Martedì, 02 Luglio 2024

I "frutti della passione" al microscopio elettronico

 

 

Si chiamano "frutti della passione" ma non si trovano sul banco ortofrutticolo e con il frutto esotico condividono solo la forma e certamente non le dimensioni. Infatti, sono capsule di vetro nanometriche (un milionesimo di millimetro di lunghezza!) contenenti semi di oro ancora più piccoli.
I ricercatori dell'Università di Genova e dell'Istituto Italiano di Tecnologia ne hanno dimostrato l’efficacia in studi preclinici in accompagnamento alla radioterapia per i tumori della testa e del collo HPV positivi.

 Valerio Voliani, ricercatore dell'Università di Genova e dell'Istituto Italiano di Tecnologia, le ha sviluppate grazie a un MFAG (My First AIRC Grant), finanziamento quinquennale di Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro, e le ha battezzate con questo nome proprio per la loro struttura e per celebrare la passione per la scienza che muove i ricercatori.

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Un’indagine guidata da studiosi dell'Università di Bologna ha messo in luce nuove evidenze su come il cervello regola l'imitazione automatica: un comportamento alla base di molte interazioni sociali complesse. I risultati potrebbero portare ad applicazioni terapeutiche per pazienti con alterazioni neurologiche e disturbi nella sfera della socialità.

Un team interazionale di ricerca guidato da studiosi dell'Università di Bologna ha indagato i meccanismi neurali alla base del comportamento imitativo: un fenomeno che facilita l'interazione e la coesione sociale e permette alle persone di sintonizzarsi inconsciamente con gli altri.
Lo studio - pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS) - ha messo in luce nuove evidenze su come il cervello regola questo comportamento, aprendo così nuove prospettive per applicazioni cliniche e terapeutiche. "I risultati che abbiamo ottenuto aprono nuove strade per comprendere come la plasticità cerebrale può essere manipolata per aumentare o ridurre comportamenti imitativi e rendere le persone meno sensibili alle interferenze durante l'esecuzione di compiti", spiega Alessio Avenanti, professore al Dipartimento di Psicologia "Renzo Canestrari" dell’Università di Bologna, che ha coordinato lo studio. “Da qui potrebbero quindi nascere applicazioni terapeutiche per migliorare la prestazione cognitiva in pazienti con alterazioni neurologiche e disturbi nella sfera della socialità". 

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