Microbiota umano: come i batteri si sono evoluti con noi

Università di Padova 24 Nov 2022


Su "Nature Communications» studio coordinato dalle Università di Padova e di Firenze" ha identificato per la prima volta la correlazione tra il DNA dei microorganismi presenti nell’uomo e stile di vita nelle popolazioni antiche.


Ripercorrere l’evoluzione dello stile di vita dei nostri antenati vissuti nel Sud Italia tra 31.000 e 2.200 a.C attraverso lo studio dei microorganismi presenti all’interno della bocca dell’uomo (microbiota orale), da cui è stato estratto il DNA antico. È il risultato ottenuto dallo studio coordinato dall’Università di Padova, grazie al sostegno del programma STARS, e dall’Università di Firenze, che è stato pubblicato sulla rivista «Nature Communications» in un articolo dal titolo Ancient oral microbiomes support gradual Neolithic dietary shifts towards agriculture.

Nella ricerca sono coinvolti ricercatori delle università la “Sapienza” di Roma, Bologna, Siena, e del Ministero della Cultura (MiC). È la prima volta che una ricerca è stata in grado di evidenziare una corrispondenza tra microbioma e il modo di vivere delle popolazioni umane antiche.
Gli scienziati hanno estratto il DNA antico (microbioma) da 76 campioni di tartaro dentario e sono riusciti a ricostruire l’antico microbiota orale di cacciatori-raccoglitori paleolitici (31.000- 11.000 a.C.) del nostro meridione e a confrontarlo con quello di campioni del Neolitico (6.200-4.000 a.C.) e dell’età del Rame (3.500-2.200 a.C.) provenienti dalle stesse aree geografiche. Secondo lo studio il microbiota orale - che gioca un ruolo fondamentale in numerosi processi fisiologici - varia in relazione ai cambiamenti nelle strategie di sopravvivenza: la composizione batterica, infatti, si adatta in maniera graduale e progressiva al nuovo sistema di sussistenza agricolo. I ricercatori hanno individuato due fasi, entrambe risalenti al Neolitico. Un primo cambiamento si registra tra il 6.200 e il 5.000 a.C., nei primi secoli della transizione all’agricoltura: numerose nuove specie di batteri popolano il microbiota orale e sono le stesse che oggi si ritengono responsabili di patologie orali e autoimmuni come il Porphyromonas gingivalis, la Tannerella forsythia e la Treponema denticola. In questo arco temporale, il microbiota dei primi agricoltori mantiene molti aspetti del microbiota delle comunità di cacciatori-raccoglitori paleolitici, ma presenta alcune specificità differenti. La seconda fase di sviluppo, con differenze molto marcate rispetto alle comunità paleolitiche, inizia nella seconda metà del Neolitico (4.500-3.500): le nuove specie di batteri nella cavità orale dei nostri antenati diventano preminenti, mentre quelle presenti nei campioni paleolitici tendono quasi a scomparire.


«Lo studio è frutto del lavoro incrociato di rami specialistici come microbiologia, paleogenomica, antropologia, paleobotanica ed archeologia. Siamo partiti dai dati archeologici per migliorare le strategie di campionamento, prestando attenzione al contesto culturale
di ogni campione raccolto. Inoltre – dice Andrea Quagliariello, primo autore dello studio e assegnista al Dipartimento di Biomedicina Andrea Quagliariello Comparata ed Alimentazione dell’Università di Padova – sfruttando tecniche di analisi bioinformatica, siamo riusciti a identificare importanti distinzioni della comunità microbica all’interno del nostro dataset che hanno trovato corrispondenza con i dati antropologici e archeologici. È la prima volta che una correlazione del microbiota con dati sullo stile di vita di popolazioni antiche viene identificata». «Il tartaro dentario è un materiale molto informativo, ma nei resti umani antichi è spesso presente in quantità estremamente esigue e può essere contaminato da residui di suolo – spiega Martina Lari del Dipartimento di Biologia dell’Università di Firenze e senior author del lavoro –. Nei laboratori di Firenze abbiamo applicato procedure rigorose per eliminare le contaminazioni da batteri moderni e garantire l’autenticità dei risultati del sequenziamento. Inoltre, grazie ad un approccio di analisi combinato sviluppato da noi, abbiamo potuto ricostruire il microbioma e parallelamente analizzare i resti vegetali della dieta anche dai campioni che presentavano residui di tartaro di pochissimi milligrammi, come nel caso degli individui del Paleolitico».

Approfondimenti
Il profilo funzionale dei batteri e analisi paleobotaniche È differente tra le comunità di cacciatori-raccoglitori e quelle neolitiche e vi sono interessanti corrispondenze con le indagini paleobotaniche, effettuate sul tartaro degli stessi campioni, e con le informazioni antropologiche sullo stato di salute orale. Nei campioni paleolitici si è trovata una grande quantità di elementi vegetali all’interno del tartaro, in particolare granuli di amido appartenenti a diverse specie di cereali. Dallo studio emerge che, oltre al consumo di proteine e grassi animali, anche l’apporto vegetale nella dieta fosse molto importante nelle comunità di cacciatori-raccoglitori. Questo dato trovava un interessante riscontro tra le specie batteriche dei paleolitici, dove infatti si osservava una presenza più elevata di batteri che degradano l’amido.


Le analisi paleobotaniche hanno evidenziato, in diversi individui, residui di avena, già osservata in passato su una macina di pietra ritrovata nello stesso sito. Ciò dimostra come questa pianta facesse parte della dieta dei cacciatori-raccoglitori del paleolitico del sud Italia. Inoltre è stata identificata una traccia di consumo del rizoma di ninfea gialla (Nuphar lutea). I campioni neolitici presentano al contrario una variabilità più ridotta di specie vegetali: i batteri orali delle comunità neolitiche e post-neolitiche hanno un profilo funzionale diverso, arricchito in specie che metabolizzano il galattosio (uno zucchero molto abbondante nei prodotti caseari) e per un’alta presenza di fattori di virulenza, specialmente nella seconda fase di transizione alla fine del Neolitico.
È un dato che si riscontra anche a livello scheletrico: vi è una maggiore incidenza di patologie dentarie nei campioni neolitici.

Il confronto con dati paleoecologici
Precedenti analisi condotte in quest’area avevano identificato due fasi di innalzamento delle temperature che portarono le popolazioni a coltivare piante maggiormente resistenti alla minore disponibilità di risorse idriche. È interessante notare che il periodo in cui questi cambiamenti ambientali hanno avuto luogo, trova una coincidenza con la seconda fase di trasformazione nella composizione microbica orale, osservata dai ricercatori durante la seconda metà del Neolitico. I cambiamenti climatici hanno determinato quindi un ulteriore cambiamento alimentare delle popolazioni neolitiche di quest’area, cambiamento che a sua volta ha agito sulle caratteristiche del microbioma orale, portando ad un innalzamento delle specie patogene e a peggiori condizioni di salute degli individui.

I ricercatori hanno inoltre ricostruito sei genomi completi di una specie orale molto presente tra tutti i campioni neolitici, ma meno frequente nel microbiota orale di oggi: l’Olsenella sp. oral taxon 807. Tutti i genomi antichi assemblati presentano diverse aree mancanti rispetto al genoma attuale di questo batterio. Queste aree sono soprattutto associate a meccanismi di difesa come ad esempio proteine coinvolte nel sistema CRISPR o di resistenza agli antibiotici: questi sistemi di difesa si sono quindi evoluti solo recentemente per Olsenella sp. oral taxon 807.

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