Musicolor

Marina Pinto 18 Feb 2009

Arte figurativa e musica, due ingegnosità vicine, vicinissime, entrambe in grado di suscitare emozioni ed aprire la mente, doni preziosi e segni inequivocabili della fantasia e della genialità dell’uomo, nonché portatrici di messaggi universali ed immortali. La storia ci racconta di quanto queste due arti siano legate: per esempio il pittore Kandinskij fu molto amico dei musicisti Musorgskij, Skrjabin e Schonberg (che fu anche pittore per circa vent’anni). Kandinskij stesso studiò musica (pianoforte e violoncello), parlò e scrisse molto sull’argomento, e nei suoi scritti espresse sempre i concetti di armonia, lotta e tensione e della loro corrispondenza fra colori e suoni, tanto che affermò: “La nostra armonia è formata da una lotta dei toni, dall'equilibrio perduto, dal venir meno dei principi, da inattesi rulli di tamburo, da grandi interrogativi, da aspirazioni apparentemente incoerenti, catene e legami spezzati, contrasti e contraddizioni”.


La dimensione musicale dell’arte ha affascinato anche scienziati, ricercatori, filosofi matematici e compositori del passato più o meno recente, come, tanto per citare due esempi, Newton e Bach (il grande matematico della musica), fino a raggiungere il nostro tempo, quando il parallelismo fra le onde sonore e quelle luminose prende corpo attraverso la presentazione del progetto di tre ricercatori del Politecnico di Milano, il professor Giuseppe Caglioti, emerito di fisica, la regista e docente Tatiana Tchouvileva e il suo collega Goram Ramme.

Questi tre studiosi hanno realizzato un apparecchio chiamato Musicolor, che si avvale di una nuova tecnologia che permette di visualizzare su di uno schermo le onde sonore d’ogni tipo, sia che si tratti di suoni, di rumori o di voci. Ma in questo caso la traduzione della musica in immagini non ha richiesto l’uso di un computer (sarebbe stato troppo facile, e poi le immagini realizzate attraverso il software di un PC sono alla fine scontate e prevedibili), ma di uno schermo costituito da un film liquido trasparente dallo spessore compreso fra i 100 e i 400 nanometri.

Il Musicolor riflette al suo interno i colori dell’arcobaleno, ma basta un semplice sussurro o un flebile suono che la figura di base si deforma regalando un’immagine sempre diversa, e se i suoni proposti fanno parte di una melodia precisa, il disegno muta continuamente sotto l’impulso dell’onda che riceve sfruttando le proprietà fisiche delle onde sonore, come se avessimo la possibilità di vedere l’aria che vibra durante un concerto, dove vedremmo le molecole che danzano sotto l’influenza della voci e degli strumenti, e, per quanto singolare possa sembrare (se davvero avessimo questa possibilità), allora ci accorgeremmo che le onde sonore si muovono ordinatamente, perfettamente organizzate nello spazio perché guidate dalla musica.
Il risultato di un concerto eseguito dal Musicolor è un vero e proprio “quadro animato”, forse proprio quello che intendeva Kandinskij quando diceva che avrebbe desiderato che le sue opere venissero “ascoltate”, ma qui c’è di più, perché è la musica ad essere “vista”.

Il Musicolor è una grande invenzione, ma non è uno strumento prettamente artistico o musicale, esso ha, anzi, molteplici attività: si può applicare nell’arredamento, nella moda, nella didattica e nella medicina: un suo uso consapevole potrà amplificare la percezione umana accompagnando i suoni alle immagini e a dei giochi di colore mai visti prima, così che sarà l’uomo stesso a destinarne l’uso.

Marina Pinto

Ultima modifica il Giovedì, 09 Agosto 2012 23:18
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