Maggio 2020

 



Costruiamo insieme il Mondo che Verrà. È questo il titolo della grande consultazione lanciata oggi dal WWF Italia che attraverso il proprio sito web e canali social chiede a tutti i cittadini di esprimere la propria opinione sul mondo da costruire una volta che l’emergenza sanitaria legata al contagio da COVID-19 sarà superata.

La pandemia contro cui tutto il Pianeta sta lottando ha messo in evidenza le nostre fragilità, cambiando le nostre certezze, le nostre relazioni sociali e il nostro modo di lavorare. Ha stravolto la nostra economia e la nostra società. La strada che sceglieremo per affrontare la crisi conseguente a questa emergenza sarà fondamentale non solo per costruire un futuro di benessere sostenibile, ma anche per prevenire ulteriori futuri drammi sanitari .
La scienza ci dice che malattie come il COVID-19, che mettono in pericolo la nostra salute e le nostre società, sono collegate al traffico di specie, alla distruzione degli ecosistemi e al nostro impatto sulla biosfera. Questo aspetto è stato approfondito nel report Pandemie, l’Effetto boomerang della distruzione degli ecosistemi da cui emerge un legame molto stretto tra le malattie che stanno terrorizzando il Pianeta (non solo il COVID-19) e le dimensioni epocali di consumo di natura che la Terra sta subendo e che ogni anno cresce a ritmo forsennato.


Ecco perché, oggi, è necessario scegliere la strada da percorrere per un benessere davvero sostenibile, equo e in armonia con la natura. Per questo la campagna “Il mondo che verrà” chiede a tutte le persone di esprimere la propria opinione, la propria visione, le proprie speranza con un messaggio, una proposta da postare su QUESTO SITO

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I bambini di soli tre mesi possono immagazzinare informazioni subliminali che influenzano le loro emozioni e la loro percezione degli oggetti: a dimostrarlo è lo studio del Dipartimento di Psicologia dell’Università di Milano-Bicocca, dal titolo “Subliminal affective priming changes the ‘feeling’ towards neutral objects in infancy”, pubblicato su “Social Neuroscience” (DOI: 10.1080/17470919.2020.1756403).

I ricercatori si sono focalizzati sul cosiddetto “priming subliminale emozionale”, processo che spiega come mai le nostre preferenze e le nostre idiosincrasie siano governate da influenze delle quali non siamo pienamente consapevoli. In particolare questo meccanismo si basa sulla capacità del nostro sistema nervoso non solo di tenere traccia dell'informazione subliminale, ma anche di trasferire l'emozione suscitata su un oggetto target. Per analizzare il priming subliminale, diversi studi erano stati già condotti su soggetti adulti: mostrando loro un volto felice o arrabbiato sotto-soglia percettiva (quindi a livello subliminale), subito seguito da uno stimolo chiaramente visibile, i soggetti riportavano di gradire di più lo stimolo preceduto da un volto felice. Questo trasferimento affettivo è dovuto al fatto che, essendo i due eventi molto ravvicinati nel tempo, il cervello tende a creare un'associazione automatica.

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Sulla rivista scientifica Brain, uno studio realizzato dall’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù in collaborazione col Policlinico Universitario di Messina e altri centri internazionali (Usa, Germania, Danimarca, Finlandia ed Egitto).


Identificato un nuovo gene la cui mutazione è responsabile di una malattia rara caratterizzata da un grave difetto del metabolismo. Lo studio multicentrico ha riguardato gli unici casi noti al mondo,
7 in tutto, ed è stato condotto dai ricercatori del laboratorio di genetica medica dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù in collaborazione con il Policlinico Universitario di Messina e altri istituti in USA (Pennsylvania, Minnesota, California), Germania, Danimarca, Finlandia ed Egitto. Il lavoro è stato pubblicato sulla rivista scientifica Brain una delle più importanti del settore.


La nuova patologia è dovuta alla mutazione del gene identificato come GALNT2 ed è quindi stata chiamata "GALNT2-congenital disorder of glycosylation (GALNT2-CDG)". Si tratta di una patologia congenita a trasmissione ereditaria “autosomica recessiva”. Vuol dire che entrambi i genitori sono portatori sani del gene mutato che per manifestarsi come patologia dev’essere presente in duplice copia nel bambino, cioè dev’essere trasmesso sia dalla mamma che dal papà. Come nel caso dell’albinismo, per esempio. A oggi sono noti solamente 7 casi in tutto il mondo, appartenenti a 4
distinte famiglie, in cui questa malattia sia stata documentata ed accertata. Nello specifico, i ricercatori dell’Ospedale hanno effettuato l’esame clinico e le indagini genetiche (analisi SNP-array e sequenziamento dell’esoma) su due pazienti inclusi nello studio, uno di essi, pur non manifestando i segni della malattia, è stato inserito nell’ambito della ricerca come controllo negativo, in quanto portatore di due varianti del gene GALNT2 ma che non alterano l’attività della proteina.

