I dati ottenuti dagli autori dello studio mostrano che SARS-CoV-2 e gli altri coronavirus presentano uno spettro di mutazione simile, cioè tendono ad accumulare gli stessi tipi di mutazioni nucleotidiche (in particolare da citosina a uracile e da guanosina a uracile). Questa caratteristica non è condivisa da altri virus a RNA che infettano l’uomo. Ciò è estremamente importante perché alcune mutazioni potrebbero consentire ai coronavirus di eludere una proteina antivirale prodotta dalle nostre cellule e chiamata ZAP (Zinc finger antiviral protein). ZAP è una proteina che inibisce la replicazione dei virus a RNA legandosi all’acido nucleico virale e provocandone la degradazione. Infine, i ricercatori hanno osservato che, durante i primi mesi di diffusione della pandemia di SARSCoV-2, la frequenza di alcuni tipi di sostituzione è aumentata. Questo suggerisce un cambiamento nella pressione selettiva dopo lo spillover ed è in accordo con dati che indicano come la frequenza di alcuni tipi di mutazione (da guanosina a uracile) sia aumentata di 9 volte dopo il salto di specie dal pipistrello. In sintesi, i dati suggeriscono che lo spettro di sostituzione di SARS-CoV-2 sia determinato da un'interazione tra diversi fattori e indicano che sarà fondamentale monitorare nel corso del tempo la variabilità genomica di SARS-CoV-2, per comprenderne l’evoluzione sul lungo periodo.