I nanocristalli dorati che raccolgono tutta la luce del sole


Ottimizzare l’energia prodotta dai dispositivi fotovoltaici, recuperando la luce sprecata. Questa l’obiettivo raggiunto dai ricercatori di Milano-Bicocca, realizzato attraverso nuovi nanoscristalli fluorescenti, drogati con pochi grammi di oro, in grado di assorbire e manipolare lo spettro solare e trasformare una frazione dei fotoni sprecati in modo che possano essere utilizzati dai dispositivi.

 I risultati di questa ricerca, dal titolo "High Photon Upconversion Efficiency with Hybrid Triplet Sensitizers by Ultrafast Hole-Routing in Electronic-Doped Nanocrystals" (doi: 10.1002/adma.202002953) sono stati appena pubblicati su Advanced Materials.

 Per rendere più efficienti i dispositivi fotovoltaici, come ad esempio le celle solari, è necessario sfruttare dei processi che consentano di recuperare la luce sprecata. Per risolvere questo problema, il gruppo di Spettroscopia Avanzata di Nanomateriali Funzionali del Dipartimento di Scienza dei Materiali dell’ Università degli Studi di Milano – Bicocca guidato dai professori Sergio Brovelli, Francesco Meinardi e Angelo Monguzzi, ha sviluppato una nuova classe di nanocristalli fluroescenti in cui vengono inseriti pochi atomi di oro e sono “decorati” con cromofori organici. Essi sono in grado di assorbire e manipolare lo spettro solare, trasformando una frazione dei fotoni sprecati i in modo che possano essere utilizzati dai dispositivi.

 Il Sole irradia la Terra con luce di tutti i colori e a ogni colore corrisponde un fotone (un quanto di radiazione) con diversa energia. Tutti potrebbero essere raccolti per produrre energia elettrica e attivare reazioni chimiche, ma le tecnologie fotovoltaiche e fotocatalitiche attualmente in uso sono in grado in realtà di sfruttarne solo una piccola porzione e, nel migliore dei casi, arrivano a raccogliere solo due terzi dei fotoni disponibili.

 Il gruppo di ricercatori, per eliminare questo spreco di energia, ha progettato un sistema multicomponente ad alta efficienza in grado di catturare i fotoni sprecati a bassa energia e di convertirli in fotoni ad alta energia che vengono poi sfruttati nel dispositivo.

«Questa trasformazione prende il nome di photon upconversion e funziona - spiega Angelo Monguzzi - grazie all’interazione tra due oggetti: un’antenna, costituita da un nanocristallo a semiconduttore, che cattura l’energia solare, ed un convertitore/emettitore, che riceve l’energia dall’antenna e genera i fotoni ad alta energia».

 Il trasferimento dell’energia tra antenna e convertitore è il un punto chiave del processo. «Per massimizzarne l’efficienza, i nanocristalli a semiconduttore assorbitori di luce sono stati modificati introducendo delle impurezze di oro, sotto forma di “quantum clusters”, in grado di funzionare da ponte energetico tra il nanocristallo stesso e i convertitori sfruttando meccanismi ultraveloci che avvengono su scale temporali velocissime, inferiori al milionesimo di milionesimo di secondo (picosecondi), e quindi estremamente efficienti» continua Sergio Brovelli. «Il funzionamento di questo meccanismo per catturare e trasportare energia all’interfaccia tra materiale inorganico e organico - conclude Francesco Meinardi - si basa su concetti assolutamente generali, che potranno portare allo sviluppo di nuovi nanomateriali ibridi da impiegare anche in altri campi della fotonica e dell’optoelettronica, per esempio per produrre nuovi markers per bio-imaging e nuovi sensori, oppure della fotochimica».

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