Terremoti del centro Italia: dove è il volume fantasma?

La Sapienza Università 15 Mar 2019

Le immagini satellitari raccolte dal team di ricerca del Dipartimento di Scienze della Terra, dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia e del Consiglio nazionale delle ricerche hanno registrato l’esatta misurazione dei volumi di roccia mobilizzati durante il sisma di Amatrice - Norcia. Lo studio, pubblicato su Scientific Reports, potrebbe fornire nuove interpretazioni sulla dinamica dei terremoti

La sequenza sismica iniziata nel centro Italia il 24 agosto 2016 è legata all’estensione che coinvolge gli Appennini e viene misurata tramite la rete GPS. Grazie alle nuove tecnologie satellitari è stato possibile misurare come il terremoto abbia determinato l’abbassamento di un volume di crosta terrestre almeno 7 volte maggiore di quello sollevato. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Scientific Reports.

Da circa venti anni i satelliti per l’osservazione della Terra permettono di studiare gli eventi sismici. In particolare, quelli che equipaggiano un sensore RADAR, il SAR (Synthetic Aperture Radar), sono utilizzati per misurare con precisione le deformazioni della superficie terrestre indotte dai terremoti.

L’interferometria SAR – spiega Emanuela Valerio, ricercatrice della Sapienza – ha permesso di estrarre l’informazione circa la distanza che ciascun punto al suolo (il pixel delle immagini) ha rispetto al SAR, consentendo quindi la misura delle variazioni avvenute nell’area “fotografata” dal satellite a seguito del terremoto. È stato così possibile calcolare gli abbassamenti e sollevamenti del suolo e i relativi volumi di roccia mobilitati dagli eventi sismici avvenuti il 24

agosto 2016, di magnitudo 6, e il 30 ottobre 2016, di magnitudo 6.5”.

 I risultati ottenuti pongono un quesito molto importante: dove va a finire in profondità questa massa crostale in eccesso? Il modello prevede che nella fase preparatoria del terremoto, che può durare alcune centinaia di anni, si formino nella crosta fragile (i primi 10-15 km) alcune migliaia di microfratture legate all’estensione in corso lungo la catena appenninica. Si crea quindi un volume “dilatato” che, raggiunto uno stato limite in cui non è più in grado di sostenere il peso delle rocce sovrastanti, collassa come la richiusura di una fisarmonica.

“In particolare, grazie a questi dati – aggiunge Carlo Doglioni, del Dipartimento di Scienze della Terra e Presidente Ingv – è stato valutato il rapporto tra volume di roccia in subsidenza e volume in sollevamento, gettando nuova luce e conferme sul ruolo della forza di gravità nei terremoti relativi a faglie estensionali. Prossimo obiettivo è la caccia ai volumi crostali in cui lungo l’Appennino vi siano zone dilatate, pronte a generare un futuro evento sismico”.

 

Riferimenti:

Volume unbalance on the 2016 Amatrice - Norcia (Central Italy) seismic sequence and insights on normal fault earthquake mechanism - Bignami, C., Valerio, E., Carminati, E., Doglioni, C., Tizzani, P., & Lanari, R. Scientific Reports-Nature 2019.   DOI: 1038/s41598-019-40958-z

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