L’olivina dove non ti aspetti riscrive la storia di Vesta

L’asteroide Vesta non è solo uno dei corpi più antichi del nostro Sistema solare, ma ci sta rivelando che la sua storia evolutiva è molto più complessa di quanto si ritenesse finora. L’ultimo studio sul corpo celeste appena pubblicato sulla rivista Nature,  realizzato grazie ai dati raccolti dallo spettrometro italiano VIR (Visual and InfraRed spectrometer) a bordo della sonda Dawn della NASA  indica infatti che l’olivina, un minerale presente nelle regioni più interne dei pianeti rocciosi come la Terra, risulta quasi del tutto assente nei grandi bacini meridionali di Vesta, che si pensa si siano formati a seguito di impatti con altri corpi celesti e che avrebbero asportato gli strati più esterni della crosta ed esposto il suo mantello. L’olivina è stata invece osservata,  sorprendentemente, in grande abbondanza in una  regione lontana dai bacini sud, nell’emisfero nord.

 

 

Questa inattesa distribuzione dell’olivina indica che la formazione e l’evoluzione di Vesta non può essere spiegata semplicemente con gli stessi processi che avrebbero sperimentato i pianeti interni del Sistema solare, in particolare quello che ha portato alla differenziazione del tipo delle rocce, stratificate in base alla loro profondità.
“La mappa della distribuzione dei materiali ricchi di olivina sulla superficie di Vesta che abbiamo prodotto grazie ai dati di VIR mostra caratteristiche assai differenti a quello che ci aspettavamo di trovare rispetto alle nostre conoscenze che avevamo prima della missione Dawn” dice Eleonora Ammannito, ricercatrice dell’INAF-IAPS di Roma, prima autrice dell’articolo a cui hanno partecipato altri colleghi dell’INAF-IAPS e di Istituti di ricerca tedeschi e statunitensi. “Questi risultati aprono nuovi scenari di formazione ed evoluzione di Vesta e, verosimilmente, di altri oggetti  del Sistema solare primordiale”.

Grazie a questo nuovo, importante risultato, gli astrofisici stanno facendo chiarezza su quali siano stati i processi che hanno modellato Vesta così come la osserviamo oggi. Due sono i principali scenari che possono spiegare l’evoluzione dell’asteroide. Il primo suggerisce che Vesta abbia subìto una fusione parziale della sua struttura, dal cui raffreddamento si sarebbero prodotte solo alcune zone ricche di olivina, piuttosto che uno strato distribuito in modo uniforme su tutto l’asteroide. Una seconda ipotesi avanzata è quella della differenziazione globale, con formazione di nucleo, mantello e crosta.  In questa ricostruzione, le rocce del mantello di Vesta ricche di olivina sarebbero state inizialmente esposte a seguito di una collisione con un altro oggetto celeste e poi sarebbero  state ricoperte da uno strato di materiali di differente composizione.

L’olivina  osservata sarebbe stata riscavata da impatti recenti.
“La nostra idea favorita è che sotto la superficie di Vesta ci sia comunque un mantello roccioso ricco di olivina” commenta Maria Cristina De Sanctis, dell’INAF-IAPS, team leader dello spettrometro VIR e co-autrice dell’articolo.  “In ogni caso, l’assenza di olivina pura nelle zone meridionali di Vesta e la sua inaspettata presenza nelle regioni settentrionali dell’asteroide indicano una storia evolutiva più complessa di quanto ci attendessimo prima delle osservazioni di Dawn”.

Nel team dell’Istituto di Astrofisica e Planetologia Spaziali (IAPS) dell’INAF che ha partecipato allo studio, oltre Eleonora Ammannito e Maria Cristina De Sanctis, fanno parte Ernesto Palomba,  Andrea Longobardo, Simone Marchi, Maria Teresa Capria, Fabrizio Capaccioni, Alessandro Frigeri, Federico Tosi, Francesca Zambon, Francesco Carraro, Sergio Fonte, Gianfranco Magni.

Photo: Doug Bowman

http://www.media.inaf.it/2013/11/06/lolivina-riscrive-la-storia-di-vesta/

Ultima modifica il Lunedì, 25 Novembre 2013 23:07
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