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Uno dei pregi dell'archeologia è quello di dare corpo alla storia dando nuova vita ai reperti trovati dagli studiosi nel corso delle loro campagne di scavo. Quanto sia vero lo dimostra lo “Scavo Archeologico subacqueo della Battaglia di Capo Noli di una scialuppa Napoleonica del 1795”.

La battaglia di Noli merita qualche approfondimento storico soprattutto per l'illustre personaggio che ne uscì vittorioso. All'inizio del marzo 1795, alcune navi francesi salpano da Tolone in direzione della Corsica ma vengono raggiunti dall'avanguardia della flotta inglese costituita dalla fregata Incostant e dall'Agamemnon di Orazio Nelson che sorprendono il vascello francese Ca Ira, rimasta indietro. Il giorno successivo, gravemente danneggiata, la Ca Ira viene raggiunta dalla nave francese Censeur. Le due unità diventano quindi facile bersaglio per gli inglesi: il 14 marzo del 1795 Nelson ingaggia la battaglia di Capo Noli attaccando coraggiosamente la nave francese di classe superiore Ca Ira, impedendo lo sbarco delle truppe francesi in Corsica. Alla fine i francesi saranno costretti alla fuga lasciando agli inglesi la Censeur che viene data alle fiamme mentre la Ca Ira, ridotta ad un pontone con 3 metri di acqua nella stiva, viene catturata. E' la prima importante vittoria del capitano Nelson, futuro ammiraglio e eroe nazionale d'Inghilterra.

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Domenica 10 maggio sarà la Festa della Mamma: un giorno speciale, per celebrare il duro lavoro che ogni madre svolge nella cura dei propri figli. Noi umani siamo solo una delle tante specie al mondo in cui il ruolo della mamma è fondamentale per proteggere, nutrire e crescere i piccoli. Nel regno animale, infatti, sono molte le specie che hanno un rapporto forte e duraturo con i propri cuccioli. Gli adattamenti sono davvero tanti e differenti. Anche tra gli animali che svolgono una vita prettamente solitaria, il legame tra madre e figli appare quasi sempre unico, mentre altre specie invece crescono i piccoli all’interno di una vera e propria società. Ovviamente poi esistono specie che, in maniera simile agli umani, crescono i figli in coppia.


Le mamme solitarie


Gli Oranghi, ad esempio, in natura fanno una vita semi-solitaria: trascorrono la maggior parte del loro tempo appesi agli alberi, muovendosi rapidamente tra i rami. Gli unici oranghi che condividono la propria quotidianità con altri simili sono proprio le femmine con i loro cuccioli. Nei primi due anni di vita, i piccoli di orango si affidano totalmente alle loro madri, sia per nutrirsi che per spostarsi. Le mamme non abbandonano i loro cuccioli fino ai sei o sette anni, età in cui i cuccioli saranno autosufficienti per procacciarsi il cibo da soli, e avranno appreso dalla madre anche i trucchi per costruire il loro rifugio per dormire. A volte, anche negli anni successivi i giovani oranghi non si allontanano dalla madre, restando non distanti dal nucleo familiare che li ha cresciuti. Alcune femmine di orango, una volta diventate autonome, non si dimenticano di fare visita alla loro dolce mamma, e la vanno a trovare fino all’età di 15 o 16 anni.

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In nuovo studio coordinato dalla Sapienza, in collaborazione con l’Università Campus Bio-Medico di Roma, è stata dimostrata l’azione dell’ormone maschile nei meccanismi d’ingresso del virus SARS-CoV-2. I risultati del lavoro, pubblicati sulla rivista scientifica Metabolism, suggeriscono il testosterone come ormone-sentinella per la prevenzione e il trattamento dell’infezione da Coronavirus negli uomini
Il Covid-19 colpisce più gli uomini delle donne. Lo dimostrano diversi studi in cui è stato evidenziato che circa il 60% delle persone colpite dal virus è di sesso maschile. Qual è il motivo di questa differenza di genere?

