Lo studio ha dimostrato, in un modello animale, che riattivazioni ripetute del virus inducono la comparsa e l’accumulo nel cervello di biomarcatori di neurodegenerazione tipici della malattia di Alzheimer, quali il peptide beta-amiloide (principale componente delle placche senili), la proteina tau iperfosforilata (che forma grovigli neurofibrillari) e neuroinfiammazione. L’accumulo di questi biomarcatori molecolari di malattia si accompagna a deficit cognitivi che diventano irreversibili con l’aumentare del numero delle riattivazioni virali.
“Le recidive delle ben note vescicole – spiega Anna Teresa Palamara – sono dovute al fatto che il virus si annida, in forma latente, in alcune cellule nervose situate fuori dal cervello. In seguito a diverse condizioni di stress (quali ad esempio infezioni concomitanti, calo delle difese immunitarie, esposizione a radiazioni ultraviolette, ecc.) il virus si riattiva, va incontro a replicazione e successiva diffusione alla regione periorale. In alcuni soggetti – aggiunge Palamara – il virus riattivato può raggiungere anche il cervello producendo in quella sede danni che tendono ad accumularsi nel tempo”.
In studi precedenti, condotti in modelli cellulari, i ricercatori avevano già dimostrato che il virus herpes simplex è in grado di promuovere la formazione di biomarcatori molecolari di neurodegenerazione. “La novità più rilevante di questo lavoro – osserva Giovanna De Chiara – consiste nell’aver validato questi risultati in un modello animale (topi) e nell’aver dimostrato che l’accumulo di questi biomarcatori si associa a deficit di memoria, che è senza dubbio il tratto caratterizzante della malattia di Alzheimer”.
“Non tutti coloro che soffrono di herpes labialis – aggiunge Grassi – devono temere di andare incontro a neurodegenerazione. In attesa di conferme di natura clinica nell’uomo, la nostra ricerca suggerisce comunque che negli individui nei quali si stabilisce un’infezione erpetica latente nel cervello, la ripetuta riattivazione del virus nel corso degli anni costituisce un fattore di rischio aggiuntivo per l’insorgenza della malattia di Alzheimer. Risulta, pertanto, fondamentale comprendere quali siano i fattori genetici e/o metabolici dai quali dipende che il virus raggiunga il cervello e lì si annidi in forma latente”.
“I nostri risultati suggeriscono – conclude Palamara – la necessità di prestare una maggior attenzione al nesso tra agenti microbici e neurodegenerazione, e di lavorare alla messa a punto di nuove strategie terapeutiche e/o preventive finalizzate a limitare le riattivazioni virali e la diffusione del virus nel cervello”.
Riferimenti:
Recurrent herpes simplex virus-1 infection induces hallmarks of neurodegeneration and cognitive deficits in mice - De Chiara, G., Piacentini, R., Fabiani, M., Mastrodonato, A., Marcocci, M. E., Limongi, D., Napoletani, G., Protto, V., Coluccio, P., Celestino. I., Li Puma, D. D., Grassi, C., Palamara A. T. - PLoS Pathogens 2019
DOI: https://doi.org/10.1371/journal.ppat.1007617