Tutti i fotoni vengono al pettine

Roberto Cristiano e Mikkel Ejrnaes 22 Dic 2009

Ricercatori dell'ICIB e dell'IFN  del CNR  sviluppano un ricevitore a nanofili disposti a pettine in grado di captare piogge di fotoni. Applicazioni  nelle trasmissioni criptate di dati sensibili, nelle futuribili comunicazioni interplanetarie e in proteomica.

Nella società della comunicazione, il flusso di informazioni è sempre più continuo e caotico. E i dati sensibili trasmessi, giocoforza, non sono sempre al riparo da 'occhi' indiscreti. Una soluzione, adottata dalla cosiddetta crittografia quantistica, è farli viaggiare 'a cavallo' di fotoni lungo le autostrade delle fibre ottiche. Ma non è semplice costruire un ricevitore in grado poi di raccoglierli tutti. Attualmente sono allo studio diversi dispositivi sia a semiconduttore che a superconduttore.
Molti problemi tecnici legati a questi ultimi sono stati superati dalla ricerca compiuta dagli studiosi dell'Istituto di Cibernetica “E. Caianiello” del Cnr (ICIB) di Napoli, che hanno realizzato un “pettine” di nanofili in una configurazione speciale che si è mostrato 25 volte più veloce dei rivelatori superconduttori finora sviluppati per la crittografia quantistica. Lo studio è stato pubblicato dalla rivista scientifica internazionale «Superconductors Science and Technology».

 

La protezione di flussi di informazioni che non devono essere intercettati da terzi perché di importanza, ad esempio, strategica o economica, sta per compiere grandi passi avanti sfruttando la meccanica quantistica: la crittografia quantistica, che si basa sulle proprietà della meccanica quantistica, riesce a fornire un sistema in base al quale l'informazione trasmessa ed eventualmente intercettata viene automaticamente distrutta, rendendo immediatamente evidente l'intrusione a chi emette e chi riceve il messaggio.

Per sviluppare un sistema crittografato in maniera quantistica si usano strumenti e metodi  tutt'oggi ancora in fase di studio e perfezionamento. Una classe di questi sistemi è quella che fa uso della trasmissione di fotoni. Fondamentale, in queste  applicazioni, è la realizzazione di strumenti di  trasmissione e di 'raccolta', dei ricevitori di fotoni molto sensibili, in grado di leggere i segnali ottici inviati dal trasmettitore a un certa lunghezza d'onda specifica - dell'infrarosso, che è poi quella della luce che viaggia nelle fibre ottiche delle telecomunicazioni - e che non 'perdano per la strada' nessun fotone trasmesso.

Un ricevitore di questo tipo, in grado di intercettare miliardi di fotoni al secondo, deve essere, oltre che estremamente sensibile, anche molto veloce a 'resettarsi', cioè azzerarsi una volta colpito, e preparasi a raccogliere il fotone successivo.

Attualmente, per questi scopi, si possono usare diodi semiconduttori che però danno risultati insoddisfacenti, producendo una serie di falsi eventi e resettandosi troppo lentamente.
Un'alternativa è rappresentata dalla nuova generazione di rivelatori superconduttori (SSPD), che lavorano a temperature di 5 gradi sopra lo zero assoluto, e che sono composti da nanofili di nitruro di niobio. Proprio in virtù delle loro ridottissime dimensioni, i nanofili sono altamente perturbabili dall'infinitamente piccolo fotone e quindi danno luogo a ricevitori incredibilmente sensibili.

Il problema che si ha è che, con dimensioni così piccole bisogna coprire un'area relativamente grande (qualche micron, e in un micron entrano un migliaio di nanofili), cioè bisogna giustapporre numerosi nanofili, oppure disporre opportunamente un unico lungo filo a serpentina che copra  l'area necessaria. Ma la soluzione di serpentina (o “a meandro” come viene chiamata in gergo), che è quella finora proposta da altri gruppi di ricerca,  si è dimostrata lenta a resettarsi: cioè più il filo era lungo più diventava lento.

L'idea dei ricercatori dell'Istituto di Cibernetica è stata allora di organizzare i fili in modo diverso: uno accanto all'altro, ma collegati tra di loro “in parallelo” come in una sorta di pettine e di farli funzionare in base ad un nuovo principio fisico, la commutazione a cascata (cascade switching). In questo modo, si è visto che ciascun singolo filo, di lunghezza molto inferiore a quella del meandro, conservava la sua velocità, che restava praticamente  quella che avrebbe avuto se fosse stato preso a sé stante. Dopo circa 3 anni di lavoro i risultati hanno dimostrato che un raggruppamento di nanofili in parallelo è addirittura  25 volte più veloce della tradizionale serpentina.