Una risposta arriva dai risultati di un nuovo lavoro coordinato da Andrea Lenzi del Dipartimento di Medicina sperimentale, in collaborazione con Paolo Pozzilli dell’Università Campus Bio-Medico di Roma. Lo studio, pubblicato sulla rivista Metabolism, ha analizzato il ruolo del testosterone, identificandolo come ormone-sentinella per la prevenzione e il trattamento del Covid-19 negli uomini.

“In questa nostra ipotesi di lavoro abbiamo affrontato il problema del testosterone, l’ormone maschile per eccellenza, che può essere più basso o più alto con un ampio range di variazione nella popolazione maschile – spiega Paolo Pozzilli, docente di Endocrinologia all'Università Campus Bio-Medico di Roma e Direttore di Endocrinologia e diabetologia del Policlinico Universitario Campus Bio-Medico – in particolare, sappiamo che i livelli di testosterone diminuiscono con l’età: per cui i soggetti anziani, ossia quelli più colpiti dal Coronavirus, sono anche quelli con più basso testosterone”.  

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Uno studio della Sapienza in collaborazione con l’Istituto Italiano di Tecnologia fornisce nuove informazioni sulla parte meno conosciuta del nostro corredo genetico mettendo sotto i riflettori il meccanismo di azione di una molecola di RNA non codificante sulla formazione dei tessuti muscolari. L'articolo è stato pubblicato sulla rivista EMBO Reports, che gli ha dedicato la copertina per il numero di giugno
Il nostro genoma può essere paragonato a un “manuale di istruzioni” che regola lo sviluppo e il funzionamento del nostro organismo. Per molti anni la comunità scientifica non ha approfondito quella parte consistente del suo contenuto che non essendo destinata alla produzione di proteine, era ritenuta meno importante. Per tale ragione, le informazioni presenti al suo interno, ovvero il ruolo funzionale di questi elementi, non codificanti”, è rimasto a lungo sconosciuto.

Nell’ambito della cosiddetta “materia oscura” del genoma, ci sono migliaia di sequenze di RNA non codificanti (ncRNA), che si sono rivelate invece centrali nel controllo di tutti quei processi che sottintendono al corretto differenziamento di cellule e tessuti del nostro organismo, e che, se alterate, possono causare numerose malattie. La loro funzione si esplica sia nel nucleo che nel citoplasma dove regolano rispettivamente la produzione degli RNA messaggeri (mRNA) e il successivo processo di traduzione in proteine.

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Il Covid-19 non ferma l’impegno per la vita. Un palloncino posizionato nella trachea per trattare l’ernia diaframmatica già prima di nascere. In sala operatoria l’équipe di specialisti dell’Ospedale Policlinico di Milano, dell’Ospedale San Pietro - Fatebenefratelli e dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù.
Un palloncino posizionato nella trachea del feto, ancora nella pancia della mamma, per consentire lo sviluppo dei polmoni e aumentare le chance di sopravvivenza. La delicata procedura sul feto di 28 settimane, affetto da una grave forma di ernia diaframmatica congenita, è stata portata a termine con successo da un’équipe dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù in collaborazione con gli specialisti dell’Ospedale Policlinico di Milano (Clinica Mangiagalli) e dell’Ospedale San Pietro - Fatebenefratelli di Roma. Mamma e personale sanitario sono stati sottoposti a tutte le procedure di sicurezza previste dai piani per l’emergenza Covid-19 e per la verifica della negatività al virus. È il primo intervento del genere eseguito nell’Ospedale Pediatrico della Santa Sede.


L’ERNIA DIAFRAMMATICA CONGENITA


È una patologia rara (l’incidenza è di 1:2500 - 1:4000 nati vivi) che in Italia interessa circa 150-180 bambini all’anno. È caratterizzata da un difetto nel diaframma, il muscolo che separa il torace dall'addome, che provoca la "risalita" dei visceri addominali (intestino, stomaco, milza, fegato) nella cavità toracica. La spinta degli organi risaliti nel torace comprime i polmoni, compromettendone lo sviluppo (ipoplasia polmonare) e provocando l’aumento della pressione nel circolo polmonare (ipertensione polmonare). Il rischio di mortalità associato a questa patologia varia a seconda della severità, che viene determinata sulla base di criteri ecografici prenatali. Nei casi più gravi può superare il 90%.


