce un amplesso a ritmo di fucilate.

Dorff, smagrito, spossato, senza una gamba, interpreta il suo ruolo venato di sofferenza per un’esistenza vuota e priva d’interesse, quella di Jerry Lee. Sa di essere un peso per il fratello minore, sa che per colpa sua Frank non potrà mai realmente decollare, vivere a pieno la sua storia d’amore e volare via da quel Nevada che li chiude in una gabbia.

Tratta dal romanzo omonimo di Willy Vlautin, l’opera dei fratelli Polsky ha emozionato critici e non, proponendo un tipo di narrazione cinematografica intimistica e romantica. La macchina da presa si posiziona al centro dell’inconscio dei personaggi ed è da lì che riprende la storia da raccontare. Il film dimostra come non servano grandi budget e urlate provocazioni - intelligenti pauca - per girare un film che oltrepassi le barriere emotive dello schermo cinematografico, ma solo una buona storia. I due autori, forse, non hanno scelto un progetto rischioso per il loro esordio, o assolutamente originale, ma dimostrano di essere capaci di un stile registico e narrativo piacevole che ha avuto il suo meritato riscontro.

 

Margherita Lamesta

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