Lo studio rappresenta un passo avanti che potrà avere ripercussioni anche in altri ambiti come nella costruzione di speciali ricevitori di fotoni che consentiranno di effettuare delle 'interurbane' molto particolari, nelle comunicazioni interplanetarie, a cui stanno intensamente lavorando alcuni scienziati  del MIT in USA. Infatti, con sistemi come questi sarà possibile raccogliere anche pochi fotoni che trasportino dati emessi, per esempio, da sonde spaziali inviate verso lontani pianeti del sistema solare.

La configurazione a fili paralleli si è mostrata particolarmente vantaggiosa anche nella rivelazione di molecole per misurare la massa di proteine. In questo caso, il vantaggio costituito dall’uso di rivelatori superconduttivi è la velocità di risposta insieme alla capacità di rivelare grandi masse molecolari come quelle di proteine con masse molecolari che vanno da alcune decine di migliaia a milioni di unità di massa atomica, valori dove i tradizionali rivelatori diventano di scarsissima efficienza e praticamente ciechi. La struttura “a pettine” ha consentito di realizzare rivelatori in grado di coprire un’area di 1 millimetro quadrato, mantenendo la velocità di risposta dell’ordine di 1 nanosecondo, un record per questo tipo di dispositivo che si avvia in questo modo a costituire una valida alternativa all’impiego dei tradizionali rivelatori impiegati in spettrometri di massa a tempo di volo.

La ricerca ha visto la collaborazione dell'Istituto di Cibernetica del Cnr di Napoli, dell'Istituto di Fotonica e Nanotecnologia del Cnr di Roma e dell'Università di Salerno nell’ambito del progetto Europeo SINPHONIA per lo sviluppo di rivelatori a nanofili di fotoni-singoli, e di una collaborazione tra l'Istituto di Cibernetica del Cnr di Napoli e il Research Institute for Instrumentation Frontier dell’AIST di Tsukuba in Giappone per la rivelazione di macromolecole.

 

 
Foto al microscopio ottico (a sinistra) ed elettronico (al centro e a destra) di un rivelatore superconduttore a nanofili in cui si vede, a vari ingrandimenti, la tipica struttura a “pettine” con blocchi di nanofili in parallelo.

 

 

Impulsi di risposta di un rivelatore superconduttore ad una molecola di Angiotensina I. In rosso è riportata l’impulso del rivelatore a nanofili paralleli confrontato con quello (in nero) di un rivelatore a meandro. Si vede chiaramente che l’impulso in rosso è molto più breve (circa 2 nanosecondi).

 

Referenze

1.M Ejrnaes, A Casaburi, O Quaranta, S Marchetti, A Gaggero, F Mattioli, R Leoni, S. Pagano and R Cristiano
Characterization of parallel superconducting nanowire single-photon detectors
Supercond. Sci. Technol., Vol. 22 (2009)  055006

2.M. Ejrnaes, R. Cristiano, O. Quaranta, S. Pagano, A. Gaggero, F. Mattioli, R. Leoni, B. Voronov, and G. Gol'tsman
A cascade switching superconducting single photon detector
Appl. Phys. Lett. Vol. 91, (2007) 262509

3.N. Zen, A. Casaburi, S. Shiki, K. Suzuki, M. Ejrnaes, R. Cristiano, and M. Ohkubo
Ultrafast superconducting stripline molecule detectors with 1 mm size
Appl. Phys. Lett. Vol.   95 (2009)  172508

4.A.Casaburi, N. Zen, K. Suzuki, M. Ejrnaes, S. Pagano, R. Cristiano, and M. Ohkubo
Sub-nanosecond time response of large-area superconducting stripline detectors for keV molecular ions
Appl. Phys. Lett. Vol. 94 (2009) 212502

LINKS

http://nanotechweb.org/cws/article/tech/38119

http://www.laserfocusworld.com/display_article/272171/12/none/none/Feat/Emerging-Detector-Devices:-Nanowires-detect-individual-infrared-photon

 

Roberto Cristiano e Mikkel Ejrnaes

Ultima modifica il Martedì, 27 Giugno 2017 15:54
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