L’INTERVENTO IN FETOSCOPIA


Il 17 aprile scorso, nel comparto operatorio del Bambino Gesù al Gianicolo, l’équipe multidisciplinare dei tre Ospedali (ginecologi-ostetrici, neonatologi, chirurghi feto-neonatali, anestesisti, infermieri specializzati) ha eseguito la procedura endoscopica mininvasiva in utero in circa 45 minuti, senza complicanze. Con la mamma in anestesia locale ed il feto “sedato” con una puntura sulla coscia, è stato inserito un fetoscopio (sonda molto sottile dotata di telecamera a fibre ottiche) nell’addome della gestante. Passando per la bocca del feto (lungo appena 35cm per 1,2kg di peso), è stata raggiunta la trachea dove è stato posizionato e gonfiato un minuscolo palloncino, un “tappo” che blocca la fuoriuscita del liquido normalmente prodotto dal polmone. L'accumulo del fluido all'interno dei polmoni, che nei casi di ernia diaframmatica sono di dimensioni ridotte, li mantiene in espansione e ne favorisce lo sviluppo. Circa un mese prima del parto, il palloncino sarà rimosso con la stessa procedura per permettere al neonato di avere la trachea libera e quindi di respirare normalmente al momento della nascita. A distanza di 10 giorni dall’intervento, i controlli ecografici hanno rilevato un significativo aumento del volume dei polmoni fetali.


LA SPERIMENTAZIONE INTERNAZIONALE “TOTAL TRIAL”

L’occlusione della trachea fetale mediante fetoscopia è l'unico intervento in utero praticato nel mondo, in pochissimi centri di riferimento, per il trattamento dell’ernia diaframmatica congenita ad altissimo rischio. In Italia viene effettuato in modo esperto e standardizzato (circa 10 interventi all’anno) dall’equipe dell’Ospedale Policlinico di Milano, con il quale il Bambino Gesù ha avviato già da alcuni anni una collaborazione clinico-scientifica rivolta proprio alla gestione di questa patologia in fase prenatale. La procedura comporta dei rischi (rottura delle membrane e/o parto prematuro nel 25-30% dei casi), ma l’esperienza clinica internazionale indica un potenziale beneficio sulla sopravvivenza (che può aumentare anche del 20-30%) dei neonati affetti dalle forme più gravi di ernia diaframmatica. Queste evidenze preliminari sono in fase di verifica in un trial multicentrico internazionale, il “TOTAL Trial”, cui hanno partecipato, per l’Italia, sia Bambino Gesù che Mangiagalli.


COLLABORAZIONE TRA CENTRI DI ECCELLENZA PER I CASI COMPLESSI


Alla gestione di questo caso molto complesso hanno collaborato tre Centri di riferimento nel campo dell’ostetricia e della medicina materno-fetale, della chirurgia neonatale e della neonatologia (San Pietro – Fatebenefratelli, Bambino Gesù e Policlinico di Milano), con équipe multidisciplinari altamente specializzate composte da ostetrici e ginecologi esperti di medicina fetale, neonatologi intensivisti, anestesisti, chirurghi neonatali e personale infermieristico. In particolare, l’équipe ostetrica del San Pietro ha curato la preparazione della gestante nella fase pre-intervento e il monitoraggio post-operatorio, garantendo allo stesso tempo la presenza in sala operatoria per la gestione di eventuali complicanze (rottura precoce delle membrane e possibile parto in urgenza); gli ostetrici esperti in interventistica fetale dell’Ospedale Policlinico di Milano, insieme ai ginecologi del Bambino Gesù, hanno eseguito la procedura (nota come “plug tracheale”); l’equipe multispecialistica del Bambino Gesù, che ha preso in carico la mamma fin dal momento della diagnosi di ernia diaframmatica, si occuperà anche del monitoraggio del feto, del parto e dell’intervento di correzione del difetto del diaframma subito dopo la nascita.


