Brillamenti solari nel mirino di EXIS. Il sensore Extreme Ultraviolet and X-Ray Irradiance Sensors, istallato a bordo del satellite geostazionario GOES-16 - la “vedetta” NASA incaricata di osservare i fenomeni di meteorologia spaziale con l’obiettivo di tenere d’occhio tutto ciò che condiziona il clima terrestre – ha assistito all’eruzione solare del 21 gennaio scorso. Attività del genere, in atto sulla nostra stella, sono in grado di liberare straordinaria energia e produrre nubi di plasma che viaggiano nello spazio a velocità superiori al milione e mezzo di chilometri l’ora. Quando questo flusso di particelle cariche raggiunge il pianeta Terra, può divenire causa di interferenze ai canali radio, disturbi alle reti elettriche, errori nei sistemi di navigazione satellitare GPS. Non da ultimo, può rappresentare un pericolo per la salute dei satelliti e degli astronauti. Lo strumento EXIT, realizzato dal Laboratory for Atmospheric and Space Physics dell’Università del Colorado, fornisce un valido supporto alle attività di monitoraggio dei fenomeni di meteorologia spaziale: il sensore ha infatti la capacità di misurare i brillamenti solari a diverse lunghezze d’onda e di individuare il punto in cui si verificano. Le sue abilità consentono di implementare la nostra conoscenza di tali eventi violenti e di mettere in atto strategie di prevenzione sugli effetti correlati che coinvolgono la Terra. I dati raccolti dal satellite e dal sensore EXIS infatti, vengono processati dal NOAA’s Space Weather Prediction Center – il centro americano di meteorologia spaziale – e composti in modo da abbozzare una previsione dei fenomeni energetici solari che stanno per scatenarsi: predire una tempesta solare vuol dire migliorare la nostra conoscenza del nostro astro madre, ma soprattutto essere in grado di mettersi al riparo dagli effetti negativi che le sue attività generano.