La sequenza sismica iniziata nel centro Italia il 24 agosto 2016 è legata all’estensione che coinvolge gli Appennini e viene misurata tramite la rete GPS. Grazie alle nuove tecnologie satellitari è stato possibile misurare come il terremoto abbia determinato l’abbassamento di un volume di crosta terrestre almeno 7 volte maggiore di quello sollevato. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Scientific Reports.
Da circa venti anni i satelliti per l’osservazione della Terra permettono di studiare gli eventi sismici. In particolare, quelli che equipaggiano un sensore RADAR, il SAR (Synthetic Aperture Radar), sono utilizzati per misurare con precisione le deformazioni della superficie terrestre indotte dai terremoti.
“L’interferometria SAR – spiega Emanuela Valerio, ricercatrice della Sapienza – ha permesso di estrarre l’informazione circa la distanza che ciascun punto al suolo (il pixel delle immagini) ha rispetto al SAR, consentendo quindi la misura delle variazioni avvenute nell’area “fotografata” dal satellite a seguito del terremoto. È stato così possibile calcolare gli abbassamenti e sollevamenti del suolo e i relativi volumi di roccia mobilitati dagli eventi sismici avvenuti il 24
agosto 2016, di magnitudo 6, e il 30 ottobre 2016, di magnitudo 6.5”.