UN PUNTO NASCITA PER BAMBINI AD ALTO RISCHIO


Il Bambino Gesù copre tutte le specialità mediche e chirurgiche neonatali e pediatriche, compresa la diagnostica prenatale e la ginecologia, ma non ha un reparto di degenza ostetrica. Con l'autorizzazione della Regione Lazio e il supporto dell’Ospedale San Pietro - Fatebenefratelli, dal 2017 all’interno dell’Ospedale Pediatrico della Santa Sede è operativo un punto nascita per i casi ad alta complessità che possono richiedere interventi in emergenza al momento della nascita. L’obiettivo della convenzione è rendere immediatamente disponibili, in un'unica sede, tutte le più avanzate competenze ostetriche e medicochirurgiche neonatali, evitando a nascituri particolarmente vulnerabili i rischi del trasporto da una struttura all'altra. Dal 2017 ad oggi, hanno partorito al Bambino Gesù circa 60 mamme con l’assistenza dell’équipe di specialisti dei due Ospedali. La nascita del bimbo trattato con l’intervento in fetoscopia e il successivo intervento chirurgico per la correzione definitiva del difetto diaframmatico, sono previsti nel mese di giugno 2020, sempre al Bambino Gesù.

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Secondo i ricercatori dell’Università di Pisa le persone più suscettibili all'ipnosi "riescono a muoversi quando immaginano di farlo" il che ha un riscontro nella maggiore eccitabilità della corteccia motoria di questi soggetti. Lo studio pubblicato su “Neuroscience”.


Accade, nelle persone altamente ipnotizzabili, che suggestioni sensomotorie (“il suo braccio si sta alzando…”), inducano movimenti reali (il braccio si alza davvero) percepiti però dai soggetti come involontari. Questo comportamento individuato e studiato per la prima volta nel laboratorio di Neuroscienze Cognitive e Comportamentali dell’Università di Pisa, l’unico in Italia interamente dedicato all’ipnosi sperimentale, è stato ora spiegato sulla base della maggiore eccitabilità della corteccia motoria delle persone più facilmente ipnotizzabili. La ricerca compiuta dalla professoressa Enrica Santarcangelo, responsabile del laboratorio, e dal professor Carmelo Chisari e il dottor Vincenzo Spina, dell’Unità di Neuroriabilitazione dell’Ateneo pisano è stata recentemente pubblicata sulla rivista internazionale Neuroscience.
“Sapevamo già che le persone altamente ipnotizzabili – racconta Enrica Santarcangelo - sono capaci di modificare percezioni e comportamenti attraverso l’immaginazione, riescono ad esempio ad aumentare la temperatura di un braccio immaginandolo più caldo dell’altro, oppure diventano incapaci di muoversi se immaginano di essere paralizzate o riescono a sopprimere il dolore”.

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Come ben sappiamo, da marzo nel nostro Paese si è scatenata la tempesta perfetta.

Da una parte siamo stati il primo Paese, dopo la Cina, a sperimentare gli effetti della“pandemia”, dall’altro i nostri Governanti hanno ritenuto di adottare una serie di misure draconiane nel tentativo di contenere gli effetti del contagio le quali, oltre ad incidere sulla vita di tutti, hanno bloccato la maggior parte delle attività commerciali, professionali ed industriali del Paese.
Noi non vogliamo entrare, con questo contributo, nel merito dei provvedimenti adottati, tantomeno sull’opportunità e sull’efficacia degli stessi; sarebbero infatti considerazioni di carattere politico che non ci spettano, così come riteniamo che, anche a mente dell’art. 32 della Carta Costituzionale, le Autorità avessero il potere di intervenire. Altra questione è se hanno adottato, e se stanno adottando, i provvedimenti opportuni. Quello che però è certo, allo stato, è che, al di là del generale disagio contingente, e della limitazione della nostra libertà di cittadini, le conseguenze del blocco totale delle attività economiche avranno degli effetti disastrosi sull’economia dell’intero Paese, e letali per alcune categorie. A partire da molte attività professionali alla gran parte dei negozi e delle attività commerciali in generale, ai ristoranti, alle tavole calde, ai bar, alle discoteche, ai cinema, ai teatri; dalle fabbriche agli impianti sportivi, dalle palestre ai centri estetici, ai parrucchieri, fino agli artigiani, etc. etc.

E naturalmente saranno i più piccoli, o quelli di più recente apertura, e dunque meno solidi e strutturati, a pagare il prezzo più caro. Ed a nostro avviso, e come vedremo più approfonditamente nel prosieguo, se le Autorità avevano il potere di intervenire, e dunque il danno derivato dal lockdown imposto non può essere qualificato come giuridicamente ingiusto, e quindi i danneggiati non possono pretendere il risarcimento del danno patito e patiendo, è però anche vero che chi ha subito, come conseguenza diretta delle misure (legittime) adottate dall’Autorità, in nome dell’interesse collettivo, un danno, ha diritto ad essere, se non risarcito, almeno indennizzato.

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